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Perché non riconoscere anche i "Giusti ebrei"? Israele si interroga, noi diciamo si

editoriale di Gabriele Nissim

Mordecai Paldiel, fino all’anno scorso infaticabile direttore del “Dipartimento dei Giusti” di Yad Vashem, è intervenuto sul quotidiano Jerusalem Post per chiedere che venga finalmente superata un’aporia che fin dall’origine ha caratterizzato l’attività del “Giardino dei Giusti” di Gerusalemme.
Il titolo di “Giusto tra le Nazioni” è assegnato per legge esclusivamente a non ebrei. Non è previsto un riconoscimento pubblico per ricordare gli ebrei che si sono prodigati per salvare altri ebrei durante la Shoah. Questa contraddizione è all’origine della storia del memoriale di Yad Vashem, costruito in ottemperanza a una legge fondamentale dello Stato ebraico emanata nel 1953, con la quale Israele afferma, accanto al dovere di ricordare la tragedia dello sterminio degli ebrei d’Europa, l’altro imprescindibile dovere di onorare coloro che hanno rischiato la vita per salvare gli ebrei.


Nel 1961, dopo le polemiche suscitate dal processo Eichmann, che aveva rievocato l’efferatezza dei carnefici nazisti e l’indifferenza del mondo di fronte all’Olocausto, si era fatta più acuta l’esigenza di applicare la legge sulla memoria anche nella parte che prevedeva di mostrare la gratitudine degli ebrei per i gentili che si erano opposti alla soluzione finale.
Fu lo stesso presidente del tribunale che aveva condannato a morte Eichmann a insediare la “Commissione dei Giusti”, sostituito nel 1970 da Moshe Bejski, il giudice della Corte Costituzionale che ha presieduto questo speciale “tribunale del bene” per quasi trent’anni, rimanendo sempre fedele allo spirito della norma.
A chi obiettava che in questo modo si rimuovevano dalla memoria gli atti di coraggio ebraico, la risposta era sempre la stessa: per un ebreo è da sempre un dovere morale di “appartenenza” aiutare il proprio popolo e quindi risulta più importante ricordare i non ebrei che hanno avuto il coraggio di non voltarsi dall’altra parte.


In realtà - come sottolinea lo stesso Paldiel - questa motivazione è debole e contraddittoria, poiché nello stesso tempo lo Stato ebraico rende onore ai combattenti del ghetto di Varsavia e agli ebrei che hanno avuto il coraggio di prendere le armi contro i nazisti.
Forse che per gli ebrei salvare delle vite è meno importante che combattere? Questa rimozione dei “giusti ebrei” ha creato spesso degli equivoci, rischiando, paradossalmente, di alimentare il pregiudizio antiebraico di chi sostiene che in questo modo il “Giardino dei Giusti” voglia rimarcare una distinzione insanabile tra ebrei e non ebrei, come se il mondo si dividesse in due categorie umane non assimilabili. Da alcuni anni, tuttavia, è sorta in Israele un’organizzazione ( Jews rescued Jews committee) che si batte per il riconoscimento dei “Giusti ebrei” da parte di Yad Vashem, con la ricerca e la divulgazione di storie e testimonianze degli atti di salvataggio compiuti da ebrei coraggiosi. È un’iniziativa che trova un consenso sempre più vasto, come dimostra l’importante presa di posizione dello stesso Paldiel.
Gariwo non solo è a fianco di questa battaglia, ma è pronto a raccontare sulle sue pagine le vicende dimenticate dei “Giusti” ebrei. Per questo ci impegniamo a divulgare anche gli episodi italiani e a ospitare i contributi di chi volesse intervenire.

Gabriele Nissim

Analisi di Gabriele Nissim, Presidente Fondazione Gariwo

12 ottobre 2008

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