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Siria, carri armati bombardano Homs

sono più di 800 i morti nelle proteste

Aggiornamento 12 maggio 2011

I carri armati hanno bombardato alcune zone della città di Homs, terza città della Siria e centro nevralgico delle proteste contro il governo del presidente Bashar al-Assad. Lo rende noto un attivista per i diritti umani . Lo ha reso noto un attivista per i diritti umani, Najati Tayrara: "Homs è scossa dal suono delle esplosioni del bombardamento da parte di carri armati e mitragliatrici pesanti". Secondo Al Jazeera negli scontro sono morti 9 manifestanti.



11 maggio
Siria, oltre 800 morti e 8 mila arrestati
continua la feroce repressione
Sono 827 i morti in Siria da metà marzo, cioè dall'inizio delle proteste contro il presidente Bashar al-Assad e la sua amministrazione. La denuncia arriva da Sawasia, un'associazione per i diritti umani del Paese. Questo bilancio è aggiornato al 29 aprile e comprende i civili uccisi dalle forze di sicurezza, i militari e gli agenti assassinati perché si sono rifiutati di sparare contro i manifestanti.



L'immobilità dell'Occidente

Se per la Libia l'Onu ha steso una risoluzione, per la Siria si resta in una situazione di stallo. Secondo Gea Scancarello "Il diverso trattamento non è difficile da spiegare. Sotto i piedi del Colonnello riposano le ottave riserve di petrolio al mondo; in Siria, non ci sono risorse strategiche.
L’unico valore della Siria, agli occhi dell’Occidente, è in realtà lo stesso regime.
Per quanto violento e repressivo con il suo popolo, Bashar al Assad ha un merito ineludibile per gli europei e gli americani: è un bastione contro l’islamismo militante.
Il regime ha garantito, seppure con i suoi metodi, la stabilità dell’area. Ha evitato tensioni reali con Israele, con cui pure è formalmente in guerra da 40 anni. Ha raggiunto un equilibrio con Teheran, accettandone l’influenza, ma contenendola in modo sapiente. Ha assorbito la bomba demografica dei profughi iracheni della guerra contro Saddam, diminuendo il numero dei rifugiati in Europa.
Un intervento in Siria - per cui all’America e alle organizzazioni internazionali mancano oggi anche i mezzi e i denari - sconvolgerebbe certamente il precario equilibrio dell’area. E nessuno vuole correre il rischio".

10 maggio 2011

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