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Iran, una svolta storica

intervista ad Antonio Ferrari

Dopo oltre venti mesi di trattative, l’Iran e le grandi potenze hanno trovato un accordo sul nucleare. Un’intesa importante, destinata ad avere forti ripercussioni sugli equilibri regionali, sulla lotta al terrorismo internazionale, sui rapporti tra Teheran e Washington e sull’economia iraniana.
Ne abbiamo parlato con Antonio Ferrari, editorialista del Corriere della Sera.

Dopo lunghe trattative è stato raggiunto un accordo sul nucleare iraniano. Cosa prevede l’intesa? C’è un vero vincitore in questo negoziato?

In un negoziato vero non ci sono vincitori, ci sono l’affermazione di un principio o di una nuova situazione. Ed è quello che c’è anche in questo caso. In cambio della revoca di tutte le sanzioni che stavano mettendo in ginocchio la Repubblica Islamica, si è ottenuto il congelamento dell’intero programma nucleare iraniano per almeno dieci anni, con una clausola che prevede la libertà per gli ispettori internazionali di controllare i siti militari del Paese.
La fine delle sanzioni ha un significato straordinario, specialmente in un momento in cui il mondo sta affrontando rischi sempre più gravi, legati soprattutto alla sicurezza. Ecco quindi la portata storica di questo accordo: l’Iran non è più la punta avanzata di quello che veniva chiamato l’Asse del Male, ed è importantissimo non avere più Teheran come nemico.
Certamente Obama può parlare di una propria vittoria, ma non può non tenere conto del fatto che questa intesa rischia di creare delle reazioni molto gravi tra i due più importanti alleati americani nella regione, Israele e Arabia Saudita.

Proprio a proposito di Israele, da Gerusalemme si è parlato dell’accordo come di un ”errore di proporzioni storiche”, di una “resa dell’Occidente alle potenze del male”…

Israele, non dimentichiamolo, vede Teheran come il pericolo maggiore per la sua sicurezza. In effetti, pensando a un Iran dotato dell’arma nucleare, visto l’odio ancestrale della Repubblica Islamica nei confronti dello Stato ebraico, potrebbe avere anche qualche ragione…
Tuttavia credo che, nonostante l’accordo appena firmato, l’alleanza con gli americani non sia in discussione, e che anzi saranno gli Stati Uniti a far in modo che non si verifichino problemi al suo storico alleato nella regione - ovvero Israele stesso. Va inoltre aggiunto che oggi il mondo è quasi “trasparente”, non si possono fare arricchimenti dell’uranio di nascosto in maniera così semplice, e quindi ritengo che questo accordo - voluto fortemente non solo dagli americani, ma anche dagli altri membri del 5+1, ovvero Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania - possa essere assolutamente controllabile punto per punto.

Quali sono invece le implicazioni dell’intesa sul teatro mediorientale?

Gli alleati dell’Iran nella regione sono la Siria, retta da una minoranza sciita che fa capo al presidente Assad, il Libano, a maggioranza relativa sciita, in cui gli Hezbollah combattono a fianco di Assad contro lo Stato Islamico, e lo Yemen, dove è in corso uno scontro mortale tra la componente sunnita e quella sciita.
La regione mediorientale ha una solida maggioranza sunnita, formata per la gran parte da moderati come la Giordania, la Palestina, la stessa Arabia Saudita, gli Emirati. Poi però c’è una componente estremista, che sta ridisegnando e forse eliminando alcune certezze di tutta la divisione nazionale nel Medio Oriente. Pensiamo ad esempio che oggi non sappiamo ancora esattamente quanta parte del territorio siriano e iracheno sia nelle mani dello Stato Islamico…
Infine vi è l’Arabia Saudita, il cuore del mondo sunnita, che vede l’accordo sul nucleare come un favore fatto al suo più acerrimo nemico, la grande potenza sciita iraniana. Non dimentichiamo che le due componenti si sono scontrate violentemente durante la guerra tra l’Iran di Khomeini e l’Iraq di Saddam Hussein, e parliamo anche di quello che sta accadendo adesso, perché l’Iran è un Paese in prima fila nella lotta contro l’Isis di al Baghdadi.
Per questo motivo l’intesa appena siglata rischia di avere delle conseguenze sia sul piano strategico, sia su quello politico, seguendo il binario delle varie alleanze che in qualche modo potrebbero essere modificate da questa decisione.

In seguito all’accordo, come cambiano i rapporti tra Stati Uniti e Iran?

Oggi vediamo due Paesi che non si guardavano più - ed erano anzi dominati da una reciproca propaganda ostile - aprire un capitolo nuovo, forse di normalizzazione di una situazione che stava diventando pesantissima. Ecco quindi ancora una volta l’altalena mediorientale che cambia relazioni ed equilibri.
Tra Stati Uniti e Iran sono successe tante cose negli anni. Il rapporto con Teheran è stato molto importante ai tempi dello scià, poi molti sostennero che la rivoluzione islamica fosse in effetti stata favorita dallo stesso presidente americano Jimmy Carter, perché durante il regime di Pahlavi non c’era un particolare rispetto dei diritti umani e forse Carter vedeva come alternativa gradita Khomeini, in esilio a Parigi e “allevato” da una certa parte dell’intellighenzia europea. In seguito la situazione sfuggì di mano, e quelli che pensavano che l’ayatollah fosse la panacea per risolvere tutti i mali dell’Iran dovettero ricredersi e assistere alla trasformazione del Paese in uno Stato per tanti versi liberticida. Carter ha pagato tutto questo - oltre alla crisi degli ostaggi iniziata nel novembre 1979 - con la presidenza, che dovette cedere a Ronald Reagan.
Ricordo poi lo scoppio della guerra tra Iran e Iraq, con il supporto di armi e intelligence a Baghdad da parte di tutte le monarchie sunnite, ma anche di Washington. Una vera e propria altalena, quindi, proseguita con la presidenza di Khatami, durante la quale ci furono diversi segnali di miglioramento delle relazioni con l’America, di Ahmadinejad, con il quale la situazione è radicalmente peggiorata, fino alla nomina di Rohani, meno filosofo e visionario di Khatami, ma uomo adatto ai tempi che è stato in grado di sostenere e portare a termine la trattativa sul nucleare.

Come è stato accolto l’accordo in Iran?

Le sanzioni stavano letteralmente strangolando un Paese di quasi 80 milioni di abitanti. Un Paese importante, produttore di petrolio, che oggi, favorito da questo accordo, potrebbe tornare sul mercato. Per questo l’intesa è stata accolta con un entusiasmo notevolissimo, perché è la fine di un incubo che ha coinvolto più generazioni di iraniani.
Certo, bisognerà vedere se tutte le condizioni verranno rispettate, ma per il Paese questo accordo significa arrivare a una situazione sui mercati abbastanza tranquilla, ricominciare a vedere stranieri, tornare insomma alla vita normale di uno Stato importante e molto colto come l’Iran.
Quindi l’entusiasmo c’è ed è contagioso, per quella che può assolutamente essere considerata una svolta storica.

Martina Landi, Responsabile del coordinamento Gariwo

15 luglio 2015

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