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La difficile rinascita dello Sri Lanka

proteste internazionali e sostegno alle donne dopo 25 anni di guerra

Proteste in tutto il mondo per il vertice del Commonwealth tenutosi a Colombo tra il 15 e il 17 novembre. India e Canada hanno boicottato il summit per protesta contro le violenze che il governo dello Sri Lanka ha commesso durante la guerra civile con i tamil (1983-2009). Il premier cingalese Rajapaksa rischia l’incriminazione davanti al Tribunale Penale Internazionale. Anche l’arcivescovo e premio Nobel Desmond Tutu ha sostenuto il boicottaggio. Nel sito di Amnesty International si legge che a Colombo il governo ha voluto organizzare un festival dei diritti umani parallelo al summit, ma la mossa non ha convinto nessuno. Infatti è stato vietato a molti tamil di raggiungere la manifestazione e negli stessi giorni sono state chiuse le università e i giornalisti stranieri si sono vista limitare la libertà di movimento nel Paese.

Frattanto anche la società civile si organizza per far fronte al dramma dello scontro tra cingalesi e tamil. Lassociazione @uxilia, fondata nel dicembre 2004 per aiutare le famiglie delle vittime dello tsunami, ora ha varato un progetto triennale di microimprenditoria per le madri dei bambini soldato dello Sri Lanka. Nel progetto sono compresi anche un programma di adozioni a distanza, la conduzione di una scuola e corsi professionali per le donne di Batticaloa, una delle zone più colpite dal conflitto. Il gruppo delle Tigri Tamil tra il 2003 e il 2009 ha rapito numerosi bambini per arruolarli nel traffico di droga e per fomentare l’odio etnico con spedizioni di pulizia etnica e torture. Circa 6.000 minori hanno partecipato alla guerra, di cui il 60% ha un’età intorno ai 16 anni e gli altri sono ancora più piccoli. Ora questi bambini si trovano in campi di riabilitazione dove hanno accesso l’UNICEF e le altre organizzazioni di tutela dell’infanzia. Ma vediamo che cosa ha portato a questa situazione e come vivono cingalesi e tamil a quattro anni dalla fine delle ostilità.

Conosciamo lo Sri Lanka attraverso il batik, il tè, la cucina… e purtroppo le cronache dello tsunami e i fatti di cronaca legati alla guerra civile che ha insanguinato questo Paese dal 1983 al 2009, quando il governo di Colombo ha conquistato le ultime zone controllate dalle Tigri Tamil. Molti hanno potuto notare, come osserva anche la scheda di approfondimento dedicata allo Sri Lanka dal sito della BBC, che la maggioranza cingalese dell’ex colonia inglese conosce periodiche ondate di nazionalismo. Ad esempio in certi periodi le città occidentali vedono massicce manifestazioni di cittadini singalesi a favore del loro governo. Pochi si rendono conto della violenza compiuta, come ha verificato l’ONU in un rapporto del 2011, da tutte e due le parti, con persone bruciate vive, reclutamento di bambini soldato, saccheggi, attentati esplosivi e crimini di ogni tipo. Anche dopo la vittoria definitiva del governo centrale, si sono avute denunce come quella del sacerdote cattolico tamil padre Emmanuel, secondo cui le autorità si impegnano più nel costruire monumenti celebrativi della loro vittoria che non a creare le basi per una riconciliazione e la ricostruzione del Paese.

