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​Il pomo armato della discordia

di Andreas Pieralli

I quindici deputati insieme a Černý davanti al carro armato appena ridipinto di rosa

I quindici deputati insieme a Černý davanti al carro armato appena ridipinto di rosa (© Respekt)

Oggi David Černý è un affermato artista riconosciuto a livello internazionale. Chi conosce Praga avrà sicuramente presente il suo "cavallo rovesciato" nel Passaggio Lucerna in piazza Venceslao, i bambini che gattonano sulla Torre della televisione di Žižkov, l'enorme dito medio sulla Moldava rivolto verso il Castello di Praga oppure la recente Testa di Kafka. Nel 1991, tuttavia, era ancora un giovanotto pieno di belle speranze. Torniamo per un attimo a quell’epoca: mancano ancora otto anni all'ingresso del Paese nella NATO e la situazione è fragile. Nonostante i cechi guardino chiaramente a Ovest, nel Paese sono ancora presenti le forze armate sovietiche - migliaia di soldati, tank, divisioni aeree e di artiglieria pesante - rimaste qui dopo l'invasione del 1968 per fermare la Primavera di Praga.

Nel quartiere praghese di Smíchov, nella piazza intitolata ai Carristi sovietici, su un piedistallo di granito, fa bella mostra di sé un carro armato sovietico in memoria della liberazione di Praga nel maggio 1945. Questo a discapito della realtà storica: Praga, infatti, fu liberata soprattutto dall'Esercito russo di liberazione (l’armata composta da volontari ed ex prigionieri che combatteva al fianco della Germania nazista, ma che si rifiutò di distruggere Praga durante l’Operazione Apocalisse del 5 maggio 1945, ndr) sotto il comando di Andrej Vlasov e all'arrivo dei sovietici, il 9 maggio 1945, la città era ormai quasi completamente liberata.

Sconfitto il regime che di quel tank è il garante, si apre dunque il dibattito: numerosi storici chiedono la rimozione dalla piazza del carro armato IS-2 n. 23 che nel nome porta le iniziali di Iosif Stalin. L'ambasciata russa si oppone con fermezza. L'arte risponde e mette in moto la storia. Nella notte tra il 27 e il 28 aprile 1991, Černý, insieme a quindici amici, dipinge interamente di rosa il carro armato e fissa sulla torretta un dito medio lungo un metro. La mattina successiva scoppia lo scandalo. Il governo sovietico protesta tramite l'ambasciata di Praga, l'armata cecoslovacca, deputata alla custodia del monumento, copre il carro armato che, a pochi giorni dalla ricorrenza della Liberazione dal nazifascismo, viene di nuovo tinteggiato di verde. Černý viene interrogato e rischia sanzioni penali. Ma nell'aria è ancora viva l'euforia della Rivoluzione di Velluto e nel parlamento cecoslovacco il Foro civico detiene la maggioranza. Il 12 maggio, quindici deputati si travestono da imbianchini e, sotto lo sguardo incredulo delle telecamere televisive, ridipingono di rosa il carro armato. Gli uomini godono dell'immunità e sanno di non poter essere perseguiti.

Nel frattempo, a Mosca, Alexander Dubček, l'ex eroe della Primavera di Praga e presidente dell'Assemblea nazionale dopo la liberazione, porge le scuse in nome del popolo cecoslovacco. (Quello stesso Dubček che, 23 anni prima, veniva sequestrato dai soldati sovietici e portato con la forza a Mosca dove accettò le condizioni dell'occupazione). La gente scende nella piazza del tank e protesta scandendo "David, hai agito in nostro nome" mentre i deputati offrono la propria immunità dicendosi disposti ad essere puniti al posto di Černý. Alla fine, la battaglia è vinta. Il Ministero della Cultura annulla lo status di monumento nazionale e, il 13 giugno 1991, il carro armato viene rimosso dalla piazza. Una settimana dopo, grazie alle lunghe negoziazioni condotte dal musicista rock Michael Kocáb, l'ultimo convoglio militare sovietico abbandona il Paese liberandolo definitivamente dalle forze di occupazione che contavano 1500 tank, 300 aerei e 85.000 soldati.

Happy end? Non proprio. Recentemente, il pomo “armato” della discordia, in tutti questi anni esposto presso il Museo della tecnica militare di Lešany, è apparso a Brno per l'esposizione temporanea Kmeny 90, riaprendo vecchi dissapori. Per l'ennesima volta, è stato coperto e ridipinto di verde, anche se solo parzialmente. E così, 26 anni dopo, il tank verde, poi rosa, poi di nuovo verde e dopo ancora rosa, riflette la divisione tra chi vi legge un simbolo universale di pace, non violenza nonché di liberazione del Paese dall'occupazione nazista e chi, al contrario, lo reputa un atto di vilipendio nei confronti dei soldati sovietici caduti durante la seconda guerra mondiale.

Andreas Pieralli, giornalista e traduttore

24 luglio 2017

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