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L'Università Cattolica di Lublino

un ambiente culturale unico

L’ambiente dell’Università Cattolica, dove con molti timori iniziai la mia esperienza di insegnante, era particolarmente stimolante e rappresentava una sorta di oasi nel panorama delle università polacche, dove trovavano asilo numerosi studenti e docenti espulsi dalle altre università del Paese per ragioni politiche. Proprio per questo motivo aveva un gruppo di docenti di altissimo profilo, e inoltre aveva carattere nazionale, a differenza degli altri atenei polacchi a carattere più spiccatamente regionale.

Era stata fondata nel 1918 per iniziativa di alcuni docenti polacchi del seminario di San Pietroburgo, chiuso dopo l’insurrezione russa del 1917, che erano riusciti a salvare e portare in Polonia una parte della biblioteca. Lo scopo della nuova università era la ricerca scientifica e la formazione di una intellighencja cattolica. Fu scelto il motto “Deo et Patriae”, e l’8 dicembre 1918 vennero inaugurate le prime quattro facoltà: Giurisprudenza e Scienze Sociali ed Economiche, Teologia, Diritto Canonico e Lettere. 

Il periodo fra le due guerre vide lo sviluppo dell’università, che divenne una delle più importanti del Paese. In rapida successione vennero aperte le facoltà di filosofia, matematica, scienze naturali, medicina e la scuola di giornalismo.
Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale frenò bruscamente lo sviluppo dell’ateneo. Gli edifici furono requisiti e trasformati in ospedale militare, mentre i mobili, i libri e gli strumenti scientifici furono bruciati. Il rettore e 15 professori furono arrestati insieme a gran parte degli studenti e deportati ai lavori forzati in Germania o nei campi di concentramento, dove in molti trovarono la morte o furono giustiziati. Ciononostante, gli studenti e i docenti sfuggiti all’arresto diedero vita all’università clandestina – con lezioni, esami e riunioni del corpo docente.
Proprio l’organizzazione clandestina dell’Università durante l’occupazione tedesca ne consentì la riapertura immediatamente dopo la liberazione di Lublino nel luglio del 1944. Il Senato Accademico si insediò all’interno dell’edificio devastato (basti pensare che l’Aula Magna era stata trasformata in scuderia) immediatamente dopo l’ingresso in città dell’Armata Rossa e dichiarò ufficialmente l’inizio delle lezioni. A questo punto le autorità comuniste, che ancora cercavano un consenso fra la popolazione, non poterono far altro che arrendersi al fatto compiuto. Probabilmente avrebbero potuto impedirne la rinascita, ma non potevano ordinarne la chiusura, pena un vastissimo movimento di protesta popolare.

Soprattutto nei primi anni del dopoguerra furono moltissimi i giovani ricercatori e docenti che scelsero di lasciare le proprie università per rafforzare l’Università Cattolica, spesso rinunciando a privilegi e vantaggi, soprattutto rinunciando ad andare all’estero. In tal modo l’Università andò via via acquistando un prestigio sempre maggiore, attirando sempre più studenti da tutto il Paese.
Gli anni ’50 furono forse i più difficili: il rettore fu arrestato per essersi rifiutato di ammettere la presenza in Università dell’Associazione Giovanile Comunista, alcune facoltà furono chiuse, furono bloccati gli stage all’estero, si cercò in ogni modo di attirare i docenti in altre università - promettendo loro privilegi e denaro - alle istituzioni pubbliche fu proibito assumere laureati dell’Università Cattolica. Inoltre venne imposta una tassazione altissima che portò ad un forte indebitamento dell’università, per cui furono requisiti molti edifici. La situazione migliorò leggermente dopo il 1956 e dopo i cambiamenti al vertice del partito imposti dalla rivolta popolare di Poznań, benché continuassero la sorveglianza, le discriminazioni nei confronti di docenti e studenti, la censura e la pressione fiscale.
L’elezione di Giovanni Paolo II portò ad un certo ampliamento dello spazio di azione dell’Università e a una relativa diminuzione delle restrizioni per docenti e studenti, che, ad esempio, poterono più agevolmente recarsi all’estero per scambi culturali. Il fatto che il cardinal Wojtyła avesse fatto parte del corpo docente dell’università - aveva guidato la cattedra di Filosofia cristiana dal 1954 - era, ovviamente, motivo di particolare orgoglio, ma costituiva anche una sorta di protezione alla vita dell’ateneo, dal momento che molti giornalisti e mass media occidentali fecero interviste ai “colleghi” del Papa e fecero conoscere l’università all’estero.

