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"Combattendo il peggio, il male è alleato"

Uri Avnery sull'ISIS

Il pacifista israeliano Uri Avnery descrive l'avanzata dell'ISIS paragonandola a quella di Hitler. Il carattere distintivo di entrambe le corse al potere e alle conquiste per lui è "un atteggiamento mentale potente", davanti al quale gli uomini politici sarebbero spesso ciechi perché intenzionati a basarsi "sui fatti e non sulle idee". Questa cecità rende l'Occidente e Israele impotenti davanti al fondamentalismo islamico, sostiene Avnery. Il rimedio sarebbe sostenere Assad. Di seguito pubblichiamo il suo intervento del 12 settembre su Gush Shalom

La vera minaccia

HO PAURA.

Non mi vergogno ad ammetterlo. Ho paura.

Ho paura del movimento dello Stato Islamico, alias ISIS, alias Daesh.

È l’unica vera minaccia che incombe su Israele, sul mondo, su di me.

Coloro che oggi lo trattano con serena indifferenza un giorno lo rimpiangeranno.

Nell’anno in cui sono nato, il 1923, un piccolo, ridicolo demagogo con un buffo paio di baffi, Adolf Hitler, mise in scena un tentativo di golpe a Monaco. Esso fu sventato da un manipolo di poliziotti e presto dimenticato.

Il mondo se la stava vedendo con pericoli molto più grandi: l’inflazione galoppante in Germania, la giovane Unione Sovietica, la pericolosa competizione tra le due grandi potenze coloniali, la Gran Bretagna e la Francia e, infine, la terribile crisi economica del 1929, che devastò l’economia mondiale.

Ma il piccolo demagogo di Monaco aveva un’arma che non aveva attirato l’attenzione di statisti esperti e politici volitivi: un atteggiamento mentale potente. Egli trasformò l’umiliazione di una grande nazione in un’arma più efficace dell’aeronautica e delle armate. In poco tempo – solamente qualche anno – conquistò la Germania, quindi l’Europa e contemplò di invadere tutto il mondo.

Molti milioni di persone morirono durante tutto questo. Una sofferenza indicibile colpì molti Paesi, per tacere della Shoah, un crimine quasi senza paragoni negli annali della storia contemporanea.

Come ha fatto? Principalmente non con il potere politico e militare, ma con il potere di un’idea, un atteggiamento, un’esplosione mentale, direi.

Ho assistito a questo nei primi 25 anni della mia vita e mi torna in mente quando osservo il movimento che ora si chiama ISIS, Stato Islamico.

Agli inizi del Settimo secolo dell’era cristiana, un piccolo mercante nel deserto arabo dimenticato da Dio ebbe un’idea. In un brevissimo arco di tempo egli e i suoi compagni conquistarono la sua città natale, la Mecca, e quindi l’intera Penisola Araba e la maggior parte del mondo civilizzato, dall’Oceano atlantico all’India Settentrionale e molto altro.

I suoi seguaci raggiunsero il cuore della Francia e tennero sotto assedio Vienna.

Come potè una piccola tribù araba conquistare tutto questo? Non per superiorità militare, ma per la forza di una nuova religione inebriante, così “progressista” e liberatoria che il suo potere temporale era irresistibile.

Contro una nuova idea molto esaltante, le armi nulla possono, gli eserciti e le marine crollano e potenti imperi, come Bisanzio e la Persia, si disintegrano. Ma le idee sono invisibili. i realisti non possono vederle, esperti statisti e potenti generali sono ciechi davanti alle idee…

"Quante divisioni ha il Papa?" rispose Stalin sprezzantemente, quando gli fu detto del potere della Chiesa. Tuttavia l’Impero sovietico è caduto e scomparso, mentre la Chiesa cattolica c’è ancora.

Al-Daula al-Islamiyah, lo Stato islamico, è un movimento “fondamentalista”. Il suo “fondamento” è lo Stato islamico fondato 1400 anni fa dal Profeta Maometto a Medina e alla Mecca. Questa posizione passatista è una trovata propagandistica. Come potrebbe chiunque resuscitare qualcosa che è esistito così tanti secoli fa?

In realtà, IS è un movimento estremamente moderno, attuale e probabilmente anche un movimento del futuro. Usa gli strumenti più avanzati, come internet. È un movimento rivoluzionario, probabilmente il più rivoluzionario nel mondo di oggi.

Nella sua ascesa al potere, esso usa metodi barbarici di epoche passate per conseguire obiettivi moltl moderni e crea terrore, non descrivibile con il termine propagandistico “terrorismo” usato oggi giorno da tutti i governi per stigmatizzare i loro nemici, ma un terrore che si nutre di autentiche atrocità, azioni abominevoli: taglio di teste, distruzione di reperti archeologici antichissimi e di valore inestimabile – tutto questo per incutere una paura paralizzante nei cuori dei suoi nemici.

Il movimento IS non ha realmente a cuore l’Europa, gli USA e Israele. Non per ora. Li usa come bersagli propagandistici per conseguire il suo vero fine: assumere la guida dell’intero mondo islamico.

