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​Di cosa parliamo quando commemoriamo la protesta di Rosenstrasse

di Nathan Stoltzfus

Il riconoscimento della protesta di Rosenstrasse in occasione della Giornata Europea dei Giusti è una vera e propria pietra miliare. Getta le fondamenta per riconoscere quanto dovuto alle coraggiose donne tedesche che hanno rischiato la vita manifestando, unendosi pubblicamente al destino degli ebrei segnati dalla morte a causa della stella gialla. Il 6 marzo, la Giornata Europea dei Giusti - grazie a Gariwo - segna la morte del grande buon samaritano Moshe Bejski. E per una bella coincidenza storica, segna anche il trionfo della protesta di Rosenstrasse. Fu il 6 marzo 1943 che la Gestapo liberò la stragrande maggioranza degli ebrei detenuti a Rosenstrasse, rimandandoli a casa dai loro consorti non ebrei. Ogni giorno, sin dal primo giorno in cui Hitler fu al potere, e in modo più drammatico anche a Rosenstrasse, chiarirono che non avrebbero mai potuto deportare i loro mariti, “ebrei pieni”, secondo le leggi di Norimberga, senza aprire un altro fronte d’instabilità in patria.

Contesto storico

Prima della tetra alba del 27 febbraio 1943, un Sabbath, circa 300 camion coperti per il trasporto di mobili gestiti dalle SS, dalla Gestapo e dalla polizia di Berlino si aprirono a ventaglio in una massiccia operazione d’arresto destinata a eliminare da Berlino ogni persona che indossasse la Stella di David. Gli ebrei furono prelevati dal loro posto di lavoro e dalle loro abitazioni e chi veniva visto indossare la Stella veniva inseguito e gettato su camion che si aggiravano per le strade. Fu in realtà l’inizio della fine per circa 8.000 dei 10.000 ebrei arrestati a Berlino. La maggior parte di coloro che quel giorno lasciarono le loro case per andare al lavoro, ignari che fosse per l’ultima volta e quindi senza dare un ultimo sguardo speciale o dire addio, finirono presto nei forni di Auschwitz.

Con le loro medaglie al valore e i fucili a baionetta, la Leibstandarte di Hitler, la divisione più elitaria delle SS, aiutò la Gestapo e la polizia di Berlino a pungolare e stipare gli ebrei sui camion coperti che mascheravano con una tela sottile il trasporto di esseri umani, mentre rimbombavano pesantemente attraverso la città alla volta dei centri di raccolta per i deportati. C’erano ossa rotte, rigoli di sangue, suicidi. La gente si buttava nelle braccia della morte, si gettava di fronte ai camion, inghiottiva cianuro di nascosto per liberarsi da un tale momento di orrore. In questo scenario di morte, come scrisse subito dopo la guerra un ebreo sposato con una non ebrea detenuto a Rosenstrasse, molti percepirono solo che la Germania stava eroicamente facendo la storia: “Si era in guerra, conquistando province, ‘facendo la storia’, in un rapporto intimo con i millenni. E il pubblico trascurò l’improvviso bagliore di una minuscola torcia da cui sarebbe potuto divampare il fuoco di una resistenza generale contro la tirannia arbitraria”[i].

Disperazione e paura incombevano sulla città, ma una parte della popolazione era armata: ogni giorno, da quando Hitler era salito al potere, le donne di Rosenstrasse avevano messo in atto quello che si poteva definire “andare contro la paura”, rifiutando di collaborare con i regolamenti nazisti e le norme sociali naziste in rapida evoluzione. Hitler ordinò a Goebbels di chiudere la deportazione degli ultimi ebrei a Berlino solo dopo la fine della guerra sul fronte orientale. Sembrava fosse imminente alla fine di settembre del 1942, quando Speer ricordò che Hitler ordinò a Saukel di deportare tutti gli ebrei che lavoravano ancora nelle fabbriche di armamenti nelle località dell’est. Con questo [Hitler] intendeva soprattutto gli ebrei di Berlino”[ii].

Il 5 novembre, quando il Reich previde che un’ultima spinta avrebbe condotto alla vittoria a Stalingrado, che si trovava chiaramente tra macerie e rovine, Heinrich Himmler emise un decreto per “L'eliminazione degli ebrei dal Territorio del Reich”. Persino gli ebrei detenuti e i Mischlinge stavano per essere espulsi dall’insanguinato corpo politico tedesco che i nazisti sostenevano che gli ebrei stavano paralizzando come una pestilenza. Gli uomini di Himmler pianificarono una serie di arresti in diverse città tedesche, che chiamarono “Arresti per l’eliminazione degli ebrei dal Territorio del Reich”.

Berlino, dove il Ministro della Propaganda Joseph Goebbels era il Gauleiter (capo regionale nazista), era l’obiettivo principale. I Gauleiter avevano ampia autorità nel decidere quando deportare gli ebrei dalle loro stesse regioni, quando dichiarare le loro regioni “Libere dagli ebrei” e persino nel definire quel termine. Per perseguitare gli ultimi ebrei di Berlino, Goebbels, come Hitler, attese il trionfante soccorso che avrebbe spazzato il popolo dopo la vittoria a est. Tuttavia i tedeschi furono sconfitti a Stalingrado, forse la più grande debacle nella storia militare. Quando gli ultimi tedeschi si arresero il 2 febbraio 1943, Goebbels scrisse che Sepp Dietrich “offre persino di mettere una compagnia della Leibstandarte [Hitler] a mia disposizione, così che io possa conseguire il mio obiettivo con la forza bruta, che non è esattamente il mezzo adeguato con cui prevalere nelle circostanze attuali”. Goebbels pensava che le vittorie di guerra dessero maggior licenza di usare la forza. Sulla scia della straordinaria vittoria della Germania sulla Francia nella primavera del 1940, disse al Gauleiter che erano ora liberi d’inasprire i controlli sulle chiese[iii].

