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"Turchi e armeni si guardano con circospezione"

Intervista a Taner Akcam

Intervista a Taner Akcam, studioso del genocidio armeno presso la Clark University USA.

Perché la Turchia nega il genocidio armeno? 

È una domanda da un milione di dollari. Penso che vi siano due ragioni principali: la prima è che la Turchia non vuole risarcire le vittime del genocidio armeno, pagare le riparazioni; la seconda è che alcuni dei padri fondatori della nazione turca furono autori o partecipanti al genocidio. La Turchia di oggi è stata fondata dal Partito dell’Unione e del Progresso, quello che ha organizzato il genocidio armeno. Per questo il riconoscimento di questo evento storico tocca una parte rilevante dell’identità turca. 

Perché ha deciso di lottare per il riconoscimento del genocidio armeno? 
Il punto di partenza è che lavoravo ad Amburgo e studiavo la storia dell’Impero ottomano e gli eventi del Ventesimo secolo. Non sapevo niente del genocidio armeno, non sapevo nemmeno che vi fossero armeni in Turchia. Quando mi sono imbattuto in questo tema mi sono interessato a saperne di più e non sapevo fino a che punto questo argomento viene politicizzato. Io ho iniziato a studiare la questione per interesse accademico. Stavo studiando le vittime della tortura e ho capito che dovevo imparare di più, anche al di là della posizione ufficiale turca. In quegli anni sono stato anche influenzato dall’assassinio di Hrant Dink. 

Ha paura che il suo impegno possa attirarle persecuzioni da parte della Turchia?

Non più. Ritengo che l’assassinio di Hrant Dink abbia segnato un punto di svolta. Penso che oggi ci sia molta più apertura nella società civile e sia molto più facile di prima parlare del genocidio armeno. 

Che cosa sta succedendo oggi in Turchia? Come vede questo movimento?
In Turchia c’è un nuovo movimento della società, che si può paragonare al movimento Occupy Wall Street che c’è qui negli Stati Uniti. Esso coinvolge le nuove generazioni, che vogliono democrazia, diritti umani e il diritto di partecipare alle decisioni. Si tratta di un movimento della società civile e dobbiamo vedere come reagirà la Turchia a questa nuova generazione che chiede democrazia e riconoscimento dei diritti umani da parte della Turchia. 

Lei ha scritto che i turchi vedono gli armeni come traditori e gli armeni considerano i turchi come assassini dei loro avi. Come possono queste persone guardarsi reciprocamente oggi, nel presente? C’è spazio per un processo di accettazione e di riconciliazione? 

C’è un proverbio turco sulle persone che “si annusano”. Nel nostro caso direi che gli armeni e i turchi si avvicinano gli uni agli altri e si guardano con circospezione. Solo il dialogo, il parlarsi, il non considerare l’altro come troppo cattivo e il coraggio di affrontare il passato possono aiutare la riconciliazione. 

Le sue ricerche sul genocidio armeno trovano una buona accoglienza in Occidente? 
Sì. Attualmente vivo negli USA e ho un incarico universitario qui. C’è un gruppo misto di studenti turchi e armeni che si occupano di questo tema. Direi che esso è ampiamente accettato negli Stati Uniti ed è possibile formare una nuova generazione di studiosi attenti a esso. 

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