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La felicità di Václav Havel per il Nobel a Liu Xiaobo

editoriale di Gabriele Nissim

C’è oggi una persona particolarmente felice per il premio Nobel a Liu Xiaobo. È Václav Havel che a trent’anni dalla nascita del movimento di Carta ‘77 ha visto come la sua esperienza di resistenza al totalitarismo ha acquisito un valore universale. Sottoscrivere la Carta significava negli anni bui della normalizzazione sovietica uscire dall’anonimato ed esporsi in prima persona, manifestando così la volontà di non abbassare più la propria testa di fronte ad un potere antidemocratico.
Con la sua firma il cittadino praghese assolveva il primo compito dell’uomo nei confronti di se stesso: il dovere di difendere “l’umanità nella propria persona”, come afferma Kant nella Dottrina della virtù, senza cui nulla sarebbe possibile. In questo modo con una presa di posizione pubblica il sottoscrittore della Carta ritrovava la propria autostima,non accettando più in nome di un quieto vivere di mentire a se stesso e di rinunciare alla propria autenticità.
Come sosteneva il filosofo Jan Patočka l’uomo in quanto tale ha dei diritti giuridici che sono riconosciuti a livello internazionale come la libertà di espressione, il diritto all’informazione, il diritto di associazione, la libertà religiosa. Quando questi diritti non sono rispettati il dovere che l’uomo ha nei confronti di se stesso è quello di lottare per ottenere la loro applicazione.
A Praga nasce così nel 1977 la straordinaria idea di una solidarietà attiva tra uomini che rivendicano, ad alta voce, il dovere di lottare insieme per la difesa della propria umanità. È stato la stessa intuizione morale che ha mosso l’attività del dissidente cinese che ha chiamato i suoi concittadini a firmare il documento Carta ‘08 .
Liu Xiaobo che nel 1989 aveva invitato i giovani a non cadere nella trappola delle provocazioni sulla Piazza Tien An Men ha indicato un percorso di non violenza per costruire in Cina un regime democratico. Come aveva capito Havel in un regime totalitario la possibilità di un cambiamento non deve partire da un’ipotesi eversiva, ma da un lungo processo di autoeducazione dei cittadini.
Se si pensa a uno scontro frontale è inevitabile la sconfitta, invece la resistenza morale degli individui, che vivono il gusto della democrazia nel proprio ambito di vita e sono capaci di difendere la verità e il diritto alla libertà di espressione contro la censura del regime, crea nei tempi lunghi una cultura tra la gente che mina i fondamenti del Potere.
Il cambiamento diventa possibile, quando cambia il modo di essere dei cittadini. Apparentemente la repressione che ha colpito Liu Xiaobo e gli arresti domiciliari della moglie sembrano contraddire la possibilità di questo percorso. In realtà il governo cinese che in questi giorni dopo l’assegnazione del premio Nobel ha parlato di una provocazione internazionale contro la Cina e di un’ingerenza straniera negli affari interni “con un premio dato a un criminale” si trova in grave difficoltà perché è consapevole che la repressione alla lunga porta a scarsi risultati quando si trova davanti ad una resistenza morale quotidiana dei cittadini. Liu Xiaobo è forte perché indica a tutti la strada della responsabilità personale. Nel mondo di oggi gli interessi economici impediscono ai governi di prendere delle posizioni chiare sulla violazione dei diritti democratici in Cina, ma oggi esiste attraverso la rete, i cellulari, le nuove forme moderne di comunicazione, la possibilità che la solidarietà delle società democratiche giunga ai liberi cittadini che hanno il coraggio di firmare Carta 2008.
Havel ha vinto a Praga per la simpatia che il suo movimento ha raccolto in Europa nei media e tra gli intellettuali. Oggi per la Cina i mezzi a nostra disposizione per la solidarietà sono molto più ampi.

Gabriele Nissim

Analisi di Gabriele Nissim, Presidente Fondazione Gariwo

14 ottobre 2010

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