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Un nuovo studio mostra l'impatto a lungo termine delle politiche cinesi sul controllo delle nascite nello Xinjiang

L'analisi del ricercatore tedesco Adrian Zenz è la prima sull’impatto a lungo termine delle politiche cinesi sugli uiguri e le altre minoranze

Secondo una nuova analisi del ricercatore tedesco Adrian Zenz, condivisa in esclusiva con Reuters prima della pubblicazione, entro 20 anni le politiche cinesi di controllo delle nascite potrebbero tagliare da 2,6 a 4,5 milioni di nascite degli Uiguri e di altre minoranze etniche nello Xinjiang meridionale, fino a un terzo della popolazione di minoranze prevista nella regione.

Il rapporto di Zenz - che include anche documenti a opera di accademici e funzionari cinesi finanziati dallo stato sulle politiche di controllo delle nascite di Pechino nello Xinjiang - è la prima analisi soggetta a peer-review sull'impatto a lungo termine delle politiche cinesi di controllo delle nascite sulla popolazione dello Xinjiang. La sua pubblicazione arriva nel mezzo di crescenti preoccupazioni per il rischio di genocidio da parte della Cina nella regione dello Xinjiang.


Che cosa dice lo studio?

Lo studio di Zenz si basa sull'analisi dei dati ufficiali sulle nascite, su proiezioni demografiche e sui rapporti tra le etnie proposti da accademici e funzionari cinesi. Lo studio ha confrontato la proiezione della popolazione fatta dall'Accademia delle Scienze cinese, gestita dallo stato, sulla base dei dati precedenti alle politiche restrittive del governo sul controllo delle nascite con i dati ufficiali sui tassi di natalità dopo le misure di "ottimizzazione della popolazione", come le chiama Pechino, nei confronti delle minoranze etniche dello Xinjiang, che la Cina ha introdotto nel 2017.

Zenz ha scoperto che le politiche di Pechino potrebbero aumentare la popolazione cinese Han (predominante in Cina) nello Xinjiang meridionale, portandola dall’8,4% attuale a circa il 25%. La popolazione delle minoranze etniche arriverebbe invece a un numero compreso tra gli 8,6-10,5 milioni entro il 2040. Secondo Reuters, questo va confrontato con i 13,14 milioni previsti dai ricercatori cinesi utilizzando dati precedenti all'implementazione delle politiche di nascita, e con una popolazione attuale di circa 9,47 milioni.

Zenz dice che questo obiettivo è raggiungibile solo se la Cina continua a sopprimere le nascite degli uiguri e di altre minoranze, come accade con le politiche attuali.  Secondo ricercatori, gruppi per i diritti umani e residenti nello Xinjiang le nuove politiche sulla limitazione delle nascite hanno un impatto sproporzionato sulle minoranze islamiche, le quali vengono punite con la detenzione se superano le quote di nascita, diversamente quello che accade altrove in Cina, dove chi supera le quote di nascita riceve invece delle multe. In più, secondo BBC la nuova normativa del governo cinese che permette alle coppie di avere fino a tre figli non si applica allo Xinjiang, dove le donne sono detenute o punite se superano la soglia consentita di figli.

Lo studio di Zenz è stato accettato per la pubblicazione dalla rivista accademica trimestrale Central Asian Survey (Routledge) il 3 giugno. Reuters ha anche condiviso la ricerca e la metodologia con esperti in analisi della popolazione, politiche di prevenzione delle nascite e diritto internazionale. Anche se alcuni esperti hanno fatto presente che le proiezioni demografiche su un periodo di decenni potrebbero essere influenzate da fattori imprevisti, chi ha visionato lo studio ha detto che l'analisi e le sue conclusioni erano solide e affidabili.


Che cosa dice la Cina?

Il ministero degli Esteri cinese ha accusato Zenz di "ingannare" la gente con i suoi dati e, in risposta alle domande di Reuters, ha detto che "le sue bugie non sono degne di essere confutate". I commenti della Cina sul rapporto di Zenz fanno seguito alle precedenti reazioni alle accuse di genocidio nella regione dello Xinjiang: "Il cosiddetto 'genocidio' nello Xinjiang è una completa insensatezza", ha detto a Reuters il ministero degli Esteri cinese. "È una manifestazione dei secondi fini che animano le forze anti-Cina negli Stati Uniti e in Occidente e un’espressione di Sinofobia".

Nel suo studio Adrian Zenz ha anche incluso una serie di documenti prodotti tra il 2014 e il 2020 da accademici e funzionari cinesi finanziati dallo stato sulle politiche di controllo delle nascite di Pechino nello Xinjiang. Questi documenti descrivono l'attuazione di queste politiche come guidate da preoccupazioni di sicurezza nazionale e motivate dal desiderio di diluire la popolazione uigura, la cui alta concentrazione è descritta come una minaccia alla stabilità sociale, così come dal desiderio di aumentare la migrazione Han e di accrescere la fedeltà al Partito Comunista al potere.

