Gariwo
https://it.gariwo.net/magazine/diritti-umani-e-crimini-contro-lumanita/ucraina-la-russia-vuole-una-nuova-guerra-fredda-11533.html
Gariwo Magazine

Ucraina: la Russia vuole una nuova Guerra fredda?

Intervista ad Anna Zafesova

In Ucraina l’accordo per il cessate il fuoco nell’est del Paese, siglato un mese fa, ha sospeso il conflitto tra Kiev e i separatisti filo-russi, pur con ripetute violazioni della tregua. Il governo ha evitato la disgregazione del Paese, ma restano aperti i nodi all’origine della crisi, dall’adesione alla Nato e all’Unione Europea, al rapporto con la Russia. Gariwo prosegue il dibattito su questi temi intervistando Anna Zafesova, giornalista de La Stampa, Russia watcher (un tempo si chiamava sovietologo), che segue da tempo le trasformazioni dell'ex impero sovietico.

Nella crisi in Ucraina la Russia sostiene di essere intervenuta per proteggere una minoranza, che si trovava fuori dai suoi confini. Cosa ne pensa?

La Russia era già intervenuta anni prima in Cecenia. In questo caso si poteva parlare di rivolta armata di un territorio con collegamenti con il terrorismo islamico, che in qualche modo poteva giustificare un intervento militare per evitare la secessione, o almeno poteva essere un pretesto per agire. In casi analoghi anche i Paesi democratici sentono il diritto di ricorrere alla forza paventando una minaccia alla sicurezza nazionale. Ma in Ucraina la situazione è molto diversa, perché è un Paese completamente indipendente dalla Russia. Se la Cecenia era parte della Federazione Russa e non voleva più esserlo, come il Kosovo rispetto alla Serbia, l’Ucraina è uno stato sovrano, messo sotto pressione non perché rappresenta una minaccia per la Federazione Russa, ma perché ha rifiutato di aderire a uno schieramento politico ed economico, che la Russia vorrebbe ricreare. È anche l’unico Paese post-sovietico dove c’è stata un’alternanza al potere, che ha elaborato un percorso democratico dopo la dissoluzione dell’Urss, molto diversa da quella degli altri stati ex federati.

Il prolungarsi della crisi in Ucraina fa temere un ritorno della Guerra fredda con ripercussioni negative per entrambe le parti. Non ritiene che anche l’Europa abbia delle responsabilità nel perdurare di questo stallo?

La Guerra fredda non l’ha iniziata l’Unione europea, ma è derivata dalla pretesa della Russia di non far aderire l’Ucraina alla Ue e dalla dichiarazione, da parte russa, che l’Unione europea può essere un “partner speciale” ma a livello economico e non politico, perché i valori europei non sono quelli russi, anzi sono valori antagonisti, che potrebbero danneggiare la Russia. Le minacce di nuova Guerra fredda non nascono certo da Bruxelles, perché alle imprese europee nell’immediato conviene la pace, per comprare gas russo e vendere beni di consumo alla Russia. E anche dal punto di vista strategico all’Europa conviene non avere una Russia che si comporta in maniera aggressiva.

La Russia storicamente ha il timore di essere accerchiata. Era prevedibile che la prospettiva dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato avrebbe innescato una reazione negativa da parte del Cremlino

Riguardo alla Nato, dobbiamo decidere in quale prospettiva ci poniamo, se è quella di un mondo dove sembrava, o almeno si faceva finta di credere che, finito il comunismo, non ci sarebbero più stati grandi antagonismi e tutti i Paesi sarebbero andati verso una condivisione di valori politici, economici e umanitari. Anche la Russia, più lentamente e faticosamente, avrebbe fatto lo stesso percorso dell’Europa dell’Est di avvicinamento all’Europa, perché non era pensabile un’Europa senza la Russia, anche a livello di sicurezza, viste le minacce militari che sembravano venire da Paesi fuori dal continente europeo. Ma la posizione della Russia è di essere antagonista rispetto agli Usa e all’Europa o almeno sentirsi altro rispetto a questi. La Russia, a proposito dell’Ucraina, dice all’Europa: “stabiliamo quello che è nostro e quello che è vostro, qui ci sono i nostri territori, che non si possono toccare”. Una nuova Yalta. Non è certo l’idea, che si era diffusa nel 1991, di un’Europa senza più divisioni. E non è più accettabile che sia la Russia, o la Ue, adecidere il destino di un Paese invadendolo.

Secondo alcuni osservatori a Kiev un governo legittimo è stato rimosso dalle proteste di piazza, anche violente, iniziate nel novembre 2013...