Goebbels, Hitler e gli altri avevano pensato che Stalingrado sarebbe stato un altro trionfo simile per liberare il territorio del Reich da tutti gli ebrei, compresi i casi più difficili, quelli sposati con non ebrei. Con l’atteso trionfo in mente, Goebbels si accordò con Dietrich per una dimostrazione di forza bruta per reprimere qualsiasi rivolta da parte di lavoratori ed ebrei. Il 18 febbraio dichiarò che “Gli ebrei a Berlino saranno espulsi una volta per tutte. Con la data ultima del 28 febbraio dovrebbero essere prima raccolti nei campi e poi deportati, fino a 2.000 di loro, gruppo dopo gruppo, giorno dopo giorno. Mi sono prefisso l’obiettivo di rendere Berlino completamente libera dagli ebrei entro la metà o la fine di marzo al più tardi”.

La sfida sul fronte principale era un gruppo che il regime aveva “temporaneamente” esentato dalle deportazioni: gli ebrei in matrimoni misti. Goebbels si riferiva agli ebrei nei matrimoni misti, metà dei quali viveva a Berlino, come “questioni delicate”. Questa accortezza fu dimostrata all’inizio di novembre 1942 dopo il rilevante suicidio dell’attore di teatro e cinema Joachim Gottschalk, con la moglie e il figlio. Un paio di settimane dopo, Hitler disse a Goebbels che gli ebrei di Berlino dovevano essere eliminati con forza e rapidità evitando “inutili difficoltà”. Goebbels, come Gauleiter di Berlino, doveva procedere con cautela contro gli ebrei in matrimoni misti, in particolare quelli dei “circoli artistici”. Spingendo Gottschalk a divorziare, Goebbels aveva invece causato diversi suicidi che scioccarono il pubblico. I colleghi di Gottschalk ignorarono il divieto ufficiale di partecipare al funerale di Gottschalk.

Gli ebrei in matrimoni misti erano i più odiati fra tutti gli ebrei e sarebbero stati deportati per primi se non fosse stato per i problemi politici che questo avrebbe suscitato. Goebbels pensava che i matrimoni misti già di per sé potessero distruggere il carattere nazionale,[iv] e Himmler si lamentava che fosse attraverso i matrimoni misti che il popolo aveva sviluppato dei sentimenti nei confronti degli ebrei. Nel novembre del 1941, Goebbels scrisse che “Chiunque indossi una Stella di David è contrassegnato come “nemico del popolo”. Chiunque vada ancora in giro con [un ebreo] in privato nella vita di tutti i giorni appartiene a lui e deve essere valutato e trattato come un ebreo. Si guadagna il disprezzo di tutto il popolo, che abbandona nella vigliaccheria nel momento più difficile, mettendosi al fianco di chi disprezza”[v].

Durante la conferenza di Wannsee del 20 gennaio 1942, durata 90 minuti, Rheinhard Heydrich annunciò i piani per uccidere undici milioni di ebrei europei. Eppure trascorse circa il cinquanta per cento dell’incontro presentando le strategie del regime su come gestire i trentamila ebrei tedeschi sposati con non ebrei, senza provocare dissenso o suscitare discussioni sul destino del popolo ebraico. Nell’interesse di “una completa risoluzione del problema [ebraico]”, disse Heydrich, anche gli ebrei provenienti da matrimoni misti devono essere uccisi, sebbene possano essere mandati a Theresienstadt, in considerazione degli effetti che avrebbe la deportazione sui parenti tedeschi!”[vi]. Il Ministro degli Interni Wilhelm Stuckart propose una legge che avrebbe annullato tutti i matrimoni misti. Ma il Ministero della Propaganda di Goebbels si oppose a causa di “ragioni politiche, soprattutto considerata la posizione che ci si aspettava prendesse il Vaticano”. Il regime attendeva che il consorte non ebreo chiedesse il divorzio “per evitare l’impressione [pubblica] esterna di un divorzio dovuto a coercizione”. Il ministro della giustizia sostituto Franz Schlegelberger concordò, all'inizio dell’aprile del 1941, che “anche se [il divorzio obbligatorio] avrebbe spezzato il legame giuridico, non poteva certamente spezzare i legami interni… le persone sposate da molto tempo, che hanno resistito lunghi anni insieme, dovrebbero restare salde ai loro consorti ebrei”[vii]. A luglio, Himmler, che il 9 giugno 1942 aveva annunciato la sua determinazione a sterminare tutti gli ebrei d’Europa entro l’anno seguente, aveva vietato qualsiasi legge che annullasse i matrimoni perché avrebbe potuto limitare le sue possibilità di agire a sorpresa al momento opportuno.[viii]

