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Il toro e la mosca: l'esempio della Scuola Vailati

di Gabriele Nissim

L'incontro nella scuola

L'incontro nella scuola

È stata una esperienza bellissima. Ho dialogato assieme ad Anna Maria Samuelli per tre ore con i ragazzi della scuola Vailati di Crema, che sono stati protagonisti di un atto di coraggio civile e hanno sventato un attentato che avrebbe potuto provocare tante vittime e creare un clima di paura e di odio in tutto il Paese.

Con la loro prontezza d’animo hanno impedito che Ousseynou Sy, autista senegalese, portasse a termine il suo folle piano: uccidere degli innocenti per denunciare i morti nel Mediterraneo.
Ho deciso di incontrare a scuola i ragazzi prima di tutto per un atto di gratitudine, perché ritengo che coloro che riescono ad impedire il male nella sua genesi danno un contributo fondamentale alla società.
Mi ricordo ancora che quella mattina del 20 marzo, seguendo le notizie del dirottamento dell’autobus dei ragazzi, ho provato tanta paura pensando alle stragi terroristiche di Parigi e Bruxelles.

Ma come potevo esprimere la mia ammirazione ai ragazzi e agli insegnanti senza cadere nella retorica? Molti, infatti, li hanno premiati e si sono fatti fotografare con loro, ma fino ad ora nessuno ha immaginato di cominciare un percorso educativo e di fare di quella scuola un punto di riferimento per la società.
Il più bel regalo che possiamo fare ai ragazzi non sono le bande musicali e le medaglie nelle piazze d’Italia, ma è lo sforzo di renderli protagonisti e consapevoli di un messaggio morale nel nostro Paese.
In quella giornata traumatica, i ragazzi hanno attraversato un’esperienza esemplare del nostro tempo. Hanno visto all’opera un autista che, da un giorno all’altro, si è trasformato in un terrorista omicida e che come tanti fondamentalisti islamici o fanatici di vario tipo ha immaginato che per realizzare quella che considerava “la sua giustizia” fosse necessario scatenare l’inferno nella nostra vita quotidiana.
Hanno così scoperto, con quella loro esperienza, quel “male nuovo” che dopo l’11 settembre ha creato migliaia di vittime non solo in Europa, ma soprattutto in Iraq, Afghanistan, Nigeria, Siria, Pakistan.

Hanno compreso in quella giornata che certe sfide si possono vincere quando prevale la solidarietà di gruppo e ci si sente uniti, superando le differenze di religione e di provenienza. Mi ha colpito molto l’amicizia che si è cementificata tra i ragazzi, che si sono conosciuti in profondità, come non avevano fatto tra i banchi di scuola. Nessuno di loro si è sentito più capace e coraggioso dell’altro, ma tutti hanno rivendicato di essere stati capaci di uscire da quella situazione aiutandosi gli uni con gli altri.
Nessuno di loro ha rivendicato di sentirsi più eroe dell’altro, ma anzi hanno sottolineato che tutti insieme avevano fatto una azione normale, che non richiedeva onori particolari. Nessuno infatti si è montato la testa e hanno pensato che fosse per loro necessario ritornare quanto prima alla normalità della loro vita. È stata questa la loro reazione più significativa.
Hanno scoperto che, nonostante frequentassero la stessa scuola e non avessero mai percepito differenze tra di loro, a qualcuno mancava ancora la cittadinanza italiana. Si sono quindi sentiti solidali con le richieste dei loro compagni di origine egiziana Ramy ed Adam, che dopo avere avuto la prontezza di tenere nascosti i cellulari in tasca, per potere chiedere i soccorsi, hanno richiesto nei giorni successivi al Ministro dell’interno di attuare una pratica veloce di concessione della nazionalità del nostro Paese. Hanno sentito il bisogno di sentirsi tutti uguali nella vita a scuola e fuori dalla scuola.

Tutto questo non deve essere dimenticato, perché può servire alla maturazione non solo della città di Crema, ma di tutta la società.
Immagino che la scuola Vailati possa diventare, attraverso il lavoro didattico degli insegnanti, un’istituzione educativa che ricordi i gesti delle persone migliori che hanno lottato contro il terrorismo e che si battono per la condivisione di culture e di religioni diverse in nome dei diritti umani universali.

Mi piacerebbe che i ragazzi potessero incontrare e mettersi in contatto con due grandi protagonisti del nostro tempo come Hamadi ben Abdesslem e Lassana Bathily, due musulmani che hanno salvato italiani ed ebrei a Tunisi e a Parigi durante degli attentati terroristi e che da allora si sono trasformati in messaggeri di pace e di amore tra le genti.
Non c’è risposta migliore al terrorismo, se non quella di preservare la moralità della nostra vita e di continuare la nostra vita normale.

Come ha scritto Yuval Noah Harari, uno dei più brillanti storici del nostro tempo in 21 lezioni per il XXI secolo (Bompiani), i terroristi non hanno nessuna possibilità di cambiare la nostra vita e ogni loro impresa militare è votata al fallimento. Nessun attentato può indebolire il potere militare di una nazione e la sua sicurezza. Si propongono solo di creare paura affinché noi ci facciamo prendere da reazioni insensate. Il loro obbiettivo è che noi ci distruggiamo da soli. I terroristi contano sul fatto che il nemico accecato dalla rabbia, usi il suo massiccio potere contro di loro, provocando una reazione assai più violenta di quella che i terroristi stessi potrebbero mai scatenare. Sperano che noi miniamo le nostre istituzioni democratiche e cominciamo a vedere dei nemici in ogni straniero.
Harari ci racconta una metafora. “I terroristi assomigliano a una mosca che cerca di distruggere un negozio di porcellane. La mosca è così debole che non può spostare neppure una singola tazza di tè. E allora come fa una mosca a distruggere un negozio di porcellane? Trova un toro, entra dentro il suo orecchio e comincia a ronzare. Il toro perde il controllo per la paura e la rabbia, e distrugge il negozio di porcellane.”

Questo concetto lo hanno capito molto bene i ragazzi che ho incontrato, quando hanno ribadito la volontà di ritornare alla normalità.

Non vogliono vivere con la paura e farsi condizionare cadendo in un insensato spirito di vendetta. Non vogliono diventare le icone dell’odio e farsi strumentalizzare.

Ecco perché ritengo che la scuola Vailati possa diventare un luogo di educazione alla responsabilità dove i ragazzi siano stimolati alla conoscenza, al gusto degli altri, all’esercizio del pensiero. Non c’è forse scuola più adatta per la costruzione di un giardino dei giusti che dia un significato morale alto a quella vicenda.

Ecco la medaglia più importante che possiamo offrire a quei ragazzi.

Gabriele Nissim

Analisi di Gabriele Nissim, Presidente Fondazione Gariwo

11 giugno 2019

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