Lo Xinjiang deve "porre fine al dominio del gruppo uiguro", ha detto Liao Zhaoyu, decano dell'istituto di storia e geografia di frontiera all'Università Tarim dello Xinjiang, nel corso di un evento accademico nel 2015, poco prima che le politiche di nascita e il più ampio programma di internamento fossero attuati in pieno.


Chi è Adrian Zenz?

Adrian Zenz è un ricercatore indipendente presso la Victims of Communism Memorial Foundation, un’organizzazione no-profit con sede a Washington, D.C. Nel 2020, Zenz ha pubblicato un altro studio sulla soppressione cinese delle nascite degli uiguri, intitolato Sterilizations, IUDs, and Mandatory Birth Control: The CCP's Campaign to Suppress Uyghur Birthrates in Xinjiang. In passato, Pechino ha già accusato Zenz di diffamazione per la sua ricerca, che è critica nei confronti delle politiche cinesi sulla detenzione degli uiguri, i trasferimenti di massa di manodopera e la riduzione delle nascite nello Xinjiang.


Lo scenario di genocidio

I tentativi della Cina di ridurre le nascite tra gli uiguri e di portare avanti una sostituzione demografica hanno portato esperti, organizzazioni internazionali e alcuni paesi a discutere le azioni di Pechino contro gli uiguri in termini di "genocidio".

Secondo Reuters, Zenz e altri esperti fanno riferimento alla Convenzione del 1948 sulla Prevenzione e la Punizione del Crimine di Genocidio, di cui la Cina è firmataria, e che vieta agli Stati di "imporre misure destinate a prevenire le nascite all'interno del gruppo" considerandolo uno degli elementi caratteristici del concetto di genocidio.

Allo stesso modo, un recente rapporto dell'Australian Strategic Policy Institute che descrive il crollo dei tassi di natalità nello Xinjiang tra il 2017 e il 2019 (quasi la metà) ha fatto riferimento alla Convenzione del 1948 e ha detto che "le politiche del governo cinese nello Xinjiang possono costituire un atto di genocidio".

A giugno 2020 il Parlamento europeo, che già aveva condannato l’internamento di massa degli Uiguri, ha detto che “potremmo essere di fronte a un genocidio”. La dichiarazione, firmata dai due membri del parlamento europeo tedeschi Reinhard Buetikofer ed Evelyne Gebhardt, è stata motivata proprio dall’emergere di nuove notizie sulla sterilizzazione forzata a cui sono costrette molte donne uigure per accelerare la sostituzione demografica. "Siamo profondamente scioccati dalle ultime rivelazioni sulla massiccia campagna del Partito Comunista Cinese per schiacciare il tasso di natalità degli Uiguri nello Xinjiang - hanno detto Buetikofer e Gebhardt - le notizie sulla sterilizzazione forzata e sugli aborti, come pure sulle severe sanzioni che vengono inflitte per le violazioni alle norme sul controllo delle nascite, sono di un'atrocità senza precedenti e corroborano ulteriormente la valutazione che potremmo essere di fronte a un crimine di genocidio”. In un’altra dichiarazione diffusa a dicembre 2020 il Parlamento Europeo ha nuovamente detto che le azioni contro gli uiguri “potrebbero corrispondere ai criteri internazionalmente riconosciuti di genocidio”.  

Anche gli Stati Uniti hanno accusato la Cina di star portando avanti un genocidio contro la minoranza uigura nell'ultimo rapporto sui diritti umani del Dipartimento di Stato americano, pubblicato il 20 marzo 2021. Inoltre, la settimana scorsa è iniziata nel Regno Unito una serie di audizioni di circa 30 testimoni per raccogliere prove sul fatto che le violazioni dei diritti umani del governo cinese nella regione dello Xinjiang costituiscano un genocidio.

Finora, nessuna accusa penale formale è stata mossa contro la Cina. La mancanza di prove e di approfondimenti sulle politiche del governo nello Xinjiang rende difficile il raccoglimento delle prove di alto livello richieste per perseguire i funzionari cinesi o dello Xinjiang. Inoltre, la Corte penale internazionale ha annunciato a dicembre che non indagherà la Cina perché la Cina, in quanto non membro, è fuori dalla sua giurisdizione. La Corte internazionale di giustizia può prendere in carico solo un caso approvato dal Consiglio di sicurezza dell'ONU, sul quale la Cina ha il potere di veto.

7 giugno 2021

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