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Lo Stato Islamico raccontato da un pentito

Dai foreign fighters agli attacchi in Europa

Il New York Times ha intervistato Harry Sarfo, un disertore dello Stato Islamico, rinchiuso in un carcere nei pressi di Brema, e ha pubblicato l'intervista il 3 agosto, con il titolo How a Secretive Branch of ISIS Built a Global Network of Killers. L'ex foreign fighter tedesco, l'ultima volta che si è recato in Siria - ancora prima degli attacchi di Bruxelles - si è visto respingere alle frontiere per la prima volta. 

Gli obiettivi dell'ISIS

Questo perché l'organizzazione jihadista non sta più cercando reclute per la Siria, ma fanatici, possibilmente poco collegati gli uni agli altri - i cosiddetti "lupi solitari" - che conducano attacchi terroristici indiscriminati su scala globale, colpendo anche l'Europa, come si è visto a Tunisi, Parigi e Nizza.

Sarfo ha raccontato che uno degli obiettivi caldeggiati dai terroristi islamisti è l'esecuzione di più attacchi contemporaneamente, e per questo l'organizzazione desidererebbe avere basi più solide in Gran Bretagna e Germania. 

L'organizzazione che dà corpo all'ideologia 

Gli uomini che avevano rivelato tutto ciò a Sarfo appartenevano all'Emni, una sorta di polizia segreta con compiti tipici delle forze di sicurezza interne, incaricata di organizzare gli attacchi nel mondo.

L'attenzione del mondo è stata attratta dalla "esportazione del terrorismo" soprattutto dopo gli attacchi di Parigi del 13 novembre 2015. Grazie ai molti foreign fighters catturati e alle testimonianze rese da alcuni pentiti, oggi conosciamo molto meglio questa organizzazione che permette una visibilità internazionale al gruppo di ideologi che si riuniva intorno alla figura di Mohammed al-Adnani - probabilmente ucciso qualche giorno fa da un raid aereo sopra Aleppo.

Secondo Sarfo in particolare, l'ISIS disporrebbe di un "servizio segreto europeo", uno arabo e uno asiatico.

10 attacchi, 30 arresti

Gli interrogatori degli arrestati hanno permesso di apprendere che l'ISIS recluta molte categorie diverse di combattenti, dai foreign fighters più esperti a giovani che non hanno mai preso un'arma in mano. Fatto ciò, li suddivide in piccole unità in base alla lingua parlata, destinati a incontrarsi una sola volta prima della partenza per compiere gli attacchi. 

Il ruolo di Adnani sarebbe stato di dirigere sia le azioni terroristiche, sia la propaganda. I lugubri video dei combattimenti sarebbero stati ideati da lui. L'Emni sarebbe responsabile degli attentati di Parigi e della predisposizione del materiale esplosivo con il quale lo Stato Islamico ha colpito a Bruxelles, e comunque la spina dorsale di tutta la struttura organizzativa dell'ISIS. Reclute sarebbero state inviate in Spagna, Bangladesh, Indonesia, Tunisia, Germania, Libano e Malaysia.

I cosiddetti "lupi solitari" forse sono in realtà connessi ai vertici 

Harry Sarfo ammette che l'ISIS non fornisce moltissime informazioni ai suoi membri, per evitare scomode rivelazioni da parte degli arrestati. Tuttavia ritiene probabile che il fenomeno dei combattenti che paiono scollegati gli uni dagli altri in realtà vada visto più in ottica dell'utilizzo, da parte dello Stato Islamico, di figure "pulite", come intermediari con il terrorismo vero e proprio. 

Il New York Times ha interpellato in separata sede anche due membri dell'intelligence americana, che hanno parlato di sicurezza in condizioni di anonimato, e le loro analisi coincidono con le rivelazioni di Sarfo - secondo cui i membri operativi dell'ISIS ritornati nell'Unione Europea o in Turchia dopo i combattimenti in Siria ammonterebbero a centinaia di unità. 