Non sorprende che il regime fosse determinato a non attirare l’attenzione sui matrimoni misti tedeschi (30.000 nel 1938). Queste coppie disobbedirono apertamente alla legge del 1935 contro i Rassenschande (rapporti sessuali tra ebrei e non ebrei) e alla legge del 1941 che proibiva i “rapporti amichevoli” tra ebrei e non ebrei, le qual cose potevano portare alla morte. I loro figli “mezzi-ebrei”, in particolare, erano la rovina per l’ideologia e i suoi burocrati che chiedevano distinzioni perentorie fra chi era ebreo e chi era “di sangue tedesco”. I non ebrei che rischiavano tutto per rimanere con gli ebrei non erano certo uno stendardo che i nazisti volevano sbandierare, dato che in qualsiasi momento sarebbero potuti sfuggire alle glorie della comunità nazionale di Hitler chiedendo semplicemente il divorzio. In effetti la politica nazista prevedeva di deportare subito qualsiasi ebreo il cui consorte avesse divorziato. Come gruppo, gli ebrei provenienti da matrimoni misti erano rinviati “temporaneamente” mentre il regime cercava l’opportunità giusta per eliminarli e nel frattempo venivano deportati uno a uno se i loro consorti indicavano attraverso il divorzio che non avrebbero più protestato o fatto domande che avrebbero attirato l’attenzione sul genocidio nazista.

Il regime attendeva il divorzio da questi tedeschi per risolvere la questione dei matrimoni misti, minacciandoli e insultandoli per il divorzio. La Gestapo promise a una donna che suo figlio Mischlinge “mezzo ebreo”, Hans Oskar Löwenstein de Witt, che indossava la stella gialla, sarebbe stato mandato a scuola per diventare un ufficiale dell’esercito, nel caso lei avesse divorziato. Di norma, gli uomini della Gestapo, con i loro stivali militari e i vaporosi pantaloni alla cavallerizza, molestavano e minacciavano le consorti non ebree. Dopo che le venne ordinato di comparire nell’imponente edificio delle SS e della Gestapo in Prinz-Albrecht-Strasse, Elsa Holzer venne molestata e lasciata a sedere per ore intrisa nel sudore, fino a quando la paura crescente che la Gestapo catturasse suo marito mentre era via la fece precipitare a casa, senza aspettare il permesso di andarsene. La donna “di sangue tedesco” sposata con un ebreo, Eva Klemperer, moglie del famoso diarista Victor Klemperer, si trasferì con lui in una “casa ebraica”, una delle case assegnate agli ebrei all’inizio del 1939.

Aspetto estremamente seccante per i nazisti, solo circa il 5-7 per cento delle coppie in matrimoni misti divorziò. Altri avevano provato, e Goebbels cercò in seguito di separare queste coppie. Si aspettava che la divisione SS Leibstandarte, nota per le sensazionali vittorie sul fronte orientale, intimidisse qualsiasi rivolta di operai ed ebrei. Ma i suoi diari non fanno menzione di nessuna preoccupazione su una possibile insurrezione delle donne provenienti da matrimoni misti. Infine Goebbels voleva fare pressione sui non ebrei affinché abbandonassero i loro consorti ebrei, in considerazione del fatto che la stragrande maggioranza degli stessi aveva resistito, anno dopo anno, subendo le pressioni dei vicini e dei colleghi che li circondavano, oltre alla crescente propaganda e all’inasprimento dei provvedimenti ufficiali economici e di altro tipo volti a isolare gli ebrei. In linea con la decisione di Goebbels di liberare Berlino da tutti coloro che indossavano la stella gialla, la Gestapo di Berlino definì il massiccio arresto iniziato nella città il 27 febbraio 1943 Roundup Finale degli Ebrei di Berlino.

La sfida delle donne di Rosenstrasse

Mentre a Berlino circolavano le prime indiscrezioni sugli arresti, le tedesche sposate con ebrei arrivarono da sole o in coppia a Rosenstrasse 2-4, un edificio amministrativo ebraico diventato un centro di raccolta per le deportazioni. Si ritrovarono in mezzo a una piccola ma crescente folla. Prima di partire per la notte, diverse donne promisero d’incontrarsi nello stesso punto all’inizio della giornata successiva per far sentire la propria voce. Gli ebrei arrestati venivano generalmente trattenuti per due giorni nei centri di raccolta prima di essere radunati sui treni da cui nessuno era più tornato e dovevano dunque agire rapidamente.

Annie Radlauer raggiunse Rosenstrasse domenica mattina presto. Quando scese dal treno alla stazione di Börse, udì un coro di voci che si fece sempre più chiaro mentre si avvicinava a Rosenstrasse: “Ridateci i nostri mariti. Rivogliamo i nostri mariti”. Era una dichiarazione di lealtà che sarebbe cresciuta fino a raggiungere contemporaneamente diverse centinaia di donne per le strade e sarebbe stata vista e sentita da migliaia di tedeschi, per non parlare dei diplomatici e dei giornalisti stranieri nella capitale del Reich.

Giorno e notte, per una settimana, le tedesche sposate con ebrei continuarono la loro protesta. In vari momenti le guardie armate gridarono: “Abbandonate le strade o spareremo!”, mandando così le donne ad arrampicarsi in vicoli e cortili. Ma dopo poco ricominciarono a uscire, si ammassarono e chiamarono i loro mariti, che le sentirono e nutrirono speranze. Georg Zivier, uno degli ebrei detenuti, scrisse nel 1945 che “le grida di accusa delle donne coprirono il rumore del traffico come dichiarazione appassionata di un amore rafforzato dall’amarezza della vita”. Un uomo della Gestapo, colpito dalla manifestazione di protesta, fu costretto a vedere la propria indiscussa lealtà verso il regime sotto una nuova luce. “I tuoi parenti sono là fuori a protestare per te”, disse a Rita Kuhn, una ragazza. “Vogliono che torni - questa è la lealtà tedesca”.