Mi fu affidato l’insegnamento di lingua e cultura italiana con corsi sia per studenti che docenti. In tal modo ebbi la possibilità di entrare sia nel mondo giovanile, che in quello degli adulti.
Sotto la guida di padre Jan, allargai la rete dei miei punti di riferimento: innanzitutto cominciai a frequentare quotidianamente la parrocchia di padre Brzozowski, la chiesa della Visitazione, vero punto di incontro di tutta l’opposizione della città. A pranzo e cena la porta della canonica era aperta a chiunque. I pasti erano molto frugali: una zuppa, patate lesse e cavolo, raramente c’era un pezzo di carne. Normalmente non eravamo mai meno di venti, di solito si trattava di docenti e studenti non solo dell’Università cattolica, ma provenienti da tutte le università della città - l’università statale, l’accademia di medicina, l’accademia di agraria - oltre a numerosi esponenti del mondo artistico e culturale, anche perché fra i cappellani della parrocchia c’era padre Waclaw Oszajca, poeta e scrittore, che oggi è un affermato giornalista e uno dei più autorevoli commentatori della vita polacca. Erano momenti di dialogo, giudizio, scambio di informazioni su quanto stava accadendo, ma anche di semplice convivialità in un ambiente libero dal sospetto e dalla paura, in cui sentivamo di poterci rilassare - anche se poi abbiamo saputo che fra i più assidui partecipanti c’erano alcune spie dei servizi segreti, e non nascondo che per tutti noi scoprire nell’elenco i loro nomi è stato un grande dolore. 

All’interno dell’università mi incontravo regolarmente con il professor Kloczowski, che aveva creato il mio posto di lavoro e la cui famiglia mi aveva “adottata”. Famosissimo medievista, è uomo di grande spessore umano e scientifico: durante la guerra era stato ufficiale dell’Esercito di liberazione polacco (l’Armia Krajowa) e aveva partecipato all’Insurrezione di Varsavia, in cui aveva perso il braccio destro. Laureatosi a Poznań, dove aveva iniziato una brillante carriera accademica, nel 1950 aveva scelto di trasferirsi a Lublino per sostenere lo sviluppo dell’Università Cattolica e per questo lui e la sua famiglia (aveva quattro figli) avevano pagato un prezzo molto alto, vivendo per alcuni anni in gravissime ristrettezze economiche. Nel 1956 era inoltre stato tra i fondatori dei Club dell’Intellighencja Cattolica. Il professor Kloczowski fu letteralmente il mio mentore e attraverso di lui ebbi modo di conoscere alcune fra le menti più brillanti del mondo scientifico polacco e dell’opposizione, fra cui Tadeusz Mazowiecki e il professor Geremek. Dopo il 1989 è stato eletto al senato e per molti anni è stato il rappresentante della Polonia presso l’UNESCO.

Negli anni settanta e ottanta un filo segreto ma tenace legava Danzica a Lublino, un filo che aveva il volto del domenicano padre Ludwik Wiśniewski, grande esempio di pastore universitario, che con il suo carisma ha educato buona parte della futura classe dirigente polacca, prima a Danzica, dove aveva fondato il movimento “Mloda Polska” (Giovane Polonia), e poi Lublino, dove era l’anima di un gruppo di giovani che avevano dato vita al movimento e alla rivista clandestina “Spotkania”, (Incontri), di cui CSEO pubblicò poi in italiano alcuni numeri.
La rivista era stata fondata da Janusz Krupski, morto purtroppo nella tragedia di Smoleńsk del 2010, che divenne mio amico fraterno. “Spotkania” pubblicava i testi di Milosz, Herling, Giovanni Paolo II; in alcuni casi Janusz fece tradurre questi ultimi nelle lingue degli altri Paesi del blocco sovietico e li trasportò di contrabbando in Cecoslovacchia, Ucraina, Lituania. Dopo l’introduzione dello Stato di Guerra nel 1981 era riuscito a nascondersi per quasi un anno, e venne catturato solo a metà del 1982. Il 21 gennaio 1983 fu vittima di un grave attentato da cui si salvò per miracolo. Venne rapito a Varsavia dai Servizi Segreti, portato in un bosco e cosparso di una miscela fenolo e disinfettante, riportando delle ustioni gravissime su tutto il corpo. Cominciai a partecipare regolarmente alle riunioni settimanali del gruppo raccolto attorno alla rivista e così ebbi modo di vedere come lavorava e funzionava la stampa clandestina: la continua ricerca di luoghi sicuri dove nascondere il preziosissimo ciclostile, la mitica “Zuza” (Susanna), le difficoltà nel reperire la carta, l’inchiostro, le matrici, le notti a battere a macchina o ciclostilare sempre con il cuore in gola per il timore di essere scoperti. 

Ogni fine settimana prendevo il treno notturno, che impiegava 12 ore per fare 350 km, e andavo a Cracovia a casa dei coniugi Grygiel. Quando mia madre mi chiese se non era pericoloso muoversi di notte, io in totale buona fede e per farla stare tranquilla dimostrandole quanto ero prudente, le risposi che prenotavo sempre la cuccetta in alto, così ero sicura che nessuno mi avrebbe vomitato addosso, come era capitato ad una mia amica che aveva preso la cuccetta in basso. Mia madre, inorridita, decise che era più sicuro muovermi in macchina e così il secondo anno mi comprò una macchina di sesta mano per trecentomila lire, che poi si rivelerà fondamentale durante lo Stato di Guerra.

30 ottobre 2014

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