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Una scelta preoccupante a Yad Vashem

di Gabriele Nissim

Cosa succederebbe se a Milano improvvisamente si decidesse di sostituire il presidente del Memoriale della Shoah Roberto Jarach con un personaggio politico che chiede l’espulsione dei migranti dal nostro Paese, che pronuncia parole di odio verso i musulmani o che plaude alla pulizia etnica in nome della difesa dell’Occidente?

Immagino le reazioni di chi segue da anni le cerimonie, degli insegnanti che portano gli studenti a visitare questo luogo di memoria, l’indignazione di Liliana Segre che su quel Memoriale ha voluto che ci fosse a caratteri cubitali la scritta “Indifferenza” per indicare che il male verso gli altri esseri umani ha inizio quando cominciano a circolare parole malate e le persone si voltano dall’altra parte quando si commettono delle ingiustizie.

Un memoriale non è infatti un museo come gli altri, ma chi lo dirige deve essere una persona con un alto profilo morale, perché consegnare la memoria alle nuove generazioni significa indicare dei comportamenti esemplari.
Il negazionista non è soltanto colui che manipola la memoria storica e sminuisce le persecuzioni nei confronti degli ebrei, ma anche colui che tradisce il valore del ricordo delle vittime, giustificando nuove forme di intolleranza.

Per questo motivo in questi giorni in Israele ha suscitato grande scandalo la decisione del primo ministro Netanyahu di proporre come presidente di Yad Vashem un personaggio politico che da anni chiede l’espulsione degli arabi “dalla Giudea e Samaria”, denominazione che viene usato per indicare la sovranità ebraica sulla Cisgiordania, a scapito dei palestinesi.

Il personaggio in questione è Effi Eitam, un esponente religioso del partito di Naftaly Bennet (la Casa ebraica), che sulla scena pubblica è conosciuto per le sue posizioni estremiste. Già come ufficiale dell’esercito e comandante della brigata Givati nel 1988 venne pubblicamente ammonito per avere istigato la sua squadra a picchiare dei prigionieri palestinesi, uno dei quali a seguito delle percosse perse la vita. I soldati che commisero quel gesto ignobile furono condannati e il tribunale militare, pur non avendo trovato delle prove certe dei suoi ordini, dichiarò che “il comportamento violento di Eitam era diventato un esempio negativo per tutti coloro che ubbidivano ai suoi comandi.”
Fu poi emessa una ordinanza che raccomandava di non promuoverlo ad un grado superiore per i suoi comportamenti scorretti. Così gli fu negata la promozione nello stato maggiore ed Eitam dovette lasciare l’esercito.
Entrato nel Partito Nazionale Religioso, divenne Ministro delle infrastrutture nel governo Sharon, ma si dimise nel 2004 perché contrario al ritiro da Gaza.
Nel 2006, durante una cerimonia in memoria di un soldato caduto, affermò pubblicamente: “Noi dobbiamo espellere la maggioranza degli arabi dalla Cisgiordania e rimuovere gli arabi israeliani dal sistema politico, poiché sono una quinta colonna del nemico e dei traditori”. Per queste sue affermazioni, come ricorda il quotidiano Haaretz, il procuratore generale Menachem Mazuz dichiarò che se avesse continuato in questa campagna di odio sarebbe incorso in un processo penale.

Di fronte alla possibilità che un simile personaggio possa prendere in mano le redini di Yad Vashem, varie associazioni di sopravvissuti della Shoah hanno preso posizione.
Shraga Milstein, il presidente dell’associazione di Bergen Belsen ha dichiarato che “un uomo che non considera uguali tutti gli esseri umani non può guidare Yad Vashem.” Dovrebbe essere chiaro, ha aggiunto, che “l’Olocausto non è cominciato con le camere a gas, ma con una differenziazione tra gli esseri umani e con una ideologia che creava una gerarchia tra gli uomini di serie A e di serie B.”

Colette Avital, la responsabile del centro delle organizzazioni dei sopravvissuti, ha invece dichiarato che la nomina di un teorico dell’espulsione degli arabi screditerà l’immagine morale di Yad Vashem e ne incrinerà la sua legittimità a livello internazionale.

La presa di posizione più significativa in Israele è stata quella di Rabbi Yitz Greenberg, emerito direttore della commissione dell’Olocausto e promotore della creazione e dei programmi di educazione del museo dell’Olocausto di Washington - che ha diretto dal 2000 al 2002. “Essere negazionisti - ha dichiarato - non significa solo dichiarare che la Shoah non è mai avvenuta, ma affermare che la memoria della Shoah non ha lezioni e implicazioni morali per l’umanità”. Negare la Shoah significa promuovere il male nel mondo di oggi, e se lo fa chi dirige il memoriale è un segno terribile.
Una tale nomina, prosegue Greenberg, "sarebbe il più bel regalo per i nemici più feroci di Israele, che colgono ogni opportunità per disonorare gli ebrei affermando che oggi lo Stato ebraico si sta comportando come i nazisti".
A conclusione di un articolo di denuncia pubblicato sul Jerusalem Post il 6 novembre, Greenberg scrive: “Yad Vashem incarna il riconoscimento del mondo del male estremo della soluzione finale e la forza dell’affermazione mai più. Nessun Primo ministro o ministro, che in fondo ricoprono solo un ruolo temporaneo, ha il diritto di sperperare l’eredità morale della Shoah, dei sopravvissuti, delle vittime, promuovendo la nomina di una persona così indegna.”

In qualità di Presidente di Gariwo e membro del Consiglio di Amministrazione del Memoriale della Shoah di Milano, mi associo alle parole di Greemberg.

La nomina di un simile personaggio alla direzione di Yad Vashem sarebbe un colpo pesante per tutti coloro che sono impegnati con il loro lavoro nella memoria della Shoah e di tutti i genocidi. È importante non rimanere in silenzio non solo in Israele, ma ovunque nel mondo.
Sono però fiducioso che una simile operazione politica troverà molti ostacoli. È in gioco la nostra responsabilità morale.

Gabriele Nissim

Analisi di Gabriele Nissim, Presidente Fondazione Gariwo

17 novembre 2020

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