Il regime agì con l’inganno per ridurre al minimo la resistenza. La Dott.ssa Margaret Sommer, direttrice del Catholic Relief Office del vescovo Preysing, scrisse il 2 marzo che si trattava di un’operazione di “evacuazione di entità e gravità mai viste prima”. Questa volta non venne data alcuna considerazione speciale a coloro che appartenevano a un matrimonio misto, “questa volta i consorti venivano separati”. Una settimana prima, alla Sommer era stato detto che “i matrimoni misti non sarebbero stati coinvolti nell’incursione pianificata”, ma si era ora resa conto che “stava accadendo il contrario”[ix].

La protesta riuscì tuttavia a invertire i piani della Gestapo. Come spesso accade con le manifestazioni pubbliche, divise la leadership sulla possibile reazione suscitata. Se non ci fossero state proteste, gli ebrei sarebbero stati mandati via. Stando così le cose, Goebbels decise di rilasciare gli ebrei il 6 marzo, come scrisse nel suo diario il giorno stesso e come decine di certificati di rilascio confermano. “L’SD ritiene che sia giunto il momento di procedere con l’evacuazione degli ebrei”, scrisse. “Le persone si sono radunate in grandi folle e si sono persino schierate con gli ebrei in una certa misura. Farò in modo che la polizia non continui le evacuazioni degli ebrei in un momento così critico. Sarebbe meglio rimandare per alcune settimane, in modo tale da poterlo fare poi ancora più accuratamente. Bisogna intervenire ovunque, per scongiurare i danni... La malattia della nostra leadership e soprattutto della nostra amministrazione consiste nell’operare secondo lo Schema F [eseguendo gli ordini come dati a prescindere dalle circostanze mutevoli]”[x].

Tre giorni dopo, Goebbels aggiunse: “Parlo delle notizie su Berlino con [Leopold] Gutterer [Vice di Goebbels al Ministero della Propaganda e per la Regione/Gau di Berlino]... Il Führer ha la più ampia comprensione per le questioni psicologiche della guerra e si è espresso in modo molto deciso sull’imprudenza tattica delle persone importanti e delle loro mogli... Nella questione ebraica approva le mie azioni e mi dà in particolare mandato di liberare Berlino dagli ebrei... Descrivo le mie azioni al Führer come generose nei confronti del popolo, dure nei confronti di chi ha sbagliato. Anche il Führer lo considera completamente corretto”. In un’intervista fattagli dopo la guerra, Gutterer disse che Goebbels liberò gli ebrei per sbarazzarsi delle proteste. Dopo che gli fu mostrato il riferimento di Goebbels a lui riportato sul suo diario, Gutterer aggiunse che Hitler appoggiò la decisione di Goebbels, ma sottolineò che doveva ancora eliminare tutti gli ebrei da Berlino.

Goebbels razionalizzava il rilascio degli ebrei in matrimoni misti poiché in seguito avrebbe dato un colpo di spugna. Ma non lo fece, lamentandosi il 18 aprile 1943 che “La questione ebraica a Berlino non è ancora del tutto risolta... Non voglio che gli ebrei con la stella ebrea possano ancora girare nella capitale del Reich. Si deve togliere la Stella di David e quindi privilegiarli o d’altro canto evacuarli dalla capitale del Reich una volta per tutte”. Senza ulteriori deportazioni, tuttavia, Goebbels dichiarò Berlino “libera dagli ebrei” il mese successivo. Gli ebrei in matrimoni misti rilasciati da Rosenstrasse 2- 4 sopravvissero, furono registrati ufficialmente e vissero con razioni ufficiali.

Su Rosenstrasse le manifestanti avevano tutte le ragioni per pensare che i loro familiari ebrei stessero per essere mandati via per non essere mai più visti. Avevano tutte le ragioni per pensare di mettere a repentaglio la propria vita a Rosenstrasse. Inoltre, presero provvedimenti con l’idea non di salvarsi, ma di salvare gli altri. Presero provvedimenti per l’empatia positiva che sentivano verso gli emarginati numero uno dello Stato e della società: gli ebrei. Giunsero per mostrare ai loro consorti ebrei detenuti che non li avrebbero abbandonati e speravano che forse avrebbero potuto riavere i loro mariti mentre le guardie minacciavano di ucciderli, ma poi non lo fecero.

Queste donne dimostrarono un’umanità straordinaria. Parlare della protesta di Rosenstrasse significa parlare di una brillante compassione in un’oscurità soffocante. La loro Protesta è come un Koan Zen o una parabola biblica. Suscita dubbi su ciò di cui siamo già estremamente sicuri, se glielo permettiamo. È una brusca inversione di - aspettative capovolte.

Il significato della protesta 

Supponiamo che la loro protesta non abbia significato nulla per la Gestapo, che siano state solo una seccatura per la tanto occupata Gestapo, ostacolando i burocrati coscienziosi nel centro di Berlino. Questo è ciò che il direttore del Jewish Desk della Gestapo di Berlino, Walter Stock, testimoniò poco dopo la guerra. Supponiamo quindi che la Gestapo non intendesse ferire neanche uno degli ebrei detenuti. La domanda rimarrebbe ancora sospesa: durante questa guerra in che altro caso possiamo vedere cotanta compassione? In che altro caso possiamo ritrovare una tale nobiltà?

