Un'immagine di Ataturk (foto di East Journal)
L'intellettuale israeliano affronta i limiti di un certo politically correct, che cerca di racchiudere secolarizzazione e democratizzazione in uno schema proprio dell'Europa, mentre in Paesi come l'Iran, l'Egitto, la Tunisia, l'Iraq, la Siria e la Turchia tradizionalmente i governi laici tirannici e le aspirazioni democratiche portano al potere gli elementi islamisti.
"Uno dei motivi per cui l’Occidente sta avendo difficoltà a capire che cosa succede ora nel mondo arabo è costituito dal suo approccio eurocentrico e dai suoi continui tentativi di valutare gli eventi utilizzando concetti e casistiche che sono proprie dello sviluppo storico europeo. Quando gli eventi del Medio Oriente rifiutano di essere catalogati secondo questo letto di Procuste, l’Occidente spesso si trova totalmente impotente a spiegarsi ciò che accade.
Questa incapacità di comprendere le vicende mediorientali è particolarmente evidente quando si tratta della laicità, uno sviluppo molto importante dati l’ascesa di componenti islamiste in seguito alla caduta di regimi tirannici – come è accaduto in Tunisia ed Egitto – e la complessità della lotta in atto in Siria. Lungo tutta la storia occidentale, i processi di secolarizzazione erano legati all’eredità dell’Illuminismo e andavano di pari passo con la liberalizzazione e la democratizzazione. Nel mondo arabo e islamico, tuttavia, il quadro è completamente differente. In Medio Oriente la secolarizzazione nasceva dagli sforzi dei governanti autoritari di copiare modelli occidentali di laicità e imporli con la forza sulle società musulmane tradizionali. Mustafa Kemal Ataturk in Turchia e lo Scià in Iran videro l’imposizione della laicità alla società musulmana tradizionale come una parte integrante dei propri progetti di modernizzazione delle rispettive nazioni".
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