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"Nessun bisogno di andare in moschea"

di Abdennour Bidar

Abdennour Bidar è un filosofo francese specializzato nell'evoluzione contemporanea dell'Islam Il 10 gennaio 2015, subito dopo gli attentati di Parigi a Charlie Hebdo e al supermercato Hyper Cacher, aveva scritto una Lettera aperta al mondo musulmano dove attribuiva al mondo musulmano precise responsabilità per aver fatto nascere al proprio interno Daesh. In seguito Bidar si è dedicato alla “critica alla ragione islamica”. Affermando che il suo compito di filosofo è di essere anche un po' eretico, ma cercando di riscattare la parte più spirituale e meno angusta della sua religione rendendone comprensibile il suo portato umanistico ed esistenzialista, questo giovane pensatore ci dà modo di conoscere i termini del dibattito che c'è in Francia in questo momento su Islam e secolarizzazione. Di seguito pubblichiamo tradotto un suo intervento, Nessun bisogno di andare in moschea, uscito sul Nouvel Observateur del 12 marzo 2017.

Leggo nel libro di Didier Leschi, Misère(s) de l'islam de France (miseria/e dell'islam di Francia), questo rimprovero a “l'intellettuale musulmano”: “Al pari di un Georges Bernanos che andava a messa, si confessava e si comunicava, noi vorremmo che il cosiddetto intellettuale musulmano si recasse alla moschea, raccontasse a una rivista lo choc spirituale che gli ha causato il pellegrinaggio alla Mecca e pubblicasse, con lo stesso slancio, un libello intitolato 'i grandi cimiteri sotto le dune' che, partendo da una lettura generosa del Corano, segnasse una tappa epocale nella critica di quelle società per cui la maggior parte dell'umanità merita la sorte poco invidiabile dei miscredenti".

Per la scrittura del libello, invio il signor Leschi a leggere la mia “Lettera aperta al mondo musulmano”, tradotta in tutto il mondo, compresa l'area islamica. Essa ha provocato dibattito un po' ovunque e in molte lingue, circolando su Internet dove i giornali di questo o quel Paese arabo si rifiutarono di pubblicarla a causa della sua potenza critica. Prima di me, Mohammed Arkoun, Abdelwahab Meddeb, Malek Chebel avevano operato nello stesso senso, a un punto tale che, senza esagerare, si può parlare di una vera e propria scuola francese di "critica della ragione islamica" (Arkoun, 1984).

Io ne seguo le orme da 15 anni, lavorando per elaborare pazientemente ciò che alcuni credono di avere acquisito anticipatamente, mentre altri lo giudicano impossibile: la conciliazione degli spiriti profondi dell'Islam e della modernità. Tuttavia, non sono Bernanos, non sono Lutero. Non vado alla moschea e non andrei alla Mecca finché i luoghi santi della Mecca restano appannaggio dei wahabiti, che sono l'epicentro mondiale del fondamentalismo musulmano. Non penso, in effetti, che il ruolo dell'intellettuale musulmano sia quello di dare spazio all'intolleranza, al dogmatismo, alla sottomissione delle donne, alla violenza aperta o nascosta commessa con il pretesto della religione!

“Pensiero, non prosternazioni pubbliche”

Non penso neanche che la mia presenza o assenza dalla moschea sia affatto decisiva. Da un filosofo, ci si attende pensiero, non prosternazioni pubbliche. Da un filosofo credente, ci si attende non affatto un'apologia della fede, ma una messa in discussione bruciante di essa attraverso la ragione e della ragione attraverso la fede. Il ruolo di un filosofo dell'Islam, al giorno d'oggi, non è di ripetere Nietzsche proclamando la morte di Dio e nemmeno di ripetere Averroè spiegando il posto della ragione all'interno del sistema religioso.

Per ciò che mi concerne personalmente, cerco di situarmi al di là di questi tentativi passati che sono, da una parte, la critica moderna del religioso e, dall'altra, un'ennesima difesa della religione costituita. Io cerco di fare sorgere, dietro tutto ciò che l'Islam ha di fittizio, il suo umanesimo, il suo esistenzialismo, la sua apertura verso l'universale, la sua spiritualità profonda... “. Noi, gli intellettuali capaci di parlare di un Islam spirituale, non siamo abbastanza numerosi. In Francia, ci si possono contare sulle dita di una mano... mancante di alcune dita!

L'Islam ha degli storici, dei sociologi, degli imam mezzi illuminati e perfino dei Voltaire il cui discorso si riassume tutto in un grido contro l'oscurantismo. Ma soffriamo di una mancanza esagerata di pensatori capaci di manifestare il loro essere spirituale che li porta a scrivere e aprire la via a un Islam di luce. Solo questo – se c'è ancora tempo – potrebbe servire da contromodello da opporre alla propagazione della religiosità angusta che prolifera attualmente sul versante musulmano, e non solo lì.

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