Più la società ha voltato le spalle, più queste persone in matrimoni misti sono state costrette a mostrare il volto della commiserazione, l’esatto contrario. Poiché i loro cari erano nelle grinfie della Gestapo, queste mogli furono costrette all’estremo opposto a dimostrare ai membri della famiglia ebrea che non li avrebbero mai abbandonati[xi]. Pensare alla protesta significa ricordare una sorprendente dimostrazione di compassione. Una persona che dà il massimo per contrastare il peso di un’intera società che procede incurante di tutto ciò che accade. Le masse sono state insultate andando avanti, abituandosi all’esclusione e alla persecuzione come se fosse la nuova norma, affrettandosi impazientemente verso l’Armageddon.

Queste donne che salvarono vite umane sembravano essere le meno potenti, le più emarginate. Ma non ottennero il loro salvataggio in una protesta. Sfidarono ogni mossa del regime per costringerle al divorzio e il regime continuò a fare eccezioni per consentire a loro volta i loro matrimoni. Nel corso di diversi anni, si evolvettero enormemente. Giorno dopo giorno affrontarono incertezze e sfide, ben oltre le loro capacità. Ogni giorno le preparò a una maggiore resistenza. Eppure poco o niente sembrava o suonava eroico nelle loro vite quotidiane.

Sì, la protesta di Rosenstrasse è una sfida alla saggezza comune e all’immaginario collettivo. Un amico una volta paragonò la storia di Rosenstrasse alla commedia horror degli anni ‘70, “L’attacco dei pomodori assassini”. Una protesta che avrebbe potuto essere falciata da una mitragliatrice era una minaccia tanto credibile quanto quella di pomodori grondanti infuriati. Questo è l’immaginario collettivo su chi fossero i nazisti. La Gestapo era un rullo a vapore, ogni segnale di opposizione veniva schiacciato. Hitler non avrebbe potuto esercitare la stessa potenza o provocare così tanta distruzione se non avesse conosciuto altre tattiche se non quella della forza bruta - se fosse semplicemente scattato sulla Gestapo ogni volta che c’era opposizione in patria.

Naturalmente il risultato di questa protesta per gli ebrei di Berlino all’inizio del 1943 trova un contesto che lo rende comprensibile. Viene trascurata troppo spesso perché è la storia di una minoranza. Ostacola la politica al servizio delle circoscrizioni di massa. Ci sono anche contesti fondamentali per capire questa protesta e il suo risultato. In primo luogo, il destino degli ebrei tedeschi in matrimoni misti è un’eccezione. Più di 160.000 ebrei tedeschi morirono. Solo circa 13.000 dei tedeschi identificati come ebrei dal regime sopravvissero apertamente nel Reich. Ma il 98 percento di questi proveniva da matrimoni misti. Il matrimonio misto con un gentile è il contesto immediato e a più lungo termine per comprendere questa storia.

Un SECONDO contesto importante è che la Gestapo non sempre respinse gli atti di aperta sfida alle offerte di Hitler. In questo caso, infatti, la Gestapo attese che i Gentili sposati con ebrei abbandonassero i loro consorti. Questo era il suo piano: spaventare e intimidire queste persone sposate finché non divorziavano. Il regime continuò ad aumentare la pressione sugli ariani tedeschi affinché divorziassero, ma solo una frazione lo fece. La pressione per farli capitolare fu portata al massimo quando la Gestapo detenne tutti i consorti ebrei a Rosenstrasse.

Ma le mogli fecero sapere alla Gestapo che non erano ancora pronte ad arrendersi, non erano ancora pronte ad accettare la separazione. Con l’accordo di Hitler, Goebbels disperse la manifestazione per zittirla, in modo tale che non si venisse a saperne, disse Gutterer dopo la guerra. Tale concessione fu una chiara anomalia per il regime. Ma non furono solo i tedeschi a obbedire. Si consideri, ad esempio, l’accordo di riconciliazione di Monaco del 1938 o il Patto con Stalin dell’anno successivo. Hitler ottenne la riconciliazione che desiderava dalle maggiori potenze estere di tutto il mondo, non solo dai tedeschi.

Quindi queste manifestanti ribelli furono straordinarie. Insolite, assolutamente uniche. Si distinsero. Nessun altro era come loro. C’erano altri tedeschi che non avevano mai trovato nulla che piacesse loro di Hitler. Si trattava di una piccola parte. Ma pochi o nessun altro sfidò apertamente e costantemente il regime dall’inizio del Terzo Reich come fecero i non ebrei in matrimoni misti.

Non c’è dubbio che sia stato incredibilmente difficile non andare d’accordo con le masse. Nessuno sapeva esattamente dove tracciare la linea di separazione. Anche se si avesse il fastidioso sentore di dover cominciare a resistere - quale passo del lungo cammino ci si rifiuterebbe di fare? Sebastian Haffner, nel libro di memorie Un tedesco contro Hitler, ha ricordato una serie di pressioni familiari e situazionali che lo hanno portato a fare un passo apparentemente innocuo dopo l’altro. Alla fine, tuttavia, si è trovato a marciare in formazione con la SA che intimidiva l’opposizione di cui desiderava far parte.

