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Cancellare la Memoria

Quando la scuola combatte la memoria

Nella Republika Srpska, il dolore di Srebenica viene cancellato dai libri di storia: il presidente Milorad Dodik ha infatti messo al bando i libri di testo editi dalla Federazione Bosniaca.

La Repubblica di Srpska è una delle due entità legali e costituzionali della Bosnia Herzegovina, insieme alla Federazione di Bosnia ed Herzegovina. Questo territorio gode di un alto grado di autonomia amministrativa: l’entità infatti vota per un proprio presidente e un proprio parlamento formato da 83 deputati, e riconosce come propria capitale Banja Luka e non Sarajevo.

Agli occhi dei vicini, la Republika di Srpska, non è altro che una enclave serba in terra bosniaca.

L’attuale presidente  Milorad Dodik, supportato dal Ministro dell’educazione e cultura Dane Malesevic, informa che nelle scuole di Srpska i libri di storia non parleranno mai più del genocidio di Srebenica e dell’assedio di Sarajevo. “Qui è impossibile usare i libri della Federazione (la seconda entità a prevalenza bosniaco-croata), nei quali viene scritto che i Serbi hanno perpetrato un genocidio e assediato Sarajevo. Tutto ciò è falso e qui non verrà studiato”, ha affermato il presidente Dodik. In Bosnia ci si era accordati, sostiene Malesevic, di non includere nei programmi scolastici alcun riferimento alle guerre balcaniche.

L’obiettivo di tale politica, più che alla tutela degli studenti, mira alla cancellazione della memoria e nega alle nuove generazioni il diritto alla conoscenza dei terribili fatti del 1995.

Jonathan Moore, portavoce dell’OSCE in Bosnia afferma che la scuola nel paese è altamente politicizzata, risultato della politica del “curriculm nazionale (ovvero etnico)”, per cui ogni bambino deve essere istruito secondo la propria appartenenza nazionale, separando così la popolazione già dal momento della nascita. Molte materie sono diverse ed esclusive, come l’insegnamento della storia e della religione. Studiare in accordo con la propria appartenenza etnica significa inoltre studiare nella propria lingua, la quale si presume, debba essere riconosciuta a livello statale, cosa che non avviene per il bosniaco. Muhizin Omerovic, rappresentante dei genitori bosniaci musulmani del piccolo villaggio di Konjevic Poljem, spiega come in realtà questa decisione del governo non sia altro che l’ennesimo attacco alla comunità ”bosgnacca”, la quale già ha visto declassare il bosniaco da lingua ufficiale a “lingua dei Bosgnacchi” minando così uno dei più importanti collanti culturali della comunità. Secondo Omerovic, il governo riuscirà nel suo intento, quello di cancellare la memoria e impedirne l’accesso alle nuove generazioni, spazzando via così 22 anni di tentativi di riconciliazione. La conta delle vittime di quel luglio del 1995 non è ancora finita.

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