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Negazionismo di Stato

di Pietro Kuciukian

Riportiamo di seguito l'intervento di Pietro Kuciukian, console onorario d'Armenia in Italia e cofondatore di Gariwo, all'incontro tenutosi a Lugano il 22 gennaio: La questione del negazionismo: dalla Shoah al web.

I genocidi vengono organizzati per lo più quando vi è al potere un partito unico. L’occasione viene di solito offerta da un conflitto in atto, una guerra o una rivoluzione. Quasi sempre vengono occultati sul nascere.
Perché nascondere un’opera che si intraprende per un finalità che si considera “buona”? Il caso armeno è particolare.

Hitler, nel suo delirio, fin dall’inizio non ha mai mascherato la sua avversione verso gli ebrei e ne ha progettato lo sterminio senza preoccuparsi di occultare questo folle piano.
Al contrario, il governo ottomano dei “Giovani turchi” nel 1915 ha pianificato e organizzato l’eliminazione dei propri sudditi armeni ottomani per motivi politici, segretamente, poiché anche i partiti armeni, in particolare dopo la rivoluzione del 1908, facevano parte del governo. Nel progettare il genocidio, l’ala nazionalista radicale del Partito Unione e Progresso ha tenuto in grande considerazione fin dall’inizio, il suo occultamento, la sua negazione. Negazione che verrà portata avanti fino ai nostri giorni.

Talaat, il primo ministro turco inviava dispacci e istruzioni ufficiali senza mai nominare esplicitamente gli armeni; li indicava come “popolazioni altre”, che dovevano essere “dislocate”, con provvedimenti dichiarati “legittimi”, resi necessari da condizioni eccezionali di guerra, mentre nelle istruzioni ufficiose, in genere telegrammi che dovevano poi essere distrutti, gli armeni erano chiaramente indicati come elementi da eliminare. Negli archivi turchi sino ad oggi sono custodite e messe a disposizione degli studiosi “le copie benigne degli ordini maligni” - come osserva lo storico Yves Ternon.
Istruzioni segrete ordinavano di eliminare gli intellettuali e i maschi armeni conducendoli fuori dalle città in piccoli gruppi, alla spicciolata, per non dare nell’occhio e non allarmare l’opinione pubblica. Talaat comunicava alle prefetture di fare attenzione: i consoli, i missionari, i viaggiatori stranieri non dovevano venire a conoscenza dello sterminio pianificato degli armeni.

La negazione dello sterminio armeno va di pari passo con la sua esecuzione, prima e durante il genocidio, come si evince da alcuni esempi.
Rafael De Nogales, un ufficiale venezuelano arruolato nell’esercito ottomano, scrive nelle sue memorie di avere assistito allo spoglio dei cadaveri degli armeni massacrati, rivestiti poi con indumenti curdi, fotografati da reporter bene istruiti.
Fayez El Ghossein, un Giusto islamico testimone del genocidio armeno, ricorda che i cadaveri di maschi nudi che intasavano le rive dell’Eufrate erano stati evirati, per non mostrare che non erano circoncisi. Occultare è portare una maschera mentre si compie un delitto, un atto che si ritiene necessario, per non subire poi le conseguenze dei crimini commessi.

L’insistente negazionismo della Turchia repubblicana succeduta al governo ottomano dei Giovani Turchi è la continuazione dell’opera di occultamento iniziale. La ragione prima risiede nel fatto che gli affiliati e i maggiori responsabili del Partito Unione e progresso (CUP), sono confluiti nel movimento rivoluzionario di Mustafa Kemal, abilissimo negoziatore che volgendo a suo vantaggio la sconfitta della guerra è riuscito a fondare nel 1923 la nuova Repubblica di Turchia.

Un “peccato originale” è all’origine del negazionismo di Stato in Turchia: i padri della patria della Turchia moderna e i responsabili del genocidio armeno sono le stesse persone, cosicché la Turchia non potrebbe condannarli se non a patto di rinnegare se stessa.

Fin qui il negazionismo di Stato. Esiste tuttavia anche il negazionismo dei singoli individui, non necessariamente perseguibile perché frutto di un’opera di disinformazione sistematica. Infatti la Repubblica turca ha messo in atto sino ad oggi un revisionismo storico negazionista per diffondere la grande menzogna tra i suoi cittadini e nel resto del mondo. A ciò ha contribuito l’avvento delle riforme kemaliste ispirate alla laicità, prima fra tutte l’abbandono dei caratteri arabi “osmanli” per quelli “latini”. Si è persa in questo modo la possibilità per gli studenti e per la gente comune di conoscere il loro passato, i 500 anni dell’Impero ottomano sono stati cancellati con un colpo di spugna. Io oggi posso leggere le lettere in armeno che mio nonno inviava a mio padre nel 1915. A pochi turchi è data questa possibilità; vi è una totale ignoranza della cultura ottomana e anche del genocidio degli armeni. E questa ignoranza continua nelle scuole turche da un secolo. Ignoranza che ha fatto esclamare a Rakel Dink, ai funerali del marito Hrant Dink - il giornalista turco-armeno assassinato nel 2007 da un fanatico nazionalista a Istanbul -: “Il buio che ha istruito questo ragazzo l’ha fatto divenire un assassino”.

