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Contro la guerra: gli obiettori di coscienza in Turchia

di Murat Cinar

“Ho paura mamma, mi sono cresciute le mani, gli stivali e le strade sono più grandi ora. Mi chiamano all’esercito, mi dicono di sdraiarmi e di alzarmi, mi dicono che può scoppiare la guerra, mi dicono di uccidere”.

Questa è la famosa canzone “Mamma” del cantautore Yasar Kurt. È un piccolo esempio per comprendere come vive un giovane maschio in Turchia. Come prevede la legge, i giovani maschi che compiono 20 anni devono presentarsi presso l’ufficio di leva più vicino. Il servizio militare è ancora obbligatorio in Turchia e il diritto all’obiezione di coscienza non è riconosciuto dalla Costituzione.

Per coloro che si oppongono a questo sistema militarista e nazionalista è prevista una vita molto complicata. La legge prevede che i militari si occupino dei latitanti, prendano con la forza i cittadini che si oppongono al servizio militare e li portino all’ufficio più vicino oppure in una caserma militare. Se da parte dell’obiettore la resistenza continua non è raro il maltrattamento all’interno della caserma. Successivamente all’obiettore spetta un percorso legale che prevede la detenzione e anche una multa salata. Finché il cittadino non riesce a dimostrare che per via di impegni straordinari previsti dalla legge (salute, carriera accademica o lavoro all’estero) non può svolgere il servizio militare deve assolutamente aderire all’esercito. Nel caso in cui il cittadino non avesse l’intenzione o la possibilità di presentare una scusa e se avesse l’obiettivo di dichiarare la sua obiezione di coscienza gli spetta una vita di morte civile. Un futuro da invisibile che vede la negazione di una serie di diritti civili fondamentali.

In un paese come la Turchia dove l’istruzione, i media, la vita quotidiana in tutti i sensi e anche le parole d’ordine e i programmi elettorali di quasi tutti i partiti parlano di quanto sia bello morire per la patria, di quanto sia importante difendere i confini nazionali, di quanto importante sia lottare contro il terrorismo e di quanto sia stato utile versare il sangue per fondare la Repubblica, ovviamente è difficile ma anche altrettanto importante opporsi alle politiche di guerra, alla cultura militarista quindi al servizio militare. Infatti la Turchia insieme alla Bielorussia e all’Azerbaigian sono gli unici paesi, tra i 47 che fanno parte del Consiglio d’Europa, che non riconoscono il diritto all’obiezione di coscienza.

Il movimento contro la guerra diventa un movimento di obiettori di coscienza in Turchia verso la fine degli anni 80. I primi obiettori che hanno dichiarato la loro obiezione pubblicamente sono Tayfun Gönül e Vedat Zencir. Questi due giovani hanno dovuto fare i conti con la giustizia, con il maltrattamento delle guardie, con l’emarginazione e l’esclusione sociale, con una vita passata tra le aule del tribunale, la casa e l’ufficio di leva. Sia loro sia i successivi obiettori di coscienza hanno conosciuto le mura fredde del carcere, alcuni ci sono rimasti per due o tre mesi, altri per più di tre anni. I primi obiettori di coscienza, trovando spazio nei media mainstream, in quegli anni sono riusciti per la prima volta a rendere pubblica la loro posizione politica, e come conseguenza quei giornalisti che hanno cercato di attirare attenzione su questo diritto non riconosciuto dalla Costituzione in Turchia sono stati denunciati, processati e successivamente condannati.

Proprio in quel periodo nasce la Savaş Karşıtları Derneği (Associazione contro la guerra) che si trasforma nella Vicdani Red Dernegi (Associazione degli obiettori di coscienza). Secondo l’associazione, l’obiettore di coscienza è colui che si rifiuta di partecipare all’esercito per via della sua religione, delle sue idee politiche o della sua posizione etica/morale. Dunque l’associazione definisce l’obiezione di coscienza come un atto di disobbedienza. Anche se la costituzione turca riconosce il diritto alla libertà di culto e alla libertà di coscienza, il diritto all’obiezione di coscienza militare non è riconosciuto. Nonostante il fatto che la Turchia abbia firmato la Carta europea dei diritti dell’uomo, dove sarebbe riconosciuto il diritto all’obiezione di coscienza, la posizione di Ankara non viene né penalizzata dalla CEDU, né resa pubblica nelle occasioni e nelle sedi opportune dagli alleati di Ankara.