Se riesce in questo, si possono prevedere i passaggi successivi. Dopo che i Crociati conquistarono la Palestina e le aree circostanti, un avventuriero curdo chiamato Salah-a-Din al-Ayyubi (Saladino per il pubblico occidentale) pianificò di unire il mondo arabo sotto la sua leadership. Solo dopo essere riuscito in questo ha rivolto la propria attenzione verso I Crociati per cacciarli via.

Certamente, Saladino non era uno spacciatore di atrocità della stessa risma dell’IS. Era un governante profondamente umano e come tale fu immortalato nella letteratura europea (vedi Walter Scott). Ma la sua strategia è familiare a ogni musulmano, compresi i leader dell’attuale “Califfato” Islamico: prima unite gli arabi, solo dopo pensate agli infedeli.

Per gli ultimi 200 anni, il mondo arabo è stato umiliato e oppresso. L’umiliazione, perfino più dell’oppressione, è stata instillata nell’anima di qualsiasi giovane o ragazza arabi. Una volta il mondo intero ammirava la civiltà e la scienza arabe. Durante le epoche buie dell’Europa, i barbari occidentali erano abbacinati dalla cultura islamica.

Nessun giovane arabo può trattenersi dal paragonare lo splendore del passato Califfato allo squallore della realtà araba contemporanea: la povertà, l’arretratezza, l’impotenza politica. Paesi precedentemente arretrati come il Giappone e la Cina sono di nuovo cresciuti e sono diventati potenze mondiali, battendo l’Occidente al suo stesso gioco, ma il gigante arabo rimane impotente, e attira Il disprezzo del mondo. Perfino una piccola banda di ebrei (composta da ebrei di tutte le nazioni!) batte I Paesi arabi.

Un ampio serbatoio di risentimento si è formato nel mondo arabo, non visto né notato dale potenze occidentali.

In tale situazione, ci sono due possibili vie d’uscita. Una è quella ardua: separarsi dal passato e costruire un moderno stato. Questo è quanto aveva scelto Mustafa Kemal, il generale turco che mise al bando la tradizioni e creò una nuova nazione turca. Fu una rivoluzione profonda, forse la più efficace del XX secolo, e gli guadagnò il titolo di Atatürk, padre dei turchi.

Nel mondo arabo, ci fu un tentativo di creare un nazionalismo panarabo, una flebile imitazione dell’originale occidentale. Gamal Abd-al-Nasser c provò e fu facilmente sconfitto da Israele.

L’altra via d’uscita è idealizzare il passato e pretendere di riportarlo in vita. Questa è la via dell’IS, e ha avuto grande successo. Con pochi sforzi l’IS ha conquistato ampie porzioni della Siria dell’Iraq, cancellando i confini artificiali creati dagli imperialisti occidentali. Gli imitatori hanno instaurato regimi fantoccio in tutto il mondo arabo e attratto molte migliaia di potenziali combattenti dai ghetti musulmani nell’Ovest e nell’Est.

Ora lo Stato Islamico sta iniziando la marcia per la vittoria. Non sembra che nessuno possa fermarlo, prima di tutto perché pare che nessuno si renda conto del pericolo. Lottare contro un’idea? All’inferno le idee, sono per intellettuali e consimili. I veri statisti guardano ai fatti. Quante divisioni ha l’ISIS?

Secondo, ci sono altri pericoli. in giro: la bomba iraniana, il caos siriano, il disfacimento della Libia, i prezzi del petrolio, e ora l’ondata inarrestabile di rifugiati, per lo più dal mondo islamico.

Come un gigantesco neonato, gli Stati Uniti sono impotenti. Supportano un’opposizione siriana laica immaginaria, che esiste solo nelle università americane. Lottano contro il principale nemico dell’IS, il regime di Assad. Supportano il leader turco che lotta contro i curdi che combattono contro l’IS. Bombardano quest’ultimo dall’alto, rischiando nulla ma ottenendo anche altrettanto. Niente truppe di terra, Dio non voglia.

Governare è scegliere, ha detto una volta Pierre Mendès-France. Nel mondo arabo attuale, la scelta è tra male, peggio e pessimo. Nella lotta contro il peggio, il male è un alleato.

Diciamolo francamente: cercare di fermare l’ISIS significa sostenere il regime di Assad. Bashar al-Assad è un soggetto abominevole, ma ha tenuto insieme la Siria, ha protetto le sue molte minoranze e tenuto tranquillo il confine con Israele. Nel confronto con l’ISIS, è un alleato. E altrettanto è anche l’Iran, un regime stabile con una tradizione politica risalente a migliaia di anni fa – contrariamente ad Arabia Saudita, Qatar et al che sostengono l’IS.

Perfino il nostro Bibi si trova del tutto impreparato. È scaltro, squallido e ignorante. La sua ossessione iraniana lo acceca rispetto alle nuove realtà.

Affascinato dal lupo di fronte a lui, Bibi si dimentica della tigre terrificante che avanza strisciando dietro di lui. 

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