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Chi tra di voi sarà il nuovo "bersaglio"?

riflessione di un sopravvissuto al genocidio di Srebrenica

Le bare delle trentatré vittime

Le bare delle trentatré vittime

L'11 luglio ricorre l'anniversario del genocidio di Srebrenica del 1995, in cui le truppe del generale Mladic entrarono nella cittadina e uccisero 8372 uomini e ragazzi musulmani, gettandoli poi in fosse comuni. Altre trentatré vittime di quelle uccisioni di massa saranno sepolte oggi durante l'annuale commemorazione presso il Memoriale di Srebrenica-Potočari. 

Emir Suljagic - sopravvissuto al genocidio e autore di Postcards from the Grave (Cartolina dalla fossa. Diario di Srebrenica - Beit, 2010) - ha raccontato su Balkan Insight come Radovan Karadzic, condannato all'ergastolo dai giudici dell'Aja lo scorso marzo, abbia posto le basi per il genocidio. Proponiamo alcuni passaggi del suo pensiero.

La prima volta che mi chiamarono 'turcoavevo 14 anni”, scrive Suljagic. “Conoscevo i turchi dalle lezioni di Storia per occupanti stranieri, ma non ne avevo mai visto uno. Il messaggio che volevano darmi era però molto chiaro: a causa della mia presunta 'indole turca', ero una persona meno degna, meno umana”. In quegli anni, in Bosnia - Erzegovina e Serbia, era in atto un processo volto a ridurre l’identità dei musulmani bosniaci a un unico elemento di vitale importanza: il fatto che la loro esistenza rappresentasse una minaccia mortale per le élite serbe. “Al centro di quello sforzo di disumanizzazione e del conseguente uso della violenza genocida come politica legittima”, sostiene Suljagic, “c'era Radovan Karadzic. Il suo regime esisteva unicamente allo scopo di uccidere: era volto all'annientamento fisico dei non serbi, o più specificamente dei musulmani bosniaci”.

Il fatto che Karadzic sia riuscito nel suo intento di diffondere una mentalità che rendesse tollerabile l’uccisione di massa se volta a uno scopo più grande, in questo caso il bene della popolazione serba, è spiegabile analizzando alcuni passaggi ricorrenti nelle strategie genocidarie, che trovano nell'individuazione di un “capro espiatorio” la propria forza. In primo luogo, il leader serbo bosniaco non agiva da solo ma faceva parte di un potente movimento nazionalista, volto a eliminare i non serbi dal territorio della Republika Srpska. In secondo luogo, Karadzic si servì di due processi principali: “la ridefinizione dell'identità dei musulmani bosniaci e il rendere tendenza dominante l'intento di annientarli”. 

La prima operazione venne realizzata raffigurando il gruppo dei musulmani bosniaci come un elemento “nemico, inumano, estraneo alla comunità politica”. “Karadzic aveva l’imbarazzo della scelta di immaginari a cui attingere per ridefinire i musulmani bosniaci. Dai primi anni del XIX secolo alla formazione del Regno di Jugoslavia fino alla Seconda guerra mondiale, i musulmani nei Balcani furono visti come una sorta di 'quinta colonnaetnica, rimasta da un'epoca precedente, che non si sarebbe mai integrata nei futuri Stati nazionali pianificati", scrive l'autore citando la storica Cathie Carmichael. L'Islam era quindi l'elemento più rappresentativo e identitario nell'individuazione del "nemico" che avrebbe ostacolato la nuova supremazia serba. 

Karadzic e i suoi sostenitori agirono a quel punto per rendere opinione diffusa il fatto che eliminare fisicamente la "minaccia islamica" fosse l'unica soluzione possibile. Quello "turco" fu il motivo prevalente nella loro politica sia prima che durante le violenze. "Nella mia città natale, Bratunac", racconta Suljagic, "i graffiti sugli edifici recitavano: "Musulmani, Balijas, turchi - andatevene, verrete macellati". Nel rapporto dei Drina Corps dell'esercito serbo bosniaco, citato nel verdetto di Karadzic, si leggeva: "I turchi costituivano il 60% della popolazione di Srebrenica, che ora è stato purificato e sostituito da una popolazione serba etnicamente pura". Durante una sessione del parlamento bosniaco, scrive poi Suljagic, Karadzic disse le seguenti parole: "Non pensiate che non condurrete la Bosnia ed Erzegovina all'inferno e forse la nazione musulmana alla sua scomparsa, perché il popolo musulmano non potrà difendersi in alcun modo quando qui sarà guerra!". 

"La 'narrazione' che Karadzic ha contribuito a scrivere ha avuto un ruolo determinante nel trasformare il panorama delle idee in Occidente", conclude Suljagic. "Gli assassini di massa in tutto il mondo imparano gli uni dagli altri. Ho pagato per intero il prezzo di essere un 'turco', ma dopo anni di lotta, mi sono reso conto che l'intento genocida è negli occhi di chi guarda, e ho abbracciato la mia identità. Bisogna tenere a mente che le ideologie genocide sono sempre alla ricerca di nuovi 'turchi'. La domanda ora è: Chi tra voi sarà il prossimo 'Turco?'".

11 luglio 2019

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