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Corea, Paese diviso

incontro all'ISPI con la dissidente Hye Jin Lim

Kim Jong-un

Kim Jong-un (wlpress.net)

Si è svolto martedì 28 marzo l'incontro Nord Corea: Una Minaccia Fuori Controllo? organizzato dall'Istituto Studi di Politica Internazionale di via Clerici a Milano. Era presente la dissidente Hye Jin Lim, che ha affrontato una fuga lunga quattro anni (1998-2002) dalla Corea del Nord a quella del Sud. In questo tragitto la donna, ex membro dell'esercito nordcoreano che ha disertato, è stata riacciuffata e durante la prigionia ha perso un figlio di 5 anni. 

Nel suo intervento Lim ha ricostruito le tappe di una repressione che comprende anche dei veri e propri gulag, dove si muore di fame (3 milioni le vittime della carestia negli ultimi anni), di stenti e di maltrattamenti inflitti dagli aguzzini, che non esitano a uccidere i bambini, annegandoli e assassinandoli in altri modi orribili.

Il quadro storico e internazionale 

La prof.ssa Rosella Ideo dell'Università degli Studi di Trieste, specializzata in Storia e Istituzioni dell'Asia Sud-Orientale, ha ripercorso la storia delle due Coree, uscite unite, ma con una doppia occupazione - al nord russa, al sud americana - dalla seconda guerra mondiale e dall'occupazione giapponese. Fu l'asprissima guerra di Corea (1950-53) a determinare l'attuale divisione delle due Coree. Che in realtà, solo dal 1992 è una divisione tra una democrazia con capitale Seul e un'autocrazia comunista con capitale Pyongyang. Prima di quell'anno infatti anche in Corea del Sud, con il tacito assenso degli Stati Uniti, c'erano dittature che facevano arrestare e torturare gli studenti, anche se erano regimi di destra. Il benessere economico e il boom industriale Sud Coreano sono frutto di un'epoca di autocrazia, anche se di altro segno rispetto a quella della Corea del Nord. In ogni modo, oggi la Corea del Sud accoglie come "migranti economici" di un tipo particolare coloro che fuggono dalla Corea del Nord. 

Si parla di "rifugiati", senza l'aggettivo "politici", in quanto per Seul gli immigrati di Pyongyang, non conoscendo nulla del resto del mondo, è pensabile che scappino in primo luogo dall'estrema povertà che c'è in Corea del Nord e non per ideali politici o per inseguire qualche modello agognato (ad es. il modello americano, o democratico, o capitalistico).

All'ingresso in Corea del Sud, i rifugiati "economici" nordcoreani vengono accolti in strutture che servono a identificarli e a insegnare loro come si vive in un Paese capitalista. Se si può, si tengono unite le famiglie, altrimenti si separano le donne e i bambini dagli uomini. Dopo essere stati istruiti su come si fa la spesa, come si guida un'auto individuale, come si va in banca, come ci si presenta a un colloquio di lavoro etc.- il che richiede da qualche settimana a due o tre mesi, durante i quali i migranti sono spesso interrogati per capire quali legami abbiano con parenti in Corea del Sud o con persone in Corea del Nord, cercando anche di fermare eventuali spie che sono ricorrenti nei rapporti tra i due Paesi -, avviene l'inserimento nella vita civile della Corea del Sud. Questo per quanto riguarda la gestione del problema migranti. 

Pechino, Washington e il pericolo nucleare

Mentre Pyongyang, come ha scritto Guido Olimpio, non "sperimenta" le armi nucleari, ma impiega le sue testate per condizionare i suoi rapporti con Seul e gli altri vicini asiatici, Seul è "stretta tra USA e Cina". Con la recente uscita di scena della Presidente sudcoreana Park Geun-hye per "attentato alla democrazia rappresentativa", si è aperta una nuova campagna elettorale e con essa una nuova attenzione dalla politica da attuare verso la Corea del Nord. 

Finora le politiche sono state reattive rispetto alle iniziative nordcoreane, mentre si è passati da una "luna di miele" con Pechino a una freddezza dovuta al fatto che Seul, d'accordo con gli USA, si è dotata di un avanzato sistema di difesa anti-missilistica chiamato Thaad, inaugurato nel 2016 e sempre più potenziato, ad esempio con l'invio delle prime componenti nel febbraio 2017. Thaad è specificamente un'iniziativa americana, di quell'America che oggi, con Trump, "ha sul tavolo tutte le opzioni" nei confronti di Pyongyang. Dalle sanzioni dal successo finora limitato all'azione militare, the Donald, che non ci tiene ad apparire arrendevole e non ha rapporti idilliaci con la Cina che è il solo Paese ad avere un relativo accesso ai contatti con i leader nordcoreani, si dichiara pronto a intervenire in risposta ad azioni bellicose di Kim Jong-un. Il rischio potrebbe però essere enorme, perché mentre alla Corea del Nord basta un cenno del despota per avviare una guerra, gli USA per agire dovrebbero mobilitare il Giappone, la Cina e la Corea del Sud causando una catena di crisi istituzionali e di eventi bellici potenzialmente incontrollabili. 

Nell'era delle comunicazioni 

Secondo la dissidente intervenuta nel dibattito all'ISPI, in Corea del Nord si registrano alcune aperture rispetto al passato. Per esempio adesso i giovani osano nominare il capo di Stato, cosa che con il padre e nonno di Kim Jong-un era "come nominare Dio invano" e, a dirla tutta, era anche punibile con il gulag. C'è anche la possibilità di usare cellulari acquistati in Cina, ma solo nella zona del fiume Tumen, e spostandosi ogni cinque minuti per evitare di essere intercettati dalla polizia mentre si parla con i parenti all'estero. Dal 2008 vengono introdotti nel Paese materiali multimediali (soprattutto film, brani musicali, Bibbie e altri libri). Si pensa che forse tra dieci anni anche in Corea del Nord si potrebbe registrare un movimento di protesta. Ma ora siamo ancora nel campo dell'opacità, degli intrighi (come dimostra la recente uccisione a Kuala Lumpur del fratellastro di Kim), della chiusura totale e della mancanza di ogni possibile segno di attenzione all'individualità nel regime di Pyongyang. Il 38° parallelo, come in un vecchio film sulla guerra fredda, divide ancora due mondi profondamente diversi.

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