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Se il potere gioca a briscola con i fatti

i primi atti di Trump visti da uno scienziato

Il 13 febbraio 2017. Lo scienziato David Wootton, specialista nel ruolo delle invenzioni umane nella trasformazione del mondo, ha scritto un articolo che assomiglia a una voce di enciclopedia. In esso ripercorre "Una breve storia dei fatti", che ci spiega come nell'era digitale permanga un conflitto antico, quello tra principio d'autorità e principio di verità, che si pensa venga rappresentato dai fatti (contrapposti alle teorie, alll'interpretazione, ma anche a volte allo stesso potere di imporre un'ideologia). Ironizzando sul nome del Presidente americano Trump  - il verbo trump significa giocare una briscola che fa perdere valore a tutte le carte degli altri giocatori - Wootton esamina il caso concreto del travel ban con cui è stato vietato a molte persone di raggiungere gli USA in base alle loro origini e discute del difficile compito odierno di preservare ancora un principio di affidabilità delle informazioni di cui entriamo in possesso, attraverso i giornali, il Web, gli stessi atti dei governi. 

L’ascesa dei “fatti” nel corso del 17° secolo è avvenuta a spese del principio di autorità. L’era digitale potrebbe ribaltare il modo in cui decidiamo che cosa è vero o falso?

Il concetto di “fatto” appare per la prima volta nel latino del Rinascimento, ma la parola è diventata di uso comune solo negli anni ’60 del Seicento. La Royal Society inglese, fondata nel novembre 1660, era dedicata alla conoscenza sperimentale e dichiarava che si sarebbe occupata di “fatti e non spiegazioni”. “I fatti” sono diventati parte del moderno vocabolario per discutere la conoscenza – incluse anche le teorie, le ipotesi, le prove e gli esperimenti, nel 17° secolo. Tutte queste parole esistevano anche prima, ma con significati diversi: ad esempio “esperimento” significava soltanto “esperienza”.

Insieme a questa nuova concezione dei fatti, si sviluppò un dibattito su che cosa essi fossero realmente. David Hume (1711-76) fu il primo “filosofo dei fatti”. Hume sosteneva che i fatti appartenessero a una categoria diversa rispetto alle “verità necessarie”. Per esempio, era necessariamente vero che tutti gli angoli di un rettangolo equivalgono alla somma di due angoli retti. I fatti, al contrario, sono contingenti invece che necessari, il che significa che potrebbero anche essere altrimenti. Mi chiamo “David”, ad esempio: i miei genitori avrebbero potuto chiamarmi “John”, quindi è un fatto che io mi chiamo David. La verità dei fatti è la loro peculiarità principale. Si possono avere diverse teorie e ipotesi, ma non fatti alternativi. I fatti che vengono controvertiti con successo cessano di essere fatti, mentre le teorie che sono controbattute con successo continuano a essere teorie.

Che le asserzioni vere sul mondo reale siano sempre esistite è senz'altro vero. Ma le categorie con le quali definiamo tali asserzioni non sono sempre esistite. Le persone si sono sempre curate di cogliere correttamente i  “fatti”. L'astronomo Giovanni Keplero (1571-1630), per esempio, si diede moltissimo da fare per ottenere misurazioni precise della posizione di Marte nel cielo, in modo tale che possiamo calcolarne l'orbita non approssimativamente, ma in maniera esatta. Per spiegare questa ossessione, dovette usare una frase greca: voleva scoprire to hoti – ciò che è.

Ma se le asserzioni vere e precise non sono nuove, perché la parola “fatto” - e la sua definizione di qualcosa che è vero – è importante? Una ragione è che prima dei fatti c'erano le autorità. Se un autore greco o romano importante diceva che i babilonesi cuocevano le uova facendole ruotare nelle fionde; o che l’aglio toglie il potere ai magneti; o che i diamanti non possono essere ridotti in polvere, o le navi galleggiare nell’acqua quando sono al largo; o che i nervi originano dal cuore, tutto questo era considerato necessariamente vero. Nel corso del 17° secolo, affermazioni come queste venivano abitualmente smentite. Per esempio, Galileo disse: abbiamo uova, fionde e giovani uomini forti. Se non possiamo cuocere le uova facendole ruotare nelle fionde, allora possiamo essere sicuri che neanche i babilonesi potevano farlo. Il punto centrale concernente i fatti è che possono sbaragliare quanto affermato dall’autorità: il Presidente Trump che dice che la folla alla sua cerimonia d’insediamento era la più grande di sempre, non può farlo diventare vero.

