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​Resilienza

di Anna Maria Samuelli

Nel Dizionario dei Giusti non può mancare il termine RESILIENZA.

Viviamo un tempo nel quale cresce di giorno in giorno il richiamo alla messa in atto di comportamenti responsabili che tutelano noi, chi ci sta vicino e chi è più lontano. Da tempo Gariwo, la foresta dei Giusti, ci offre storie di persone che hanno saputo resistere al male. Lo hanno fatto per sé, per l’altro, per l’umanità, assumendosi la responsabilità di scegliere atti di bene.

I Giardini, con gli alberi e le targhe dedicate ai Giusti, a Milano al Monte Stella, in tutta Italia e nel mondo, sono luoghi in cui si concentra il valore della gratitudine e dove si sente che le nostre energie si rinnovano quando conosciamo e ci immedesimiamo nelle storie delle figure esemplari. È vero che non possiamo più visitare il Giardino “fisicamente”, in questo periodo di confinamento che pare prolungarsi, ma è anche vero che possiamo visitarlo dal sito di Gariwo e magari chiederci se la situazione in cui viviamo, senza contatto diretto con i compagni e gli insegnanti ci chiede di essere forti, coraggiosi, attenti, attivi o altro. In una parola, chiusi nelle nostre case, stiamo mettendo in atto una qualche forma di resistenza?

In un articolo di Daniela Monti di alcuni anni fa che ho conservato, veniva analizzato il termine resilienza e venivano proposte alcune definizioni:

“Gli ingegneri ci dicono che la resilienza è la capacità di un materiale di resistere agli urti senza spezzarsi; nel campo dell’ecologia, è la capacità di un ecosistema di sfuggire a un livello irreversibile di degrado; per gli psicologi, è la capacità di un individuo di superare efficacemente un trauma, ripartendo in modo sano e positivo “.

Veniva così rappresentata la resilienza come una nuova forma di resistenza e si precisava che: “Resistere significa stare fermi, stoicamente”. Essere stoici, che cosa significa? Sappiamo che alcuni filosofi e uomini di Stato greci e romani avevano scelto uno stile di vita particolare. Aspiravano a raggiungere il massimo equilibrio e quindi la massima armonia nella vita attraverso il controllo di sé, l’esercizio individuale della capacità di scavare dentro l’anima:

“Scava dentro di te, dentro è la fonte del bene e può zampillare inesauribile se continuerai a scavare”, scriveva Marco Aurelio che cercava il silenzio e la solitudine. Ma era una scelta, non una costrizione imposta per legge. Oggi, costretti al confinamento, la nostra vita è cambiata radicalmente e rischiamo di diventare prigionieri delle “passioni tristi”, così definiva il filosofo Spinoza i sentimenti di impotenza, di incertezza, di paura del futuro di cui a volte siamo prigionieri. Siamo in isolamento e dunque ha senso ripiegarsi in noi stessi?

Qui entra in gioco la resilienza. Maria Elena Magrin, docente in Bicocca a Milano studiosa di resilienza, scrive:

« … resilienza in psicologia è un processo che consente alle persone di attraversare efficacemente momenti di difficoltà e di attenuarne l’impatto dello stress e dell’ansia. Resilienza è un termine fisico che indica la proprietà di un metallo di resistere alle forze che vi vengono applicate senza rompersi e senza propagare incrinature. Nello stesso modo le persone resilienti affrontano in maniera funzionale gli eventi traumatici riorganizzando la propria vita: la crisi diventa un momento privilegiato di sviluppo personale e quindi, pur nella fatica, un momento di arricchimento e in ultima istanza di benessere ».

Nelle situazioni di difficoltà e di crisi dovremmo essere capaci di abbandonare le “passioni tristi”, che ci fanno sentire impotenti, incerti, paurosi, inerti e recuperare le passioni vitali, cercando di capire quali sono i nostri talenti da spendere, avendo come obiettivo l’accettazione del cambiamento come parte della vita. Nel nostro isolamento vivere in modo “buono” le relazioni nella famiglia, con i nostri compagni e con gli insegnanti con cui comunichiamo on line, aiuta noi e gli altri, e ci predispone a guardare al futuro, a non sentirlo come “minaccia”, a riflettere sulle scelte che ci attendono perché viviamo una diversa misura del tempo. Non si tratta di sacrificio.