Questi tedeschi non ebrei in matrimoni misti che protestarono non si dichiararono eroi, né politici. Avevano la resistenza su di loro. Dovevano diventare politici quando la nuova dittatura attaccò le loro vite personali. Era il 1933, dieci anni prima della protesta della Rosenstrasse. Vero, questi Gentili erano un gruppo auto-selezionato che sposò degli ebrei. Nonostante questo particolare gruppo di persone, è importante notare come avessero motivazioni che altri tedeschi non condividevano. Altri tedeschi non erano motivati a resistere dalle loro famiglie, ma erano più probabilmente spinti ad andare avanti.

Ciononostante, la storia di queste donne e della loro protesta mostrano una rara dimensione di ciò che era possibile nel Terzo Reich. Potremmo tutti pensare che un simile comportamento sia impossibile - protestare per la liberazione pubblica degli ebrei, giorno dopo giorno - tranne per il fatto che venne dimostrato che non era impossibile, se ci si esercitava ad andare contro la paura, ogni giorno per dieci anni, andando contro il terrore, per il bene di una vita.

E anche questo è ciò di cui parliamo quando parliamo di Rosenstrasse. Sono proprio le possibilità di azione mostrate da queste coppie in matrimoni misti a metterle nei guai. Accadde dal 1933, e ancora oggi è così. Le loro azioni, anche se non intenzionalmente, continuano a rappresentare un rimprovero per la stragrande maggioranza di coloro che affermano che tale sfida non è mai stata possibile. Avendo la stragrande maggioranza delle persone dalla propria parte, è facile trascurare questo manipolo di donne. È facile diffondere dubbi e chiedere ulteriori studi quando decine di milioni di tedeschi sanno che una protesta è impossibile come i pomodori assassini - solo un manipolo, un granello di sabbia e una goccia nello stagno, dice qualcosa di diverso, come milioni e milioni dicono: ‘no, era impossibile’.

Hitler guidò la nazione verso il nazismo, abbattendo l’opposizione con il terrore, realizzando imprese apparentemente magnifiche per la Germania. La maggior parte dei tedeschi procedeva giorno dopo giorno, passo dopo passo. Questo potrebbe essere rappresentato come una danza, una metafora goffa. Hitler decise d’insegnare alle persone “di sangue tedesco” la danza nazista e aveva intenzione di fermarsi se fossero inciampati sulla pista da ballo.

Sin dal primo giorno, tuttavia, i tedeschi in matrimoni misti sono stati provocatori. All’inizio era chiaro che il regime aveva intenzione di distruggere le loro famiglie. Dopotutto, queste famiglie erano un’unità del non umano e del superumano, agli occhi nazisti. Ma come mi disse una donna proveniente da un matrimonio misto, la sua famiglia era l’essenza stessa, il significato preciso della sua vita. Si esercitarono nella resistenza perché, come diceva Elsa, agivano con il cuore.

Ciò non solo sviluppò le loro capacità di sfida, ma creò un modello di concessioni del regime per accogliere questa sfida. Si tratta di un punto chiave. Questa è una storia di sfida fin dal primo giorno, in contrapposizione con gli accomodamenti del regime in risposta. Questo è anche un contesto fondamentale per capire la protesta di Rosenstrasse. La stragrande maggioranza stava sviluppando la capacità personale di andare avanti, mentre queste coppie si mossero nella direzione opposta, controcorrente. Anno dopo anno, praticarono il non conformismo - verso lo Stato e la società, allenando i muscoli della resistenza, lavorando sulla loro capacità di non conformarsi, spingendo il regime a fare strada mentre continuava a dare impulso alle minacce e alle promesse di farli divorziare volontariamente - senza fare scenate e attirare l’attenzione sui matrimoni misti.

Queste donne misero in atto il coraggio civile, giorno per giorno. Non lo si può veder crescere in un colpo solo più di quanto non si possano vedere le cellule del sistema immunitario svilupparsi giorno dopo giorno a occhio nudo. La nozione di organizzazione e la sua immagine spesso presuppongono un’azione drastica che inverte la fortuna seduta stante. Questo è uno dei motivi per cui la cospirazione del 20 luglio è tanto piacevole quanto l’immagine della resistenza: esplosioni e omicidi sul posto, come se fossero fatti per la TV.

Nessuno fu presente per notare la triste miseria di Elsa Holzer al suo ritorno a casa dopo che la sua famiglia l’aveva espulsa e le aveva detto di non tornare mai più. Invece i vicini le sputarono addosso, mettendo escrementi sulla soglia di casa sua. O come nel caso di Wally Grodka, un’altra manifestante di un matrimonio misto, i cui vicini celebrarono la morte del suo neonato. Sì, festeggiarono insieme. Dopo la guerra, i vicini che avevano molestato Elsa e, peggio ancora, che desideravano comportarsi come se nulla di tutto ciò fosse mai accaduto: “Ach, ciao Elsa, che bello vederti!”.

Questo fa emergere un altro punto su ciò di cui stiamo parlando quando parliamo di Rosenstrasse. Stiamo parlando del modo in cui funzionano le società. Non solo i tedeschi, ovviamente, ma gli esseri umani in generale. Sotto la condanna dell’opinione pubblica mondiale e il senso del decoro umano, pochissimi tedeschi, dopo la guerra, vollero sapere di eventuali possibilità di sfida nella vita quotidiana degli anni nazisti. Invece di salutare le donne in matrimonio misto come eroine, si rivolsero a loro per rappresentare un rimprovero su ciò che era davvero possibile. Queste donne di Rosenstrasse divennero come la famiglia di Jedwabne in Polonia, emarginata per generazioni perché durante la guerra aveva contribuito a salvare gli ebrei.

