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Henry Bawnik, sopravvissuto ad Auschwitz e a una battaglia in mare

ai lavori forzati su una nave tedesca che fu attaccata dagli inglesi

Il New York Times ha recentemente dato l'annuncio della scomparsa all'età di 92 anni di Henry Bawnik, nato Chaim Hercko Bawnik nella città polacca di Lodz nel 1925 e naturalizzato americano. 

Nel 1940 venne arrestato durante una retata nazista al ghetto cittadino e portato nel lager di Gutenbrunn, presso Posen, dove fu impiegato nella costruzione di binari ferroviari. Nel 1945 arrivò ad Auschwitz, ma non credette subito alle voci che si rincorrevano tra i prigionieri, sul fatto che i nazisti gassavano le persone. Dopo alcune settimane fu di nuovo trasferito, questa volta a Fürstengrube, un sottocampo di Auschwitz. Qui, grazie a un cugino che era kapò, divenne muratore professionista e poté così evitare di essere ucciso.

A questo punto i nazisti lo caricarono su un carro bestiame fino al campo di Dora-Mittelbau, in Germania centrale. Dopo dieci giorni di viaggio, i vivi portavano fuori dal vagone coloro che non erano sopravvissuti al trasporto. Era il gennaio 1945 e i nazisti incolonnavano gli ebrei sopravvissuti verso la costa baltica. Bawnik fu impiegato come lavoratore schiavo su una nave della flotta nazista - la Cap Arcona - che venne bombardata degli inglesi poiché convinti vi viaggiassero alcuni gerarchi del regime. Il prigioniero si trovò allora ad affrontare il mare senza saper nuotare. Era l'aprile 1945 - già dopo il suicidio di Hitler - e i prigionieri morti negli attacchi degli inglesi sul mare Baltico furono ben 7.000. Quando gli inglesi lo raccolsero, e capirono che era un prigioniero scampato al lager di Auschwitz, Bawnik chiese in che campo si sarebbero diretti, ma finalmente apprese la notizia che non ci sarebbe stata alcuna reclusione. Era libero.

Dopo la guerra visse ad Ahrensbök in Germania per quattro anni, vendendo sigarette al mercato nero e facendo il tassista. Qui sperimentò una sorta di oasi dopo le persecuzioni che aveva subito. Ritrovò i fratelli, che prima emigrarono in Israele e poi nel New Jersey. La madre e un altro fratello tuttavia erano scomparsi per sempre, probabilmente morti ad Auschwitz

Nel 1949, l'ex prigioniero scampato ad Auschwitz e al mare si imbarcò per gli Stati Uniti. Attribuì sempre la sua sopravvivenza alla fortuna, rifiutandosi di credere che un Dio potesse salvare uno come lui e condannare milioni di altri.

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