Vediamo che cosa accade in questo Paese dal clima mite che potrebbe essere uno dei più prosperi del Sudest asiatico, se non fosse per le recriminazioni reciproche dei cingalesi e dei tamil. L’Inghilterra cominciò a conquistare questo Ceylon nel 1790. Per coltivare il the importò lavoratori dal Tamil Nadu, regione a sud dell’India, che contribuirono fortemente alle esportazioni della colonia. La maggioranza degli abitanti, di etnia cingalese e di fede buddhista, vide di cattivo occhio quello che considerava un favoritismo della potenza colonizzatrice verso la minoranza tamil, che per lo più era induista. Piano piano ha preso piede la strada della violenza, facendo tra gli 80mila e i 100mila morti in 25 anni. Dal settembre 2013 è in corso una sorta di “devolution” delle regioni a nord dell’isola, dove risiede la maggioranza dei Tamil, con il consenso delle autorità centrali che si sono impegnate in un dialogo sui principi costituzionali con la controparte. Tuttavia quando i tamil hanno vinto le elezioni in questo consiglio provinciale del nord, osservatori del Commonwealth hanno registrato intimidazioni contro i votanti. In Sri Lanka non c’è ancora un pieno consenso per la costruzione di un futuro comune.

Il conflitto ha esacerbato alcuni vecchi motivi di tensione risalenti all’epoca coloniale. Negli anni ’70 nel nord di Sri Lanka si è formato un forte movimento separatista con la creazione di gruppi armati della minoranza tamil nel nord est. Dopo un attacco violento del governo nel quale queste milizie riuscirono a uccidere 13 soldati la rivolta si diffuse in tutto il Paese. Molti tamil fuggirono mentre altri ingrossarono le fila dei ribelli, che si comportavano sempre più ferocemente. Emerse allora la milizia delle Tigri Tamil (LTTE), che di fatto guidava uno Stato ombra nel nord e nell’est del Paese. Questo gruppo non esitò a ricorrere al terrorismo, con attacchi suicidi che ebbero effetti devastanti nella capitale Colombo e altrove negli anni ’90. Alle Tigri Tamil sono attribuiti anche l’assassinio del premier indiano Rajiv Gandhi e del Presidente di Sri Lanka Ranasinghe Premadasa. 

Dopo vent’anni di combattimenti, attacchi aerei e bombe, il governo a guida cingalese ha lanciato un’offensiva vittoriosa nel 2009, ma in quei mesi finali del conflitto si sono aperte ferite difficili da sanare. Innanzitutto in pochi mesi potrebbero essere state uccise tra le 9.000 e le 75.000 persone, tantissime rispetto al bilancio complessivo della guerra. Inoltre l’esercito governativo secondo l’ONU non esitò ad attaccare nemmeno gli ospedali, le sedi della Croce Rossa e l’area “sicura” per i civili che lo stesso governo aveva individuato. Quanto ai tamil pare certo che abbiano utilizzato i civili come scudi umani, abbiano ucciso chi provava a scappare dal fronte e posizionato armamenti pesanti nelle strutture ospedaliere. Il governo dello Sri Lanka non riconosce questi dati e nemmeno le accuse dei gruppi per la difesa dei diritti umani, secondo cui ambo le parti in lotta avrebbero usato procedimenti extragiudiziali per colpire chi si opponeva alla guerra. Il governo ha istituito una Commissione delle Lezioni Imparate e della Riconciliazione, ma molti considerano lacunoso il suo operato. Per ora questo ente si sta occupando dei casi di attacco deliberato dei militari contro i civili, sostanzialmente assolvendo l’esercito. 

Quando l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Navi Pillay ha visitato l’isola nell’agosto 2013, ha registrato una crescente deriva autoritaria con sparizioni forzate, attacchi contro le minoranze religiose e i giornalisti, e la militarizzazione del nord. Ciononostante la maggior parte degli osservatori esclude che almeno nel breve periodo si possa ritornare a una situazione di ribellione della minoranza tamil. Dopo molti anni di guerra, i tamil sono stanchi di combattere e cercano semplicemente di guadagnarsi da vivere. Alcuni però temono che questo gruppo non riesca più a integrarsi nella nuova convivenza civile tra le componenti dello Sri Lanka, se il governo non si impegnerà più seriamente a sciogliere i nodi che ostacolano la riconciliazione.  

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Appunti internazionali a cura di Martina Landi

Questi “Appunti internazionali” indagano sulle origini storiche e sociali delle guerre dimenticate o trascurate dai media e sui meccanismi istituiti dalla giustizia internazionale per punire i colpevoli di gravi crimini contro l’umanità.

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