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"Netanyahu ha sbagliato del tutto"

la storica Dina Porat su Hitler e il Muftì

Secondo la decana degli storici di Yad Vashem, Dina Porat, non c'è alcuna dimostrazione che Amin al-Husseini abbia proposto la "soluzione finale" a Hitler. Le fa eco Yehuda Bauer, osservando che lo sterminio degli ebrei era già in corso da mesi, quando il gran muftì di Gerusalemme e Hitler si incontrarono a Berlino nel 1941.

Porat, che insegna all'Università di Tel Aviv, ha dichiarato che le frasi del premier israeliano sul dittatore di origine austriaca e l'antesignano del nazionalismo palestinese sono "completamente erronee, da ogni punto di vista". 

La studiosa ha spiegato al giornale Haaretz mercoledì: "Hitler non aveva bisogno di nessun incoraggiamento per perpetrare la soluzione finale, quella era la sua ossessione, senza alcun rapporto con il Muftì". 

Per capire l'entità dello scandalo sollevato dalle parole di Netanyahu, basti considerare che due giornali importanti come l'americano Washington Post e la britannica BBC hanno dedicato l'intera loro pagina sul Medio Oriente, e parte della homepage, a queste dichiarazioni e a quelle della Merkel che ribadiva la colpa tedesca. Come se non ci fossero più Siria, Libano, Arabia Saudita o Iraq. 

Secondo Porat, "Il muftì non parlò a Hitler in termini di 'dovrebbe fare questo' o 'che cosa pensa della soluzione finale?', né è stato mai trascritto che gli abbia rivolto parole come 'li bruci'. Hitler non ha mai chiesto a nessuno che cosa fare con gli ebrei. Disse al muftì che avrebbe 'proseguito nei suoi piani', ma perché li aveva già concepiti fin dal 1925, non perché il muftì glielo avesse domandato. La 'soluzione finale' era già in atto". 

Porat ha poi aggiunto: "Hussein ha chiesto a Hitler di portare avanti la soluzione finale nel Medio Oriente, ma certamente non era lui l'autore del piano. Se Netanyahu avesse aggiunto le parole 'nel Medio Oriente' al suo discorso, non sarebbe in questo vespaio. Ma non le ha aggiunte". 

Il polverone diplomatico è esploso mentre i tentativi di ricomporre la violenza scoppiata a settembre con la "intifada dei coltelli" prendevano timidamente forma, e avrebbero richiesto maggiore cautela. Le sfide che Netanyahu si trova a dover affrontare non sono di poco conto, con, solo per citare alcuni rischi, un indebolimento di Abbas, il pericolo che Hamas e Hezbollah prendano il controllo del movimento nazionale palestinese, e gli imbarazzi che creano a Israele le operazioni russe in Siria, nel momento storico di massima distanza tra le sue posizioni e quelle dello storico e indispensabile alleato, gli Stati Uniti. 

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