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La ricerca su Giovanni Palatucci

del Centro Primo Levi di New York

L'articolo di Alessandra Farkas apparso sul Corriere della Sera il 25 maggio, che smentiva il salvataggio di 5000 ebrei da parte di Giovanni Palatucci, ha generato un acceso dibattito. Il Centro Primo Levi di New York, promotore del progetto di raccolta archivistica sulla storia della Questura di Fiume tra il 1938 e il 1945 citato nell'articolo, ha diffuso un Comunicato stampa per chiarire la natura dell’iniziativa e le conclusioni preliminari a cui l’articolo si riferisce.

Il comunicato analizza dettagliatamente tutti i punti della vicenda Palatucci, attraverso i documenti di diversi archivi, come l'Archivio Centrale dello Stato di Roma, l'Archivio Storico dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, l'Archivio Storico del Ministero degli Interni, l'Archivio Storico del Ministero degli Esteri, l'Archivio della Questura Centrale di Roma, il Centro Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano, l'Archivio Storico di Yad Vashem e quello del Museo dell'Olocausto di Washington D.C.
Di seguito proponiamo alcuni stralci significativi. Il testo completo del comunicato è disponibile nel box approfondimenti.

In merito alla deportazione degli ebrei del Carnaro, sulla base della ricrca condotta è smentita la possibilità che Palatucci abbia salvato 5mila ebrei, basandosi sul fatto che nell'area ne risiedevano meno della metà

Alla promulgazione delle Leggi Razziali i residenti ebrei di Fiume erano poco meno di 1.400. Allo stato attuale dei lavori si può stimare che i profughi che riuscirono a passare il confine dalla Jugoslavia attraverso Fiume – dove peraltro i controlli e i respingimenti verso la Croazia erano molto frequenti - furono circa un migliaio nel periodo precedente l’armistizio quando l’accesso divenne pressoché impossibile.
Ancora, riferendosi al database degli ebrei stranieri in Italia tra il 1938 e il 1945, è smentito il salvataggio degli ebrei fiumani inviati a Campagna. Solo 40 di loro vennero internati nel campo, e di questi 9 finirono ad Auschwitz. È scritto nel comunicato:
Dai documenti consultati da Anna Pizzuti risulta che all’interno della rigida applicazione delle leggi razziali da parte della Prefettura e della Questura di Fiume autonoma fino settembre 1943 e sotto il controllo dell’occupante tedesco nel periodo successivo, non vi fosse alcun varco in cui potessero essere messi in atto interventi di aiuto o tantomeno azioni si salvataggio su larga scala per gli ebrei residenti o profughi.
Un altro punto controverso della vicenda Palatucci è il motivo del suo arresto, dovuto, secondo la ricerca, non all'aiuto prestato agli ebrei ma all'invio di una proposta per l'assetto postbellico agli inglesi: 
[...] i tedeschi lo sospettarono di essersi appropriato di beni confiscati ad una famiglia di ebrei e risulta che, durante la reggenza, produsse dispacci e informative alcuni dei quali connessi alla persecuzione degli ebrei. Contrariamente a quanto sostenuto dai suoi agiografi, non vi è indizio alcuno che Palatucci distrusse i fascicoli riguardante gli ebrei, che sono ancora tutti conservati presso l’Archivio di Stato di Rijeka.

Se da un lato queste carte aiutano a capire l’atmosfera di corruzione e conflitto di potere che si era venuta a creare tra tedeschi e italiani a Fiume, dall’altro confermano che non vi sia mai stato, fino a che l’idea non fu ventilata dal vescovo Giuseppe Maria Palatucci nel 1952, alcun sospetto né alcun sentore di possibili attività di Giovanni Palatucci a favore degli ebrei. Il suo arresto si svolse interamente nel contesto della disfatta della Repubblica Sociale che è stato recentemente delineato da Jonathan Dunnage nel suo recente studio sulla polizia fascista che dedica una sezione proprio a Fiume sotto la RSI.
La ricerca del Centro Primo Levi di New York cita anche le testimonianze di due donne, Rosa Neumann e Elena Aschkenasy, fondamentali per il riconoscimento di Giusto tra le Nazioni dallo Yad Vashem di Gerusalemme:
L’intero apparato testimoniale della sua agiografia è basato sulle lettere di due allora giovani donne che dicono che Palatucci abbia avuto delle premure nei loro confronti. Rosa Neumann narra di essere stata invitata a cena e Elena Aschkenasy che il suo internamento fu ritardato così che potesse organizzarsi per i bisogni della sua bambina di pochi mesi.

Un confronto con i loro fascicoli indica che quelli che entrambe considerarono favori di grandissima entità e valore non furono altro che trattamenti di routine autorizzati dal questore Genovese. Di fatto non ne cambiarono il destino, in un periodo in cui ancora non correvano il rischio della vita.

Il dibattito sulla vicenda è ancora aperto. Dopo l'articolo di Alessandra Farkas sul Corriere della Sera, Gabriele Nissim, Presidente di Gariwo, Matteo Luigi Napolitano, docente dell'Università Marconi di Roma, Natalia Indrimi del Centro Primo Levi di New York, la storica Anna Foa e altre voci autorevoli sono intervenuti nella discussione.

Nel box approfondimenti gli articoli relativi alla vicenda Palatucci



6 giugno 2013

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