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Desmond Tutu scrive ad Aung San Suu Ky

per fermare le violenze contro i Rohingya

In una lettera aperta indirizzata ad Aung San Suu Kyi, l'arcivescovo emerito e Premio Nobel per la pace Desmond Tutu rimprovera il silenzio di "The Lady" sulla questione Rohingya, chiamando la consigliera a intervenire in questa crisi e riportare il popolo sulla via della giustizia e della rettitudine. 

Le parole di Tutu sono molto forti: un Paese che non protegge il suo popolo non è un Paese libero, e per un simbolo di virtù come è stata Aung San Suu Kyi non è coerente guidare un simile Paese.

Riportiamo di seguito il testo integrale della lettera:

Mia cara Aung San Suu Kyi,

Sono ormai anziano, decrepito e ufficialmente ritirato, ma rompo il mio impegno a restare in silenzio sugli affari pubblici spinto da una profonda tristezza per il dramma della minoranza musulmana nel tuo Paese, i Rohingya.

Nel mio cuore sei un’amata sorella minore. Ho tenuto per anni sulla mia scrivania una tua foto, per ricordarmi delle ingiustizie e dei sacrifici che hai sopportato per via del tuo amore e del tuo impegno verso la gente del Myanmar. Tu simboleggiavi la rettitudine. Nel 2010 abbiamo gioito per la tua liberazione dagli arresti domiciliari e nel 2012 abbiamo festeggiato la tua elezione a leader dell’opposizione.

La tua comparsa nella vita pubblica ha alleviato le nostre preoccupazioni per la violenza perpetrata contro i Rohingya, ma quello che alcuni hanno definito “pulizia etnica” e altri “un lento genocidio” è continuato e anzi, di recente si è accelerato. Le immagini della sofferenza dei Rohingya ci colmano di dolore e angoscia.

Sappiamo che tu sai che gli esseri umani possono apparire diversi e pregare in modo diverso – e alcuni possono avere una potenza di fuoco superiore a quella di cui altri sono dotati – ma nessuno è superiore e nessuno è inferiore; sappiamo che sotto la superficie siamo tutti uguali, membri di un’unica famiglia, la famiglia umana; sappiamo che non esistono differenze naturali tra buddisti e musulmani, e che non importa se siamo ebrei o indù, cristiani o atei, siamo nati per amare senza pregiudizi. La discriminazione non è una cosa naturale; viene insegnata.

Mia cara sorella: se il prezzo politico della tua ascesa alla più alta carica del Myanmar è il tuo silenzio, allora quel prezzo è troppo alto. Un Paese che non è in pace con se stesso, che non riconosce e non protegge la dignità e il valore di tutta la sua gente non è un Paese libero. È incoerente per un simbolo di virtù guidare un simile Paese, e questo accentua il nostro dolore.

Mentre assistiamo all’evolversi dell’orrore preghiamo che tu possa essere di nuovo coraggiosa e resiliente. Preghiamo perché tu faccia sentire la tua voce per la giustizia, i diritti umani e l’unità del tuo popolo. Preghiamo perché tu intervenga in questa crisi crescente e riporti il tuo popolo sulla via della rettitudine.

Che Dio ti benedica

Arcivescovo Emerito Desmond Tutu

11 settembre 2017

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