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Herero e nama, fu genocidio

verso la firma di un accordo di riconciliazione tra Germania e Namibia

Il massacro degli herero fu genocidio.
Nel 2015 Angela Merkel e nel 2017 il Parlamento tedesco si erano già espressi in tal senso, definendo come tale lo sterminio perpetrato dall’esercito dell’Imperatore tedesco tra il 1904 e il 1908 ai danni delle tribù herero e nama in Namibia.
Oggi, dopo anni di negoziati istituiti per “curare le ferite” di quelle atrocità, i colloqui tra Germania e Namibia sarebbero giunti a completamento. In base alle notizie, il Presidente Frank-Walter Steinmeier sarebbe pronto a chiedere perdono per il genocidio in una cerimonia di scuse ufficiali.

In quello che gli storici ritengono sia stato il primo genocidio del ventesimo secolo, si contano almeno 65mila vittime, uccise in battaglia, giustiziate, fatte morire di fame nel deserto o di sfinimento nei campi di lavoro. In questa occasione infatti le truppe tedesche costruirono campi di lavoro e concentramento, con condizioni di vita miserabili: a Swakopmund, dove vennero imprigionati soprattutto donne e bambini che venivano utilizzati per scaricare le navi attraccate in porto, e sull’isola di Shark Island, inaccessibile e lontana dalla vista, il cui scopo non era raccogliere gli schiavi, ma eliminare definitivamente i prigionieri.
Come accadrà qualche decennio dopo, uomini e donne venivano spediti su vagoni bestiame chiamati “transport” verso destinazioni remote, dove erano sistematicamente sterminati. Inoltre, in Namibia si cercò di dare un fondamento scientifico alla teoria razzista, e di usare come prove i resti delle vittime: i soldati fecero commercio di teschi di herero e nama vendendoli a scienziati, musei e università della Germania. Il genetista razzista Eugen Fischer, che ebbe un grande seguito nel Terzo Reich, aveva iniziato i suoi macabri esperimenti proprio dopo il suo arrivo in Namibia nel 1904 su sollecitazione delle università tedesche.

Nell’ambito dell’accordo di riconciliazione tra i due Paesi, che sarà presto sottoposto alla firma dei due governi, oltre alle scuse per il genocidio la Germania si impegna anche a fornire risarcimenti alla Namibia sotto forma di aiuti allo sviluppo - cioè per infrastrutture, assistenza sanitaria e programmi di formazione professionale - nelle aree popolate dai discendenti delle tribù herero e nama. Aiuti che tuttavia, come ha sostenuto categoricamente il governo tedesco, non equivalgono a riparazioni - nella definizione giuridica del termine - per il crimine commesso. Fin dall’inizio dei negoziati, infatti, Berlino aveva impugnato la Convenzione sulla prevenzione e punizione del crimine di genocidio del 1948, sostenendo che tale documento non potesse essere applicato retroattivamente.
In un rapporto interno sui negoziati, riferisce il Guardian, il Ministero degli esteri tedesco afferma infatti che “Le riparazioni o le indennità individuali non sono oggetto delle trattative. Dopo 100 anni sarebbero senza precedenti. La definizione di ingiustizia stabilita dalla convenzione del 1948 sulla prevenzione e la punizione del genocidio non si applica retroattivamente e non può essere la base per rivendicazioni finanziarie".

Far rientrare questi finanziamenti come aiuti allo sviluppo e non come riparazioni permette a Berlino di evitare un precedente legale potenzialmente replicabile per i risarcimenti alle ex colonie tedesche come il Camerun, il Togo, la Tanzania, il Burundi o il Ruanda, ma soprattutto per quelli derivanti dalla Seconda guerra mondiale, come la Polonia o la Grecia. Questi due Paesi, infatti, non facevano parte dell’accordo del 1990 che ha stabilito le riparazioni tedesche relative al conflitto, e da allora hanno spesso richiesto di ricevere una compensazione per le perdite economiche e umane subite in quegli anni per mano delle forze di Berlino. Basti pensare che lo scorso aprile, in occasione dell’ottantesimo anniversario dell’invasione della Grecia da parte della Germania nazista, Atene ha nuovamente ribadito la sua richiesta di negoziati per danni di circa 289 miliardi di euro.

Gli importi esatti dei contributi di aiuto delineati nell’accordo tra Germania e Namibia rimangono riservati. I discendenti delle tribù herero e nama continuano tuttavia a protestare per essere stati esclusi dai negoziati e dipingono la trattativa come uno “spot” del governo tedesco e un “tradimento” di quello namibiano. Quello che è certo, come fa notare dalle pagine di Repubblica lo storico e africanistica Juergen Zimmerer, è che sia mancato un ampio dibattito in Germania "su come fare i conti con le ingiustizie e l'eredità del colonialismo". Un lavoro, quello sulla memoria, oggi sempre più necessario.

24 maggio 2021

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