Il governo attuale si è insediato nel febbraio di quest’anno in seguito alla rivolta di Piazza dell’Indipendenza, nel centro di Kiev, scoppiata dopo la decisione dell’Ucraina di sospendere l’iter per la firma dell’Accordo di associazione con l’Unione europea, perché comportava conseguenze troppo gravi per il Paese. E’ iniziato così un movimento di protesta, chiamato “Euromaidan” (“maidan” in ucraino significa “piazza”) sostenuto da partiti politici, dall’opposizione parlamentare e da una serie di esponenti del mondo oligarchico, che chiedeva le dimissioni del presidente Viktor Yanukovich e la ripresa del dialogo con l’Unione europea. I disordini sono proseguiti con decine di morti, mentre il parlamento era bloccato in una situazione di stallo. In febbraio è stato sottoscritto un protocollo di intesa per superare la crisi, che prevedeva la formazione di un governo di unità nazionale e le elezioni presidenziali a dicembre, ma il giorno seguente Yanukovich (poi fuggito da Kiev) è stato deposto dal parlamento, che con una maggioranza più che ampia ha nominato un governo ad interim con Arseniy Yatseniuk primo ministro, mentre Oleksandr Turchynov era il nuovo presidente ad interim. Il parlamento, che era stato regolarmente eletto, ha accettato di prendere in mano il destino del Paese e ha indetto nuove elezioni politiche per il 26 ottobre. In conclusione si può riconoscere che c’è stato qualche strappo alle regole democratiche in una situazione di emergenza, ma parlare di golpe mi sembra fuori luogo.

I diritti della popolazione russofona e quelli dei profughi sono garantiti?

Cerchiamo di chiarire. Noi tendiamo ad applicare all’Ucraina degli schemi che purtroppo abbiamo visto in altri conflitti, come nei Balcani. Stiamo raccontando questa vicenda come un confitto etnico, ma non è questo. Non c’è mai stata una questione di etnie. Fino a questa crisi i cittadini non si sono mai posti il problema se erano di origine russa o no. Tanti cittadini con radici ucraine parlano il russo, sono inseriti nella cultura russa. È un mondo bilingue, nell’ovest si parla prevalentemente la lingua ucraina, nell’est il russo, la televisione è bilingue, nel senso che a un dibattito elettorale i partecipanti parlano la lingua che preferiscono, perché l’audience è bilingue. C’è stata, è vero, una insistenza di vari governi a promuovere l’uso dell’ucraino, ma fa parte dell’iniziative per creare un’identità nazionale. Attenzione a non confondere: “russofono” e “russofilo” non sono la stesa cosa, molti russofoni non sono filo-russi e quando Putin dice “siamo lo stesso popolo” a molti ucraini vengono i brividi lungo la schiena. La distinzione non esiste se non sul piano politico. Molti russofoni dicono “non siamo russi” intendendo “non siamo russi putiniani”. Se dalla Russia viene una politica molto nazionalista, gli ucraini non sono d’accordo, perché non vi si identificano.

Anche nelle regioni orientali è così?

Nell’Est il movimento separatista anti-ucraino non è stato di massa, ma molto minoritario. Nell’Est parliamo di una enclave, il bacino minerario del Donbass che possiamo definire russo o sovietico, dove è vissuto Stachanov (l’Eroe del lavoro socialista, N. d. R.) e dove il mito sovietico è stato più forte e radicato ed è stato preso come modello dai separatisti, con una scelta più ideologica che politica. Il partito al potere era quello di Yanukovic. Ci sono state manifestazioni di piazza separatiste, con qualche centinaio di persone, e poi una serie di occupazioni militari di sedi della polizia, una rivolta armata fomentata dai russi, la maggior parte erano ufficiali russi. È vero che la protesta aveva anche motivazioni locali, ma la scintilla è venuta dall’esterno. La guerriglia è arrivata da fuori, con carri armati e missili come quello che in luglio ha abbattuto l’aereo malese. È stata una rivolta per interposta persona per mano della Russia. La partecipazione militare russa a questo conflitto, ufficialmente negata, è stata testimoniata dai militari ucraini.

Come può evolversi la situazione dopo l’accordo di Minsk del 5 settembre e il memorandum per il disarmo firmato dalle due parti?

È in atto una tregua di cui sono stati discussi solo gli aspetti tecnici, come le procedure di monitoraggio e i corridoi umanitari.C’è il problema di questa striscia di territorio, circa 160 km, adiacente al confine con la Russia, posta sotto il controllo dei separatisti conl’appoggio dei russi, per la quale è stata proposta una larga autonomia, purché resti nei confini dell’Ucraina.L’obiettivo della Russia è creare una zona congelata, un limbo che resta nella sua orbita. Secondo gli analisti russi, in base al trattato della Nato un Paese non può aderire all’alleanza se ha un conflitto in corso all’interno dei propri confini, perché gli altri stati membri dovrebbero intervenire in sua difesa. Quindi la loro speranza è che questo conflitto pendente possa pregiudicare l’adesione dell’Ucraina alla Nato.

Il dibattito su questi argomenti prosegue con l’analisi "Ucraina in Europa: quali i veri motivi?" di Dario Rivolta, politico, saggista, esperto di politica internazionale.

Altre riflessioni nel box l'Approfondimenti

Non perderti le storie dei Giusti e della memoria del Bene

Una volta al mese riceverai una selezione a cura della redazione di Gariwo degli articoli ed iniziative più interessanti. Per iscriverti compila i campi sottostanti e clicca su iscrizione.




Grazie per aver dato la tua adesione!

Contenuti correlati

Scopri tra le interviste

carica altri contenuti