L’anno scorso mi trovavo a Van, nell’Anatolia dell’Est, l’Armenia storica, assieme ad un gruppo di armeni, e ho assistito a uno strano colloquio fra un turco e un curdo: “ Cosa ci fanno qui questi armeni?”, ha chiesto il primo. “Ma era la loro terra”, ha risposto il secondo. Il turco istruito nelle scuole kemaliste ignorava, il curdo semianalfabeta conosceva la verità.

Una legge che punisse il negazionismo dei singoli individui (v. il caso francese) andrebbe contro la libertà della persona e sarebbe un danno per la democrazia. La battaglia va combattuta sul terreno della ricerca e della cultura. A questo proposito il giornalista Hrant Dink, eliminato perché lavorava per il dialogo turco-armeno, dichiarava: “Vado in Francia a sostenere che il genocidio armeno non c’è stato, mentre qui in Turchia dico che c’è stato; vediamo chi mi condanna per primo”.

Diverso è il caso del negazionismo di Stato frutto dell’occultamento reiterato della verità storica: dovrebbe esistere una legge sovranazionale, frutto di una voce comune ed espressione della nuova coscienza dei diritti umani sorta dalle macerie della guerra. Una legge da sottoporre all’ONU, che sanzioni gli stati negazionisti come l’Iran per la Shoah e la Turchia per il genocidio armeno. Il negazionismo turco nasce dalla menzogna e crea menzogne: nelle scuole turche di oggi si insegna che i turchi hanno da sempre abitato l’Anatolia, che la “razza” turca è quella originaria, che il turco non può avere commesso atrocità, che sono stati gli armeni a uccidere i turchi. E qui siamo in presenza di una argomentazione classica del negazionismo , il rovesciamento delle responsabilità. La stessa argomentazione che faceva dire ad Hanna Arendt :L’enormità stessa dei crimini commessi conferisce agli assassini che proclamano la loro innocenza con le menzogne la sicurezza di essere creduti più facilmente delle vittime che dicono la verità.

Nel 1927, in un celebre discorso “politico”, Mustafa Kemal (Ataturk, il padre dei turchi) afferma che la Repubblica turca è il grande Paese che è stato capace di rinascere e di uscire rafforzato dalla guerra avendo saputo resistere agli attacchi di minoranze “immorali”. Pone così le basi della storiografia ufficiale negazionista della Repubblica turca: gli armeni vengono espulsi dalla storia dell’Impero ottomano.

Consapevole dei problemi creati dallo sterminio degli armeni, a questa menzogna politica originaria aggiunge nel 1930 la fondazione della Società Storica Turca, per occultare le prove del “delitto senza nome”, alterare gli archivi, distribuire borse di studio agli atenei di molti Paesi col fine di riscrivere la storia.
Non basta. La Società Storica Turca aggiunge che i turchi sono stati da sempre gli abitanti originari dell’Anatolia e gli Ittiti (peraltro indoeuropei) sono da considerare gli antenati degli odierni turchi.

In conclusione va detto che il negazionismo turco è stato anche controproducente: ha alimentato per più di cento anni l’ostinazione degli armeni a ricordare, poiché ogni famiglia armena ha un parente che è stato eliminato non per quello che aveva fatto, ma solo perché era armeno.

Inoltre il pervicace negazionismo turco di Stato ha anche una spiegazione economica: dopo la fine della Grande Guerra i tre decreti legge emanati dal Governo dei Giovani Turchi, cancellazione delle riforme costituzionali, deportazione temporanea, confisca dei beni, avrebbero dovuto essere abrogati in base ai trattati di Sevres e di Losanna. La Turchia Repubblicana soppresse i primi due decreti, ma mantenne illegalmente quello della confisca dei beni abbandonati e i pochi armeni rimpatriati dopo il primo conflitto mondiale furono ancora una volta scacciati dalle loro terre.
Riconoscere oggi da parte della Turchia il genocidio che, in base alla Convenzione dell’ONU del 1948, non va mai in prescrizione, significa non solo un risarcimento morale ma anche l’obbligo di un risarcimento economico: risarcire un popolo dei suoi beni posseduti da 3000 anni su un territorio che ha visto il suo primo insediamento.  

Pietro Kuciukian

Analisi di Pietro Kuciukian, Console onorario d'Armenia in Italia e cofondatore di Gariwo

23 gennaio 2018

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