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Sul clima al mondo serve una rivoluzione

il rapporto Onu sui cambiamenti climaci

Per evitare gli effetti più catastrofici dei cambiamenti climatici, il mondo ha bisogno di trasformarsi attraverso politiche ambientali, culturali ed economiche senza precedenti. È quanto emerge dal rapporto dell’IPCC, il panel delle Nazioni Unite sul riscaldamento globale che si è riunito in questi giorni a Incheon-Songdo, in Corea del Sud.

L’allarme ai governi di tutte le nazioni arriva da un documento di 750 pagine, su cui hanno lavorato per due anni 91 ricercatori di 44 Paesi, per analizzare 6mila studi scientifici degli ultimi anni su vari aspetti del cambiamento climatico.
A preoccupare è il trend della temperatura globale: per evitare gli scenari più apocalittici non basterebbe infatti limitare, come stabilito dagli accordi di Parigi del 2015, la crescita della temperatura media entro la fine del secolo a un massimo di 2 gradi centigradi. Il punto di non ritorno sarebbe più vicino a 1,5 gradi, di cui 1 già raggiunto.

Limitare il riscaldamento climatico a 1,5 gradi non è tecnicamente impossibile, “ma richiederebbe uno sforzo globale senza precedenti nella storia umana”, hanno spiegato dall’IPCC.
Occorrerebbe che le emissioni di anidride carbonica scendessero del 45% entro il 2030 e si annullassero nel 2050. Anche lo sforzo economico è da record: ogni anno servirebbe un investimento in energie rinnovabili pari a 2400 miliardi - soglia oggi ferma a 333.

Analizzando 529 possibili scenari per il futuro, quelli in cui la temperatura resterebbe contenuta a 1,5 gradi sono meno del 2%. Le attuali promesse dei governi ci porteranno, secondo il panel, a superare la soglia degli 1,5 gradi già tra il 2030 e il 2052.

Cosa fare quindi? Sono quattro le strade indicate dagli esperti nel "Sommario per decisori politici”. In tutti, la quantità di gas serra di origine umana nell'atmosfera (causa del cambiamento climatico) viene ridotta, o attraverso il taglio delle emissioni - con energie rinnovabili che dovrebbero arrivare a fornirci il 70-85% dell’elettricità entro il 2050, a fronte del totale abbandono del carbone - o con la rimozione della CO2 - e quindi ad esempio perseguendo vie di riforestazione e limitazione dello stoccaggio del carbonio.

“Incoraggio le società e gli istituti finanziari a valutare il rischio che corrono non decarbonizzando i loro prodotti, servizi e investimenti. E incoraggio tutti gli individui che hanno il privilegio e il diritto democratico di votare, a comprendere le prove presentate oggi dall’IPCC, ad adoperarsi all’interno della loro sfera d’azione personale e ad agire in modo responsabile”. Così ha dichiarato Christiana Figueres, per anni a capo dell’ente del clima dell’ONU e referente del Palazzo di Vetro anche per l’accordo di Parigi del 2015, dalle pagine del Guardian.

Oltrepassando la soglia dei due gradi, le zone tropicali si ritroverebbero spopolate, l’Arride resterebbe senza ghiaccio un’estate ogni dieci, nelle città le temperature si alzerebbero anche di 4 gradi e il livello dei mari si alzerebbe di 87 centimetri (10 in più del previsto) entro la fine del secolo. Effetti catastrofici anche sugli ecosistemi - il 13% dei quali andrebbe infatti distrutto - e su flora e fauna: oltre il 10% di vertebrati, insetti e piante perderebbe almeno metà del proprio habitat naturale.
Uno scenario che, ovviamente, andrebbe a incidere negativamente anche sui flussi migratori. Le Nazioni Unite stimano infatti che entro il 2050 ci saranno da 80 a 200 milioni di persone che migreranno in modo forzato a causa dei cambiamenti climatici - 143 milioni potranno migrare internamente ai propri Paesi in tre regioni (Africa sub sahariana, America Latina e Asia).

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