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"Un genocidio brillante"

un film denuncia la strage degli acholi in Uganda

Un nuovo film racconta la tragica vicenda del popolo acholi, sterminato tra 1986 e 2006 (2 milioni di vittime) nel conflitto tra Joseph Kony, il signore della guerra che comanda il "Lord's Resistance Army", e il leader ugandese Yoweri Museveni. 

Secondo la BBC online, gli acholi erano inizialmente rappresentati da un'ex prostituta, Alice Lakwena, forse cugina di Kony, che prometteva di guidarli verso un regime "guidato dallo Spirito Santo" e di renderli immuni dalle pallottole dell'esercito regolare. Museveni in realtà sconfisse il movimento diretto dalla donna, che nel 1998 dovette riparare in Kenya. Fu in quel momento che Kony fondò il proprio esercito, anch'esso fornito di una giustificazione pseudo-religiosa - "imporre il rispetto dei 10 comandamenti"- e cominciò a ridurre in schiavitù migliaia di bambini, per farli combattere o per violentarli. 

Secondo il sito Justice in Conflict, uno dei pochi a rifarsi a fonti come la Corte Penale Internazionale per discutere di queste vicende ancora molto controverse perché recentissime, il massacro degli acholi cominciò nel 1999, quando, per combattere Kony, il governo ugandese rinchiuse gli acholi nei "campi protetti", pena le bastonate o il bombardamento dei loro villaggi. In questi campi non solo i civili non sarebbero stati protetti dal terribile LRA, ma sarebbero anche stati esposti a terribili condizioni di vita, a violenze e stupri e a malattie quali ebola, colera e aids. Ne morivano, secondo dati OMS del 2005, 1000 a settimana (non solo di malattie ma anche per cause violente), su 1.800.000 internati, che costituivano il 90% del popolo acholi. 

La questione se la strage degli acholi sia giuridicamente un genocidio è ancora dibattuta. Recentemente è stata oggetto di un workshop tra il vescovo locale, Kitgum Macleod Baker Ochola II, e un rappresentante delle Nazioni Unite. L'ipotesi che viene avanzata da Ochola, ma che non è stata confermata dai Tribunali internazionali, è che sia stata compiuta una violazione dell'art. 6 dello Statuto di Roma, su interventi miranti a distruggere un gruppo in tutto o in parte. Secondo altri osservatori le terribili condizioni dei campi creati dall'Uganda erano la conseguenza di un'indifferenza e di un'inerzia da parte del governo di Museveni, ma non veniva a formarsi il requisito mentale del reato di genocidio, cioè un deliberato intento di eliminare il gruppo oggetto di violenza. 

La controversia tuttavia è ancora in corso ed è in questo ambito che si può segnalare il film A brilliant genocide, di cui parla diffusamente la giornalista Ann Garrison, che si è già occupata delle tematiche relative al genocidio del Ruanda contro i tutsi e gli hutu moderati, sul sito Web africano progressista Pambazuka, in uno speciale su "Fare i nomi degli autori dei crimini" che vengono compiuti nelle guerre africane.

Il documentario firmato da Ebony Butler accusa direttamente Museveni di avere voluto sterminare gli acholi, dichiarando propagandisticamente di rinchiuderli nei campi per proteggerli. Accusa anche gli USA di avere chiuso un occhio davanti a tali atrocità, "continuando a finanziare ininterrottamente la macchina militare ugandese", come dichiara un editore intervistato per la pellicola, Milton Allimadi. l film, destinato a far discutere, verrà mostrato in un festival del cinema a Londra il 30 settembre. Verrà inoltre mandato in onda dalla tv di Stato russa tra il 1° ottobre e il prossimo 28 febbraio. Perciò potrebbe essere destinato in qualche modo a condizionare il dibattito su questa tragica storia che ha dei riflessi anche sul vicino Rwanda e su altri Paesi nei quali vi sono stati interventi militari dell'Uganda.

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