«Ciascuno di noi ha un proprio bagaglio di resilienza» continuava l’articolo. Scopriamolo. Ed è veramente la qualità dei nostri rapporti a fare la differenza.

Essere resilienti significa avere energie per scoprire che di fronte a problemi che ci sembrano insormontabili possiamo trovare una via d’uscita, ma nello stesso tempo significa scoprire che non tutto è nelle nostre mani, che dobbiamo fare i conti con il limite e accettarlo. Se la memoria, come è stato detto è la madre di tutte le arti, trasformiamo i contenuti della nostra grande tradizione culturale dall’antichità ad oggi, in una consapevolezza che alimenti l’intelligenza, i sentimenti, le emozioni. Sono contenuti che accompagnano gli studenti ma anche tutti noi dalle origini del percorso scolastico e che rifluiscono poi nella realtà culturale, sociale e politica.

Per il resiliente l’impegno è lieve, non c’è passività o apatia o tristezza.

Giunge a Gariwo un video dal titolo significativo “E quindi uscimmo a riveder le stelle”, inviatoci da un Liceo di Catania (dove esiste un Giardino dei Giusti): una catena poetica dantesca percorre l’Italia da Sud a Nord, avviata da un anziano “giusto”, con l’incipit “nel mezzo del cammin di nostra vita…” e continuata da studentesse e studenti di ogni età, insegnanti, dirigenti scolastici, medici e infermiere impegnati nella lotta contro il corona virus; possiamo ascoltare la terzina di un canto di Dante tra i più noti e fermiamoci sul volto dello studente che ci invita con accenti intensi: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza, una tradizione alta, sostanza dell’assunzione di responsabilità a cui oggi siamo chiamati.

Le storie dei Giusti, donne e uomini, ma anche tanti giovani, persone che hanno agito in un contesto di male e che si sono assunti la responsabilità di scegliere, impedendo di esserne travolti, sono storie di resilienti. Se riusciamo anche noi a scoprire quanto lo possiamo essere, rafforzeremo la vita e ne riscopriremo il valore; sapremo allargare il nostro sguardo al mondo, e sapremo meglio che cosa mettere al primo posto nell’instabilità e nell’incertezza che ci circonda. L’arte del vivere, guidata dalla ragione, ingloba le passioni, e indirizza l’istinto all’autoconservazione alla consapevolezza che siamo originariamente esseri in relazione e che intorno a noi esistono gli altri, la famiglia, gli amici, la società, le istituzioni, il mondo. Il ripiegamento nel solo orizzonte dell’io, non è vita “buona e felice”. Siamo chiamati a migliorarlo questo mondo, ad “emendarlo”.

Per questo usciamo fuori, visitiamo sia pure on line i Giardini dei Giusti dell’umanità: ci parlano e ci ricordano che siamo cittadini europei e cittadini del mondo. La bandiera dell’Europa nei Giardini dei Giusti dell’Umanità non sarà mai ammainata.

Contiamo molto sulla capacità degli studenti di approfittare di questo periodo per vincere la volgarità dei tempi che ha al fondamento la facilità di mentire. Giusti e testimoni “sollevano sempre questioni di verità e non si tratta di verità astratte, ma di quelle in cui ne va della vita”, come ci ricorda Salvatore Natoli che fin dalle origini sostiene il percorso di Gariwo con le sue riflessioni sul tema dei giusti e della memoria del bene.

Coltivare le piccole virtù quotidiane diventa la condizione per essere pronti all’esercizio di più grandi virtù.

Annamaria Samuelli

Annamaria Samuelli, Responsabile Commissione educazione e cofondatrice di Gariwo

3 aprile 2020

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Agorà degli insegnanti a cura di E. Bellotti e A. M. Samuelli

L’infanzia e l’adolescenza sono periodi cruciali per l’assorbimento di idee e valori, che formano il modo di pensare dell’individuo. Per questo vogliamo dedicare un nuovo spazio al mondo della scuola, di aperta collaborazione con i docenti per comunicare con i giovani.

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