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La sfida dei serbo bosniaci

un referendum verso la secessione?

“Volete celebrare il 9 gennaio come festa nazionale della Repubblica Srpska?”. Una domanda apparentemente innocua, se non fosse che il 9 gennaio in questione celebra la decisione presa nel 1992 dai parlamentari serbi di proclamare unilateralmente la Repubblica serba di Bosnia - primo atto di un conflitto conclusosi solo nel 1995.
Poco è importato anche che l’Alta Corte della Bosnia-Erzegovina avesse dichiarato incostituzionale l’istituzione di questa giornata, poiché in aperta violazione dei diritti di croati, bosniaci musulmani e appartenenti ad altre etnie residenti nell’enclave serba.

Enclave che comprende anche la città di Srebrenica, teatro - l’11 luglio 1995 - del genocidio compiuto dalle truppe serbe di Ratko Mladic, durante il quale 8372 uomini e ragazzi bosniaci musulmani vennero separati dalle donne, uccisi e gettati nelle fosse comuni. Per questo Nura Begovic, vicepresidente delle Donne di Srebrenica, definisce il referendum un vero colpo per le vittime e le loro famiglie.

La consultazione, che ha visto la vittoria del sì con oltre il 99% dei voti, rischia di essere un colpo anche per la fragile stabilità del Paese, ancora diviso lungo le linee etniche decise dagli accordi di pace di Dayton - che prevedono la divisione in Federazione croato-musulmana e Repubblica Srpska, oltre all’elezione di tre presidenti, uno croato cattolico, uno serbo ortodosso e uno bosniaco musulmano. Si teme quindi che il referendum possa inasprire le tensioni già in atto, e ostacolare anche il progetto europeo della Bosnia. L’Unione Europea ha infatti dato il via al processo di adesione del Paese, ma il desiderio separatista del presidente serbo bosniaco Milorad Dodik - che si prepara alle elezioni municipali e intanto sogna un referendum sulla secessione nel 2018 - metterebbe in discussione questo percorso.
“Sebbene i toni siano molto accesi - ha dichiarato l’ambasciatore italiano a Sarajevo, Ruggero Corrias - non siamo di fronte al rischio di un conflitto, ma la stabilità nella regione resta nel lungo periodo direttamente proporzionale a quella del progetto europeo”.

Di fronte al referendum, la comunità internazionale ha reagito in modo ambiguo e poco efficace, lasciando di fatto carta bianca a Dodik e all’acuirsi del nazionalismo serbo. In questo quadro - aggravato anche dalle recenti proteste contro la corruzione e la disoccupazione e dal pericolo del terrorismo islamico, che sfrutta il malcontento dei giovani per attrarre nuove reclute -, c’è stato chi ha utilizzato la propria esperienza per ricordare cosa significhino realmente la guerra e le violenze.
Eldin Kurbasic, oggi titolare di un’agenzia turistica a Sarajevo, fu reclutato ancora minorenne durante la guerra nei Balcani. Dalla sua pagina Facebook ha spiegato “cosa vuol dire la guerra”, condividendo sensazioni e situazioni provate durante il conflitto.

“I tuoi genitori guardano la collina devastata da migliaia di granate. E sanno che tu sei lì. In azione. Mentre guardano, pregano che tu torni a casa, anche al prezzo di rimanere invalido, basta che tu rimanga vivo”. “Non è necessario che ti colpisca un proiettile o una scheggia per morire in guerra. Basta lo spostamento d’aria causato dall’esplosione, che ti fa saltare gli organi interni”. “Ritorni dall’azione e l’ordine che ti viene dato è di andare dalla moglie, dalla madre, e dalla figlia del tuo migliore amico e dire loro che il loro marito, figlio e padre è morto. Ti raccomando di portare con te dei sedativi e di somministrarli immediatamente, ma loro comunque cominceranno ad urlare appena ti vedono con due commilitoni e certamente non avrai il sorriso sulle labbra. E allora fermati un attimo e pensa come reagirebbero i tuoi genitori”.
E ancora: “Scambio di caduti. E questo è un modo veramente unico per farti andare fuori di testa. Devi girare almeno 120 cadaveri prima di trovare il corpo del tuo parente. Non entro nei dettagli”.

Le sue parole hanno scosso i Balcani. Ma cosa l’ha spinto a condividere su Facebook la sua esperienza? “L’ho fatto per mia figlia - ha dichiarato Eldin in un’intervista per Dnevni Avaz - il cui futuro è la cosa più importante”. 

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