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Combattere il negazionismo con il ricordo

il Giorno della Memoria in Grecia

Guelfo Zamboni

Guelfo Zamboni

Si avvicina il 27 gennaio, Giorno della Memoria. Riconosciuta anche dalle Nazioni Unite, la ricorrenza viene celebrata in modo diverso nei vari Paesi. Abbiamo chiesto ad Antonio Ferrari, editorialista del Corriere della Sera, di spiegarci come viene vissuto il Giorno della Memoria in Grecia.


Il 27 gennaio il mondo ricorda la Shoah. Come viene celebrato in Grecia il Giorno della Memoria?

La Giornata è ormai una ricorrenza internazionale. La sensibilità in Grecia è molto legata alla comunità ebraica, una delle più estese del Mediterraneo prima delle deportazioni nei campi di sterminio, oggi ridotta a un piccolo gruppo concentrato a Salonicco e Atene.
Gli incontri per le celebrazioni del 27 gennaio sono organizzati proprio dalla comunità ebraica, che propone anche iniziative a livello istituzionale.
Certo, la Giornata è più diffusa in Italia, dove il ricordo della Shoah coinvolge ormai tutti  ma quest’anno in Grecia si svolgeranno manifestazioni in tutto il Paese, per rispondere alla presenza del partito Alba Dorata, che si richiama nei simboli, nel linguaggio, nelle espressioni e in una volontà quasi persecutoria alle camicie brune naziste.


Proprio in merito ad Alba Dorata, come vengono percepite dalla popolazione greca le posizioni negazioniste del partito?

Alba Dorata non è solo un movimento negazionista, ma è un partito paranazista. I suoi membri sono contro gli immigrati, gli ebrei e tutti coloro che non sono greci - basti pensare che i pacchi di generi alimentari distribuiti per le strade del Paese vengono consegnati solo a chi possa dimostrare la propria grecità - e questo va ben oltre la negazione dell’Olocausto.
Per la popolazione la presenza di questo movimento è imbarazzante. I greci non sono antisemiti, ma anzi durante la guerra hanno condiviso dolori e sofferenze con gli ebrei, e sapere che all’interno del Paese - un Paese che ha vissuto la dittatura militare fascista dei colonnelli dal 1967 al 1974 - vengono riproposte teorie di tipo nazista, suona decisamente offensivo. Ecco perché i greci, pur non avendo avuto in questi anni lo stesso coinvolgimento degli italiani - che spesso hanno percepito quasi come una colpa le legislazioni razziali favorite dal fascismo - oggi stanno assumendo un atteggiamento più partecipato, proprio per le ragioni di cui parlavo prima.


Partendo da queste considerazioni, ritiene che il dibattito interno all’opinione pubblica greca sulla memoria della Shoah possa diffondersi, soprattutto tra i giovani?


Credo che la memoria non sia mai abbastanza, e che quindi ci debba essere ancora più partecipazione, soprattutto tra i giovani. Va rafforzata, anche negli ambienti più consapevoli e sensibili al tema, la necessità di discutere sul valore della memoria e sulla lotta contro l’indifferenza. Questo è un discorso che vale per tutta l’Europa, e in particolare per la Grecia a causa del movimento di Alba Dorata. È chiaro infatti che i giovani, che frequentano soprattutto il web e i social network, potrebbero essere contaminati da tutte queste teorie minimaliste o negazioniste che si fanno beffe dell’Olocausto.
È importante cercare di rafforzare il ricordo in tutti i modi, e in questo senso si può leggere anche l’aver trasformato, di fatto, il Giorno della Memoria in una “settimana della memoria”, per sensibilizzare la popolazione - e soprattutto i ragazzi - con tutti i mezzi possibili.


Più in generale, ritiene che le celebrazioni della giornata, così come sono pensate ora, siano efficaci? Oppure crede che sia necessario ripensarle?

La giornata è sicuramente efficace, perché è giusto che ci sia e che sia così, ma questo non deve ostacolare una riflessione più ampia. In questo senso credo che il discorso sui Giusti sia emblematico. Giusto infatti non è solo il gentile che ha salvato la vita agli ebrei, ma anche chi, magari ebreo, ha soccorso altri ebrei o altre persone. Credo che sia importante allargare il discorso filosofico sul giusto e non limitarlo alla definizione che ne danno le Scritture, operazione che Gariwo ha fatto con l’istituzione della Giornata europea dei Giusti il 6 marzo - che non è alternativa al 27 gennaio, ma anzi ne è un arricchimento, un completamento.
In questi giorni sto lavorando con Vera Vigevani Jarach, una donna ebrea che ha perso il nonno ad Auschwitz e la figlia durante i voli della morte nell’Argentina di Videla. Il fatto di poter testimoniare due tragedie così diverse, che non possono essere accostate - la Shoah è il genocidio sistematico di un popolo non perché oppositore ma in quanto etnia da eliminare, ed è l’unico genocidio di questo tipo che conosciamo, la repressione di Videla invece è il piano di annientamento di quanti più oppositori possibili - ricorda l’importanza della grande memoria della Shoah, che può riuscire ad aiutare anche altre memorie, magari più marginali o nate in maniera diversa.
Ecco quindi che, se pensiamo alla memoria come valore universale, arriviamo a riconoscere il giusto come “persona che compie cose giuste”: il gentile che salva l’ebreo, una persona che lotta per i propri diritti come Neda Soltan in Iran, un uomo come Mandela che paga con 27 anni di carcere la sua battaglia per i diritti. È in questo modo che la memoria diventa un valore collettivo, e non il patrimonio di una componente soltanto della società o del mondo.


Parlando di Giusti, lei ha scoperto la figura di Guelfo Zamboni. Quanto è sentito in Grecia l’esempio del console italiano?

La figura di Zamboni è molto seguita, ed è un esempio particolare nel suo genere. Se pensiamo che quest’uomo, fascista - che quindi eseguiva gli ordini come tutti i funzionari dello Stato - non solo si adoperò per salvare gli ebrei italiani, ma realizzò anche documenti falsi per soccorrere gli ebrei greci, ci si rende conto dell’importanza di questa figura. La stessa comunità ebraica di Atene ha ricordato che se oggi esistono ancora ebrei greci nel Paese, lo si deve anche al coraggio di alcuni ufficiali italiani e all’atto di straordinaria umanità di Zamboni.
Il suo caso è quindi particolare perché riscontra in Grecia una grande risposta di solidarietà sociale e collettiva. Zamboni è stato riconosciuto, amato e portato ad esempio dai greci proprio per il passato dei rapporti tra i nostri Paesi. L’Italia ha attaccato la Grecia, i tedeschi sono intervenuti di malavoglia per evitarci la sconfitta - portando le brutalità che ben conosciamo - ma dopo l’8 settembre, quando la Germana ha girato le sue armi contro gli italiani, i greci, che noi avevamo aggredito, hanno cercato di salvarci e di aiutare coloro la cui vita veniva messa a rischio. Ecco perché, quando si parla dei rapporti con l’Italia, in Grecia c’è sempre una particolare attenzione e sensibilità.
Avere quindi scoperto la figura di Zamboni per quello che ha fatto non solo per gli ebrei italiani, ma anche per gli ebrei greci, è molto importante anche in questo senso.


Martina Landi, Responsabile del coordinamento Gariwo

21 gennaio 2014

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