I legami con la criminalità sono un asset per l'organizzazione 

Sarfo, prima dell'arresto per terrorismo, aveva precedenti per furto. Se l'ISIS prevede l'amputazione per questo genere di reati, è anche vero che, per entrarvi, l'appartenenza al mondo del crimine - specie quello organizzato - può costituire un plus. Particolarmente richieste sono la capacità di produrre carte d'identità false e le conoscenze di scafisti.

Non tutto ciò che Sarfo afferma può essere verificato, tuttavia spesso coincide con quanto emerge dagli interrogatori di altre reclute del gruppo terroristico. Sette mesi prima degli attacchi a Charlie Hebdo, un amico dell'ex foreign fighter, che sta per uscire dall'isolamento perché giudicato non più violento, aveva chiesto a un altro jihadista come fosse la situazione per operare in Francia, e lui aveva riso fino alle lacrime dicendo: "La Francia? Non è un problema". 

Terrore a Dacca 

Sono sempre collaboratori dell'Emni quelli che hanno condotto la strage nella capitale del Bangladesh, dove hanno perso la vita molti italiani. Erano stati reclutati chiedendo loro prima di tutto un giuramento di fedeltà allo Stato Islamico. Poi erano stati presi in considerazione la loro preparazione militare e i loro contatti. 

I luogotenenti, che il New York Times chiama per nome e cognome

Un ultimo chiarimento, Sarfo lo fornisce a proposito dell'entourage di Adnani. Erano, o sono, tutte persone capaci di organizzare traffici internazionali di terroristi, attività di reclutamento (mentre la cosiddetta "attivazione delle persone" che compiranno attentati suicidi è affidata ai cosiddetti "uomini puliti", che sono tipicamente dei convertiti all'Islam), attività di informazione e di istruzione alla catena dei sottoposti. Vengono fatti in particolare due nomi, Abu Souleymane, cittadino francese, e Abu Ahmad, che viene descritto come un siriano. Souleymane avrebbe partecipato direttamente agli attentati di Parigi, sparando dentro il Bataclan. Lo racconta un testimone della strage, David-Fritz Goeppinger, 24 anni, che udì i terroristi che lo tenevano in ostaggio fare il suo nome. Abu Ahmad invece avrebbe preparato gli attacchi di Istanbul. 

Conclusioni 

Al di là della via giudiziaria ripercorsa in questa intervista, per uscire in fretta dal baratro in cui tali attentati stanno sprofondando il mondo, serve l'esempio dei Giusti che si sono saputi opporre a rischio della vita al totalitarismo, ieri dei nazisti, oggi dell'ISIS. Vengono in mente le frasi pronunciate dal Presidente di Gariwo Gabriele Nissim, nell'onorare Khaled Abdul Wahab, Faraaz Hussein, Hamadi ben Abdelsslem, Khaled Asaad e Mohamed Bouazizi, importanti figure esemplari del mondo musulmano nel primo Giardino dei Giusti in un Paese arabo, a Tunisi: 

"Proporre oggi queste storie di uomini giusti in un Paese arabo significa contrapporre ai fanatici dell’Isis delle figure morali che si sono comportate in un certo modo per il gusto della bellezza, della vita, della amicizia. Sono esempi morali che dimostrano concretamente, a chi si fa sedurre dal fascino dell’odio, che si vive molto meglio quando si accoglie l’altro e si gioisce per la pluralità umana. La memoria dei Giusti arabi ha il valore di una terapia morale anche per quegli europei che sono demagogicamente portati a credere che dietro ad ogni musulmano si nasconda un potenziale terrorista. Il riconoscimento della comune umanità è oggi la forza più grande per sconfiggere il terrorismo e tutti i pregiudizi che sono alimentati da chi vuole dividere il mondo tra amici e nemici".

1 settembre 2016

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