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Libano, il primo giardino dei Giusti nella terra dei cedri: nuovi ambasciatori di Gariwo?

di Anna Maria Samuelli

Cedro del Libano

Cedro del Libano

Narra la leggenda che un cedro del Libano, dopo avere trascorso secoli e secoli a riflettere sulla vita, sulla morte e sul fiume della storia che scorre inesorabile, decise di lasciarsi alle spalle il passato e di guardare al futuro, esprimendo un desiderio. “Mi piacerebbe” – sognava il cedro - “trovare il modo di trasformare per sempre il male in bene”.

Il cedro è un albero biblico, esprime forza, resistenza, offre protezione. I libanesi sono fieri delle loro foreste secolari e amano le loro leggende.

Trasformare una volta per tutte il male in bene è impossibile, ma gettare qualche seme di bene in questa terra nella quale pochi credono nella possibilità di una vita migliore, è un passo avanti. Creare un Giardino dei Giusti dell’Umanità significa realizzare, almeno in parte, il sogno del cedro secolare.

Una realtà, quella del Libano, divisa tra la modernità occidentale e la tradizione araba, modernità sfrenata e attaccamento spasmodico alle radici storiche, purtroppo spesso fatte valere in senso identitario forte ed escludente. Rifletto davanti alle targhe, ai piedi degli olivi, dedicate a nove Giusti dell’umanità e avverto che il villaggio di Kfarnabrakh, padre Raad, Maria Dalla Francesca, i bambini libanesi e i bambini siriani, la raccolta dei semi che diventeranno fiori e natura, sono una vera e propri oasi di pace dentro la realtà conflittuale e divisa del Medio Oriente. Lo stare insieme condividendo spazi e tempi significa cominciare ad essere comunità, costituire legami basati sulla fiducia reciproca, poter scoprire sentimenti condivisi, l’esistenza del cuore oltre che della razionalità tentata dalle precomprensioni.

Il giorno dell’inaugurazione del primo Giardino dei Giusti nella terra dei cedri, era bello vedere una presenza umana varia, composita, sorridente e aperta. E tuttavia non potevo fare a ameno di pensare a quanto era stato difficile per gli organizzatori creare le condizioni necessarie affinché le figure dei Giusti scelti da noi di Gariwo con il criterio di appartenenza a etnie, religioni e credi diversi, potessero essere proposte alla comunità locale senza ferire sensibilità e culture altre. Il concetto di Giusto ci è stato offerto dalla tradizione ebraica. Moshe Bejski, il giudice dei Giusti dello Yad Vashem, parlava di “élite dell’umanità”, quindi caratterizzava i Giardini in senso universale, rafforzando il concetto di Giusto dell’Umanità. I nomi dei Giusti incisi nella pietra del Libano creano un ponte tra passato e presente, raccontano di un agire che ha preso vita in contesti diversi, dal genocidio degli armeni alla Shoah, dalle violenze di massa della giunta militare argentina al genocidio del Ruanda, dalla denuncia dell’escalation nucleare al sacrificio di sé per far vivere i valori della solidarietà e dell’amicizia. Storie esemplari che ci impegnano a stare dalla parte dell’uomo, di ogni uomo, sempre, e a non vedere mai nell’altro il nemico, anche se oggi viviamo in uno stato di diffusa conflittualità nei diversi livelli della vita sociale. Popoli confinanti si chiudono in una dimensione di integralismo religioso e culturale, usano l’arma della paura per creare uno stato di scontro e non praticano il riconoscimento di sé e dell’altro. Per questo la memoria del bene, in una realtà politica e sociale come quella del Libano può diventare uno strumento educativo potente, capace di creare le condizioni di un cambiamento nelle relazioni tra singoli, gruppi sociali, etnie e popoli.

Padre Raad, Maria Della Francesca e tutti i collaboratori dell’Associazione Annas Linnas sono i nuovi ambasciatori di Gariwo, capaci di intuire quanto le scelte di oggi possono avere conseguenze sul domani. Dedicano tempo, energie, razionalità e cuore per accogliere e integrare. Pace e dignità sono diritti inalienabili e i bambini, migranti siriani, cristiani, islamici, accolti nel centro di Kfarnabrakh, respirano un’aria nuova, impregnata di amicizia e gioia di vivere. Nel Giardino Educativo Sensoriale arricchito ora dal Giardino dei Giusti dell’Umanità, ognuno può trovare spazio per il confronto, il dialogo la realizzazione di attività condivise, per conoscere l’altro, valorizzare le diversità, immergersi nella natura. È stato avviato un cammino insieme per contrastare, come afferma Padre Raad, “la sfiducia o peggio l’ostilità reciproca spesso causate dalla mancanza di opportunità di conoscersi per capirsi”. La verità si manifesta nel dialogo e nella cura reciproca.

L’Occidente tende sempre più a rinchiudersi nelle dimensioni nazionali costruendo muri e rinforzando confini. Il Medio Oriente lacerato da guerre e fondamentalismi, impegnato nel difficilissimo compito di accogliere milioni di migranti (in Libano un milione e mezzo su una popolazione di poco più di quattro milioni) ha un bisogno spasmodico di creare comunità.

Se, come sottolineava recentemente in un suo editoriale Gabriele Nissim indicando l’identità di Gariwo e i suoi obiettivi per gli anni a venire, è giunto il tempo di battersi per una responsabilità globale, il nuovo giardino del Libano è strumento di educazione alla scelta e alla condivisione responsabile che apre al futuro e alla speranza.

Perché dobbiamo continuare a batterci per diffondere le storie dei Giusti e creare nuovi Giardini?

Abbiamo una responsabilità verso chi viene dopo di noi. Vogliamo combattere il dilagare del male che oggi appare predominante nella forma della discriminazione dei diversi, non solo per etnia ma anche per cultura e tradizione. Se non riusciamo a costruire ponti, almeno attraversiamo le frontiere portando il nostro progetto da una comunità all’altra per far conoscere le storie dei Giusti, dei resistenti morali, dei testimoni di verità di ieri e di oggi.

Penso alla straordinaria esperienza artistica di Sasha Vinci, A Human Flower Wall, che si batte per uno sviluppo sostenibile e per l’integrazione : migliaia di fiori applicati sulle persone che diventano muro fiorito in movimento, simbolo di vita e di rinascita che vuole superare separazioni e divisioni, fiori viventi in cammino che lanciano il messaggio di una società giusta e inclusiva.

Dobbiamo impegnarci per aiutare il cedro del Libano a realizzare il suo sogno: trasformare il male in bene, una volta per tutte.

Annamaria Samuelli

Analisi di Annamaria Samuelli, Responsabile Commissione educazione e cofondatrice di Gariwo

17 luglio 2019

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