Certamente, prima dell’invenzione dei fatti, a ciò che avremmo considerato come argomentazioni del tutto illegittime riguardanti asserzioni contingenti veniva attribuito un minimo di credito. Quindi, nel diritto romano, il rumor e la fama potevano contribuire a provare una colpa: il pettegolezzo, il sentito dire e la reputazione potevano essere portati in tribunale e potevano determinare Il risultato. Il valore delle prove che si portavano dipendeva da chi si era, come pure da ciò che si sapeva: le prove portate da un uomo erano preferite a quelle di una donna, quelle di un nobile a quelle di un lavoratore manuale. Nel diritto inglese, la giuria nel 17° secolo si supponeva che utilizzasse la sua conoscenza dei fatti locali per decidere un caso.

Perché le autorità sono entrate in declino e sono state sostituite dai fatti? Nel secolo 17° la natura delle informazioni è cambiata: a mano a mano che queste sono diventate più affidabili, le autorità lo sono state meno. Nuove regole furono stabilite per giudicare se un’informazione sia accurata: i testimoni oculari sono diventati cruciali; gli esperimenti dovevano essere ripetuti; le relazioni sui fatti dovevano essere citate e confrontate. L’impatto della carta stampata alimentò questo nuovo scetticismo, con grandi quantità di informazioni disponibili per la prima volta. Le fonti potevano essere accuratamente citate e nuove informazioni accurate avrebbero potuto sostituire quelle vecchie e imprecise. I fatti si svilupparono assieme alla convinzione che la conoscenza potessse progredire. Quando Galileo era professore nel 17° secolo, gli veniva richiesto di insegnare astronomia da un libro di testo del 13° secolo. Perfino alla fine del 17° secolo, i professori a Oxford pensavano di insegnare Filosofia naturale dai testi di Aristotele. Queste autorità antiquate originavano in una cultura del manoscritto che fu spazzata via dalla stampa.

Noi ora viviamo in un’era digitale, nella quale le informazioni diventano fluide e mutevoli. Tutto quanto era dotato di una sua solidità ha subito come un’evaporazione, mescolandosi all’etere. Nel mondo della carta stampata, cogliere i fatti in modo accurato era qualcosa di attinente alla competenza e all’accuratezza; ora che i fatti dipendono dalla data in cui si entra in un sito Web, o da quale sito si visita, la natura delle informazioni è cambiata in modo irreversibile.

Martedì 7 febbraio, ho ascoltato una seduta della corte d’appello concernente l’executive order del Presidente Trump che vieta di recarsi negli Stati Uniti alle persone di alcuni Paesi. Una questione era se ciò fosse inteso a discriminare i musulmani. Gli oppositori del divieto citavano articoli di giornale a proposito di Donald Trump (prima di essere eletto) che, secondo loro, provavano le motivazioni razziste sottostanti l’ordine. Gli avvocati del governo hanno detto che era inappropriato utilizzare notizie di giornale per contestare un ordine esecutivo del Presidente. I giudici hanno chiesto se il governo intendeva portare prove per mostrare che quegli articoli di giornale erano falsi. Essi volevano che la corte rimanesse vincolata a discutere del testo dell’executive order e insistevano che non avrebbe dovuto guardare oltre quel testo. Volevano che un richiamo ai fatti fosse messo fuori gioco (in inglese trumped, voce del verbo to trump, che significa letteralmente giocare una briscola che mette fuori gioco tutte le carte degli altri - NdT) da un richiamo all’autorità.

Perché accade questo? Perché, sembrerebbe, non ci fidiamo più dei fatti. Il Presidente ci dice che non possiamo fidarci dei media tradizionali, mentre gli stessi media ci dicono che i suoi sostenitori diffondono false notizie (fake news). Per la prima volta ci sono fatti e (nella famosa frase di Kellyanne Conway) ‘fatti alternativi’. A mano a mano che i fatti diventano fluidi, diventano contestabili; la verità diventa (una volta ancora) qualcosa che si asserisce, non qualcosa che si dimostra. Era una peculiarità dei regimi totalitari di adattare i fatti ai loro fini: ora sembra che questo possa accadere in una democrazia funzionante. Come la corte ha sottolineato nel suo giudizio del 9 febbraio, il governo aveva ripetutamente affermato che era in gioco la sicurezza nazionale e che per questo motivo l’ordine esecutivo non avrebbe dovuto essere sospeso, pur non producendo alcuna prova per dimostrare questa asserzione. La corte sembra aver cercato di preservare alcuni standard di affidabilità e di prova che vengono abitualmente messe in discussione dall’era digitale. Che cosa succederà in futuro? Chi vivrà vedrà.

Il libro più recente di David Wootton, The Invention of Science, è pubblicato da Allen Lane.

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