Dalla fondazione dell’Associazione, in Turchia il 15 maggio di ogni anno viene celebrata clandestinamente la giornata degli obiettori di coscienza. In diverse città come Istanbul, Ankara, Izmir e Antalya vengono organizzati dei presidi che si concludono con l’intervento della polizia. Nel 2001 per la prima volta in Turchia durante lo svolgimento del servizio militare, presso una caserma, il cittadino Mehmet Bal dichiara la sua obiezione di coscienza. Sempre nel 2001 il cittadino Mehmet Tarhan decide di dichiarare la sua obiezione di coscienza prima di tutto per via della sua posizione contro la partecipazione militare della Turchia nella guerra in Afghanistan. Successivamente, l’orientamento sessuale di Tarhan diventerà un elemento importante per la sua obiezione di coscienza. Con questi casi e gli altri analoghi all’inizio degli anni 2000 il movimento degli obiettori di coscienza si arricchisce sempre di più con la partecipazione di coloro che si oppongono alle politiche di guerra e alle politiche omotransfobiche istituzionali in Turchia. Infine nel 2007 il cittadino Enver Aydemir dichiara la sua obiezione di coscienza definendo il servizio militare obbligatorio come una proposta contro i principi dell’Islam quindi Enver diventa il primo obiettore di coscienza della Turchia per via della sua religione musulmana.

In Turchia gli obiettori di coscienza devono fare i conti con una serie di problemi, complicazioni, percorsi legali, maltrattamenti. I percorsi legali vengono seguiti spesso e volentieri dai tribunali militari. Inoltre gli obiettori di coscienza vengono processati secondo il codice penale con l’accusa di fare propaganda contro il servizio militare obbligatorio, articolo 318. Quest’ultimo incubo ha colpito anche alcuni personaggi mediatici e pubblici importanti che anche in un modo indiretto e velato si sono dichiarati contro l’obbligo di svolgere il servizio militare in Turchia.

Secondo l’ultimo report preparato dall’Associazione nel 2021 in Turchia ci sono 85 cittadini obiettori di coscienza che devono fare i conti con multe salate, il rischio di finire in carcere e con una vita di morte civile. Tuttavia è importante sottolineare il numero elevato di quei cittadini che pur non dichiarando la loro obiezione di coscienza cercano di evitare il servizio militare obbligatorio. Nel 2019 in base ad un’inchiesta parlamentare il Ministro della Difesa nazionale, Hulusi Akar, dichiarò che in Turchia c’erano più di 370.000 persone che non si sono presentate in tempo presso gli uffici per il servizio militare per svolgere la leva, e non hanno nemmeno dichiarato una scusa per rimandare. Quindi queste persone possono essere definite come latitanti. Quest’ultima non è una notizia nuova per la Turchia, infatti sia per recuperare la forza umana nell’esercito, sia per trasformarla in un’energia economica, i governi precedenti e anche quello attuale, diverse volte si sono rivolti alla soluzione del condono. Ovvero coloro che rientrano in alcuni criteri possono pagare una cifra abbastanza elevata per non svolgere il servizio militare oppure per aver la possibilità di fare il servizio breve. Questa opzione, dato che è una sorta di sanatoria, prima di tutto è soggetta alla propaganda elettorale come promessa da realizzare nel caso di una vittoria elettorale, e ovviamente è un’opzione riservata a coloro che hanno soldi. Dunque, in Turchia, svolgere il servizio militare obbligatorio è un’opzione inevitabile prima di tutto per i poveri.

Oggi, l’Associazione degli obiettori di coscienza porta avanti la sua attività informando la popolazione in merito a questo diritto non riconosciuto, inoltre porta avanti a livello nazionale ed internazionale i percorsi legali per la difesa del diritto all’obiezione di coscienza. Oltre a creare una rete nazionale e internazionale tra gli obiettori di coscienza, l’Associazione porta avanti anche un grosso lavoro di formazione e aggiornamento in merito ai cambiamenti legislativi locali e internazionali. Infine, l’Associazione degli obiettori di coscienza in Turchia, in collaborazione con le associazioni sorelle presenti all’estero, realizza manifestazioni, presidi e conferenze dal vivo oppure online, con il fine di organizzare e arricchire una cultura contro la guerra. L’esempio più evidente di quest’ultimo impegno si è manifestato nel conflitto azero-armeno, nel conflitto siriano e infine nella guerra in atto tra l’Ucraina e la Russia. L’Associazione turca ha divulgato e diffuso i comunicati stampa, le notizie, gli articoli e le dichiarazioni video degli obiettori di coscienza presenti in questi paesi.

Murat Cinar, giornalista esperto di Turchia

27 luglio 2022

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