Dopo la guerra, il governo cambiò, le persone adattarono le loro ambizioni alla democrazia capitalista nella Repubblica Federale. Ma gli stigmi contro la protesta e il non conformismo proseguirono. Chiunque raccontasse che dei civili disarmati avevano apertamente, anche se collettivamente, sfidato la Gestapo, era una sorta di “pecora nera”, veniva ripudiato da molti, molti milioni di testimoni contraddittorie - milioni di persone cresciute sentendo che una cosa del genere era impossibile.

Il dott. Gerhard Lehfeldt risultò ancora indesiderato dopo la guerra. Avvisò il Vaticano e altre autorità ecclesiastiche del genocidio nazista durante la guerra, scrivendo nel marzo del 1943 che il regime intendeva deportare i membri della famiglia ebrea di non ebrei a Berlino. Nel settembre del 1946, un anno dopo la guerra, Lehfeldt scrisse una lettera al vescovo Theophil Wurm sottolineando la terribile situazione dei membri della chiesa che durante la guerra erano stati perseguitati come cristiani non ariani, cioè persone di origine ebraica convertite in Cristiani, ma che sotto il dominio nazista si diceva fossero ebrei. Sei giorni dopo, il vescovo Wurm reagì con una lettera a Eugen Gerstenmaier, che sarebbe presto diventato Presidente del Parlamento della Germania occidentale, dicendo che Lehfeldt doveva essere visto con scetticismo (mit vorsicht zu geniessen). Il rapporto di Lehfeldt, che collegava anche le proteste di strada con l’interruzione di questi piani nazisti, rimase negli archivi vaticani per decenni e ancora oggi continua a sfidare l’opinione diffusa.

Alla fine degli anni ‘90, Der Spiegel riferì di coloro che ricevettero pensioni per le perdite durante la guerra. La vedova di Roland Freisler, che tenne attive undici ghigliottine nel Reich con le sue condanne dei tedeschi per tradimento, ricevette una pensione sulla base della convinzione che se fosse vissuto, Frau Freisler avrebbe effettivamente avuto un grosso stipendio, nella nuova Germania.

Al contempo, il tribunale rimproverò una donna che era stata sposata con un ebreo per aver cercato di ottenere una pensione: il tribunale voleva sapere perché non avesse semplicemente divorziato dal consorte ebreo. Aveva la possibilità di scelta! Non aveva realmente bisogno di una pensione, perché avrebbe potuto divorziare. La commemorazione della protesta di Rosenstrasse rappresenta un nuovo trampolino per interpretare la storia della Germania nazista tenendo in considerazione la protesta popolare, una forza così presente che la mente della propaganda nazista aveva messo in guardia più tardi in quello stesso anno da ulteriori concessioni alle proteste di strada. Non erano diffusi casi di dissenso sociale e di non conformismo di massa così audaci da non poter essere ignorati dal regime.

Ma già il 2 novembre 1943 si erano verificati abbastanza spesso da indurre il Ministro della Propaganda Joseph Goebbels a preoccuparsi che le persone fossero già sicure di poter usare la strada per affermare con successo la propria volontà di andare contro il regime: “Le persone sanno esattamente dove trovare il punto debole della leadership e lo sfrutteranno sempre”, scrisse. Questo fu provocato da un’altra protesta di successo di centinaia di donne, a Witten, nell’ottobre del 1943, che portò Goebbels a scrivere preoccupato nel suo diario, il 2 novembre 1943, che le persone sapevano esattamente dove trovare il “punto debole” del regime e seguivano una strategia per costringerli a seguire la volontà popolare. “Se rafforzassimo le nostre posizioni dove siamo stati finora flessibili, allora la volontà delle persone si piegherebbe alla volontà dello Stato. Attualmente siamo sulla strada migliore per piegare la volontà dello Stato alla volontà della gente. Cedere di fronte alle persone era sempre più pericoloso”, scriveva Goebbels, poiché ogni volta che accadeva, lo Stato perdeva parte della propria autorità - e alla fine poteva perdere tutto il potere.

In conclusione, ciò di cui parliamo quando parliamo di Rosenstrasse è l’interesse della maggioranza e delle loro istituzioni a trascurare questa protesta. Per decenni nessuno l’ha commemorata in alcun modo. Poi alcuni privati di propria iniziativa si sono presi la briga di fare ricerche e di parlarne. Al Memoriale della Resistenza tedesca di Rosenstrasse a Berlino non viene neppure menzionata. Sembra piuttosto una favola all’interno di un piccolo volume su due distretti dell’ampio territorio di Berlino. Quando parliamo della protesta di Rosenstrasse, parliamo di una storia che è stata messa da parte. Come scrisse uno storico, è plausibile che il non parlare di questa protesta non sia dovuto al fatto che le manifestanti non abbiano fatto saltare nulla. Ma al fatto che fossero donne.

Questo fa venire in mente la storia della tregua natalizia sul fronte occidentale del 1914. Un Ngram di Google indica come la storia dei tedeschi che incontravano alleati occidentali fra le trincee in prima linea sia stata menzionata a malapena fino al 1997, quando improvvisamente la sua comparsa sui libri ha portato a una crescente tendenza che mostra ancora oggi un interesse continuo e in aumento. Questa non era una storia facilmente credibile o trasformabile in una narrazione dominante. Il recente interesse per la tregua natalizia del 1914 non è dovuto tanto a nuove ricerche quanto a una nuova ricettività. Nonostante le diverse lettere di coloro che erano lì, la storia di soldati di fazioni opposte che invocavano una tregua per celebrare un Natale comune venne ampiamente taciuta per quasi un secolo.

