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A Lesbo, un'atmosfera di conflitto

intervista a Daphne Vloumidi

Abbiamo parlato di ciò che sta accadendo in Grecia con Daphne Vloumidi, l’albergatrice di Lesbo Giusta per l’accoglienza al Giardino dei Giusti di tutto il mondo di Milano, dove nel 2018 le è stata dedicata una targa per aver aiutato i profughi che a migliaia arrivavano sull’Isola nel 2015 e aver ottenuto - grazie alla sua protesta, che le è costata anche un arresto - alcune regole più umane sull’Isola per l’accoglienza dei migranti.

In questi giorni, dopo l’apertura delle frontiere da parte di Erdogan, la situazione degli arrivi di profughi, già difficilissima come dimostrano anche le condizioni disumane del campo di Moria, è di nuovo peggiorata improvvisamente. 5 anni fa arrivavano migliaia di persone al giorno, oggi sono molti meno ma ci sono tratti di violenza che in quell'emergenza non c'erano. 

Daphne qual è la situazione, dove ti trovi al momento?

Io sono ad Atene. So che i reporter che erano a Lesbo per progetti fotografici sui migranti dell'Isola “al passato”, in questi giorni, inevitabilmente, si sono trovati a immortalare ciò che sta accadendo. La gente ha preso il potere come se fosse una rivoluzione, è diventata violenta, e non solo i soliti fascisti o xenofobi, anche le persone semplici sembrano impazzite, e la polizia non interviene.

C’è un’atmosfera di forte conflitto. La polizia non fa niente per contenerla. Le persone vengono fermate per strada da cittadini semplici che chiedono chi sei, perché sei lì - cercano di capire se sei un volontario. Le persone sono tutte contro i volontari perché pensano che siano loro a portare la gente dalla Turchia. Dicono: “Quando arrivano i profughi, i volontari sono già sul posto, sono tutti già al porto. Come fanno? Devono essere d’accordo…”. Non capiscono che è normale che sia così, si fa quello che c’è da fare. Quelli che cercando di aiutare sanno che le persone continuano ad arrivare, conoscono la situazione politica: Erdogan ha aperto i confini e sta lasciando che i profughi fuggano verso la Grecia e l’Europa, appena il mare consente di viaggiare è normale che arrivino. I volontari sono lì ad aspettare. E sono in pericolo: rischiano la vita. Stanno cominciando, infatti, ad andarsene dall’Isola; da noi all’albergo arrivano disdette di prenotazioni di molti volontari da diversi Paesi.

Al piccolo porto vicino all’albergo è arrivata una barca con una cinquantina di profughi e le persone locali impedivano loro di scendere dall’imbarcazione. Sono rimasti per ore intere allo stremo delle forze, senza cibo, senza acqua. Poi, a un certo punto, gli “uomini del paese” hanno deciso di concedere loro un po’ di acqua, ma SOLO per le donne. Lo puoi immaginare? Sono dei folli. È una violenza infinita che non ho mai visto nella mia vita, è la prima volta. Non puoi immaginare come le cose e le persone siano cambiate dal 2015 a oggi. E credo che, a livello locale, sia una responsabilità del governo greco, che per tanti anni non ha fatto quello che doveva fare.

Da quello che mi dici, sembra un quadro ancora peggiore rispetto al 2015, dal punto di vista della violenza e delle reazioni delle persone…

Lo è, assolutamente. In quel periodo eravamo in tanti a cercare di aiutare. Anche la gente semplice, senza idee politiche, aveva il cuore aperto per tutte quelle persone che sbarcavano sull’Isola. C’era una speranza, quella che forse tutti insieme avremmo potuto cambiare il mondo in qualche modo. Sapevamo che era probabilmente un’illusione, però c’era l’entusiasmo dato dal fatto che eravamo in tanti a voler fare qualcosa, condividevamo l’idea che si doveva soccorrere. Adesso invece siamo in pochissimi, e siamo i nemici.

So che si voleva aprire un nuovo punto di accoglienza ma la popolazione locale si è opposta.

Sì esatto. Si voleva aprire un nuovo centro, ma è stato bloccato a causa delle rimostranze dei cittadini. Almeno avrebbe potuto aiutare un po’ coloro che stanno arrivando adesso, ad avere delle condizioni di vita più normali. Anche se chiuso non importa: adesso i profughi sono liberi, ma che tipo di libertà è quella che hanno? Moria, ormai, più che un campo profughi è un campo di concentramento.

L’Isola è divisa in due, ma non c’è un governo: la parte nord e la parte sud. Quelli che arrivano da nord vengono bloccati dalle persone, non li lasciano andare verso Moria. E a Moria dicono “basta, non possiamo accogliere più”. Ma come si fa a non accettare, dove devono andare queste persone? Oggi abbiamo saputo che sono state portare al porto, dove c'è una nave su cui si stanno facendo le registrazioni per le richieste d'asilo. 

Pensa che ieri - che qui in Grecia era la festa di chiusura del carnevale prima del digiuno fino alla Pasqua - gli abitanti di Lesbo sono andati a fare i picnic proprio nel luogo dove doveva sorgere il nuovo centro, che non è mai stato una postazione tipica per questo genere di cose, non ci andava mai nessuno, ci sono altre zone bellissime e più adatte. Non è stato casuale. Lo hanno fatto probabilmente per dire: “ci riprendiamo la nostra isola, la nostra casa”.

Spero che quest'anno i turisti vengano, ma, se non verranno, la popolazione di Lesbo sarà ancora più arrabbiata. L’economia è distrutta. Ma è la conseguenza di scelte sbagliate.

C’è un messaggio che ti sentiresti di lasciare, anche in vista della prossima Giornata dei Giusti dell’umanità, come cittadina di Lesbo, come Giusta per l’accoglienza?

Come cittadina di Lesbo, sto cercando di salvare la mia dignità. Non puoi immaginare quanto alcuni di noi si vergognino di quello che sta accadendo. C’è gente che ha paura… prima erano i profughi ad avere paura, poi si sono un po’ tranquillizzati e hanno cercato di proseguire con la loro vita. Ora però, c’è una situazione che sembra quasi un conflitto civile, una realtà tremenda. E io non sono una di quelle persone che esagerano, catastrofista.

Helena Savoldelli, Responsabile del coordinamento Redazione

4 marzo 2020

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