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È sempre aperto il cantiere della difesa dei diritti in Europa

di Bruno Marasà

Torniamo con questa rubrica dedicata all’Europa, alla difesa della democrazia e dei diritti umani a dar conto di un repertorio che purtroppo rimane sempre nutrito di violazioni di diritti fondamentali, di pratiche illiberali e, dove non si riesce a contenerle, anche il ricorso alla violenza e a logiche assurde di sopraffazione.

Chiedere che si mantenga alta l’attenzione delle istituzioni europee, con conseguenti azioni concrete, rimane una rivendicazione centrale da parte di quanti vedono giustamente nell’Europa unita un punto di riferimento essenziale per la difesa di valori che sono iscritti nei suoi Trattati.

Ecco perché sentiamo di dover riproporre alcune informazioni sulla situazione attuale, almeno come sono state registrate nei giorni scorsi. In particolare il Parlamento europeo è tornato ad occuparsi della situazione in Polonia e Ungheria, e la Commissione europea ha, nel caso di questi due paesi, confermato una linea abbastanza intransigente. Da segnalare inoltre una iniziativa, inedita, della Commissione europea, presentata dal Commissario Margaritis Schinas, che ha lanciato un vero e proprio piano contro l’antisemitismo.

Nel caso di Polonia e Ungheria, su cui molto abbiamo scritto nel passato a causa delle derive illiberali all’interno di questi due paesi (violazione dello stato di diritto, limiti all’indipendenza della magistratura, intolleranza sulle questioni di genere e delle comunità LGTBI, libertà di stampa, libertà dell’insegnamento universitario in Ungheria, attacco ai diritti delle donne con legislazione restrittiva sull’aborto in Polonia) la questione torna di attualità perché, come ha confermato il Commissario europeo Paolo Gentiloni, i Piani nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR), destinanti all’utilizzo dei fondi del Next Generation EU di questi due paesi non sono stati ancora approvati.

Era noto sin dall’inizio che si sarebbe proceduto con criteri molto stretti di condizionalità nell’approvazione dei piani nazionali. Si sono anche approvate al riguardo regole già entrate nella legislazione europea. E vediamo, per esempio, il Governo italiano, guidato da Mario Draghi, procedere con una tabella di marcia molto serrata per fare riforme che sono state inserite nel PNRR italiano. In questo caso, per fortuna, non sono in gioco questioni legate ai valori e ai diritti di libertà quanto riforme strutturali della Pubblica amministrazione e il suo funzionamento, alla disciplina fiscale e così via. Tant’è, non solo il PNRR italiano è stato approvato ma sono anche arrivati i primi finanziamenti per progetti da realizzare a partire dai prossimi mesi.

Nel caso di Polonia e Ungheria, invece, i due PNRR non sono ancora statti approvati. Un ritardo notevole (da maggio!) accumulato per la resistenza dei governi dei due paesi a prendere impegni precisi nel campo delle riforme riguardanti proprio i settori legati alla democrazia, allo stato di diritto, alla tutela dei diritti delle cittadine e dei cittadini.

Ed è importante il ruolo vigile che sta svolgendo il Parlamento europeo al riguardo, ribadendo giustamente che questa severità non intende danneggiare i cittadini di questi due paesi ma vuole costringere i governi di Polonia e Ungheria a modificare il loro atteggiamento.

Insomma, come si era detto si sta facendo: niente finanziamenti in assenza di impegni e progressi concreti nella condivisione di valori comuni.

Importante e del tutto nuovo nei termini in cui è stato concepito è anche il piano contro l’antisemitismo all’interno dell’Unione europea. La questione naturalmente non è nuova, ma si ripropone puntualmente proprio nei momenti di crisi. Anche la vicenda del Covid ha incoraggiato estremisti e radicali presenti in Europa ad associare lo sviluppo dei contagi a teorie complottiste. Tutto fuori dalla realtà, come sappiamo, ma questo non ha impedito che tali attacchi si manifestassero.

Bene, dunque, il varo di un piano organico di sensibilizzazione delle opinioni pubbliche in tutti i paesi europei. È previsto anche il finanziamento di 24 milioni di euro per la protezione di spazi pubblici per i fedeli di cultura e religione ebraica. Anche se vale la pena ricordare che la lotta contro l’intolleranza e le discriminazioni per gli orientamenti culturali e religiosi riguarda anche altre comunità, comprese quelle di origine musulmana che sono ormai largamente presenti nei nostri paesi.

La lezione da trarre anche da questo passaggio rimane quella di una vigile presenza e del ricorso a norme e piani concreti per mantenere alto, quale per fortuna è, il livello dell’azione per salvaguardare democrazia e diritti umani in Europa.

Non c’è però solo l’Europa. A molti mesi ormai dell’elezione del Presidente americano Biden stentano a riaprirsi canali di dialogo fruttuosi fondati sull’idea che occorre alzare la soglia della convivenza pacifica e rispettosa dei diritti umani a livello globale. Il rovinoso e improvvisato ritiro dall’Afghanistan, non ha costituito certamente un precedente incoraggiante al riguardo. C’è il bisogno, urgente, del ritorno ad un mondialismo e ad un universalismo condivisi, anche tra paesi con regimi diversi, che sono gli unici strumenti per rispondere alla domanda di democrazia e libertà.

Bruno Marasà

Bruno Marasà, già Responsabile Parlamento Europeo - Ufficio di Milano

7 ottobre 2021

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Europa, democrazia e diritti umani Bruno Marasà

La globalizzazione ha mostrato il suo carattere invasivo attraverso la diffusione universale del COVID 19. Per salvaguardare la vita di milioni di persone, per rendere compatibili con sostenibilità e attenzione all’ambiente le “catene di valore” dell’economia mondiale, è necessario ripensare principi e politiche delle relazioni internazionali. Un nuovo mondo prende le mosse. Anche attraverso una tutela maggiore di diritti umani inalienabili e rispetto di regole democratiche.

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