All’inizio del secolo, il governo di Gerhard Schroeder lanciò un appello per commemorare e promuovere il coraggio civile. Si potrebbe pensare che le donne provenienti da matrimoni misti a Rosenstrasse abbiano fatto una bella figura. Sotto il titolo di eroi silenziosi, il Memoriale della Resistenza tedesco ha scavato in profondità per scoprire tutti coloro che nascosero gli ebrei e che poi lo fecero vedere, e naturalmente questi furono eroi che rischiarono tutto. Ma non si fa menzione di Rosenstrasse, dove la protesta ebbe successo non perché furono silenziose, ma proprio perché chiesero a gran voce di essere ascoltate, apertamente.

Indussero il regime a temere che gli altri avrebbero seguito il loro esempio perché agirono apertamente. Esistono vari tipi di coraggio civile e poiché c’è la possibilità che vengano emulati o che altri vi si uniscano, l'opposizione aperta dovrebbe essere respinta. E ora vediamo le donne che protestarono come l’avanguardia, mentre le proteste contro la tirannia si diffondono in tutto il mondo. Scartiamo infine il rimprovero che queste donne avrebbero potuto divorziare dai loro consorti ebrei, il che conforta la maggioranza. È più appropriato, sostengo, celebrare i dodici anni di queste donne sotto il dominio nazista come una delle più grandi manifestazioni di nobile compassione nella storia umana.

[i]Georg Zivier, Sie, dicembre 1945, “Der Tag ging weiter, man war im Kriege, eroberte Provinzen, »machte Geschichte«, war mit den Jahrtausenden auf du und du. Und es entging der Öffentlichkeit das Auflodern einer kleinen Fackel, an der ein Feuer des allgemeinen Widerstands gegen Tyrannenwillkür sich vielleicht hätte entzünden können”.

[ii] Nota di Speer dell’incontro tenutosi dal 20 al 22 settembre. Albert Speer, Der Sklavenstaat [Stoccarda, 1981], 346.

[iii] Stoltzfus, Hitler’s Compromises, 19.

[iv] Il pericolo dei matrimoni misti si poteva vedere fra gli inglesi che, soprattutto nelle cerchie più alte, erano stati così corrotti dai matrimoni con gli ebrei che “a malapena conservavano ancora caratteristiche inglesi”. Goebbels, Tagebücher, parte II, vol. 3, 12 marzo 1942, 457. “Fortunatamente, durante la guerra, si presenta una serie di possibilità” per eliminare gli ebrei, Goebbels, Tagebücher, parte II, vol. 3, 27 marzo 1942, 561.

[v] Joseph Goebbels, “Die Juden Sind Schuld!” in Das Eherne Herz (Munich: Eher Verlag, 1943), 85 -91, qui 87, 91.

[vi]ND, NG-2586 (G), Atti dell’incontro di Wannsee. Per il significato generale di questa conferenza si veda Mark Roseman, The Wannsee Conference and the Final Solution: A Reconsideration (New York: McMillan, 2003).

[vii] In questi casi entrambi i consorti dovevano essere mandati a Theresienstad, concluse. Da Schlegelberger a Bormann, 5 aprile l942, 4055-PS. Raul Hilberg, Destruction, vol. II, 446.; Uwe Adam, Judenpolitik im Dritten Reich (Düsseldorf, Droste Verlag, 1972), 325. Christian Gerlach, “The Wannsee Conference, the Fate of German Jews, and Hitler’s Decision in Principle to Exterminate All European Jews” in Holocaust: Origins, Implementation, Aftermath, Omer Bartov, ed. (Londra e New York: Routledge, 2000), 132-133.

[viii] Christian Gerlach, “Wannsee Conference,” 106-161, qui 126. Wolf Kaiser, “Die Wannsee-Konferenz” in Täter, Opfer, Folgen: der Holocaust in Geschichte und Gegenwart, Heiner Lichtenstein e Otto R. Romberg, eds. (Bonn: Bundeszentrale für Politische Bildung, 1995), 24-37, qui 29; Nathan Stoltzfus, “Widerstand des Herzens: Der Protest in der Rosenstrasse und die deutsch-jüdische Mischehe”, Geschichte und Gesellschaft, Volume 21, 1995, 218–47, 227.

[ix] Rapporto di Sommer, 2 marzo 1943, in: Volk, Akten, vol., VI, 19-21. Bertram ricevette un rapporto anche il 1° marzo 1943 “riguardante le questioni inerenti all’evacuazione dei Geltungsjuden”. Da Sommer a Bertram, 2 marzo 1943, in: Volk, ed., Akten, vol. VI, 20; Cf. Rapporto di Margarete Sommer sulla minaccia ai “Geltungsjuden” del 1° marzo 1943 in Leugers, Berlin, Rosenstraße 2-4, 225-228.

[x] Diario di Goebbels, 6 marzo 1943.

[xi]Goebbels, Tagebücher, parte II, vol. 10, 2 novembre 1943, 222.   

Nathan Stoltzfus

Analisi di Nathan Stoltzfus, storico e docente di studi sull'Olocausto alla Florida State University

12 febbraio 2020

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