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La censura cinese ferma Google

tra proteste dei reporter e piani di riforma

Al termine di un lungo negoziato Google ha rinunciato ufficialmente a dotare gli utenti Web cinesi di un sistema di notifiche che aveva previsto per il caso di utilizzo dei termini sgraditi alla censura. Ultimamente essi includono perfino semplici nomi geografici come "fiume Yangtze".

Il regime comunista però mostra anche punti di maggior cedevolezza. Ad esempio uno dei funzionari più alti, Meng Jianzhu, ha proposto allo scorso Congresso del Partito Comunista tenutosi ad autunno 2012 di vietare i campi di lavoro. Se non proprio di smantellare i gulag, almeno di riformarli parla anche l'agenzia di stampa ufficiale di Pechino, la Xinhua. Alcuni comunicati di questo ente riportano che "i laogai sono serviti negli anni '50 a edificare lo Stato comunista, ma ora presentano numerose pecche". 


L'ingiustizia del laogai e il coraggio dei giornalisti


Prima di tutto il sistema dei gulag è ingiusto. Una norma stabilisce che vi possano essere rinchiuse senza una sentenza persone semplicemente scomode o poco integrate socialmente, come prostitute e tossicodipendenti. In qualche caso particolarmente odioso è finito nel gulag anche chi eccedeva con proteste civili, come una mamma che ha scontato un anno e mezzo per avere chiesto con troppa veemenza la condanna degli stupratori della figlia undicenne. 


Qualcuno osa comunque sfidare il regime dal basso. È il caso dei giornalisti del Southern Weekly, un giornale cinese noto per le sue inchieste molto precise e coraggiose. Avevano composto un articolo augurale per il nuovo anno dove auspicavano riforme costituzionali, che è stato censurato e pubblicato in forma di ossequio al Partito Comunista dominante. 


I reporter sono entrati in agitazione contro la censura, accusandola di "comportarsi in modo dittatoriale in un mondo di crescente apertura". 50 ex giornalisti della testata e 35 interni hanno firmato una lettera aperta per chiedere le dimissioni del capo della propaganda locale, Tuo Zhen, accusato di "brutale interferenza". In Cina l'ultimo gradino della censura e è famosa "Grande Muraglia del Web", un firewall pensato per bloccare contenuti pornografici, ma che di fatto limita fortemente la libertà di espressione degli utenti cinesi. 

7 gennaio 2013

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