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​Il Collegium Bohemicum, i tedeschi dei Sudeti e i cechi

un passo verso la riconciliazione

Quella dell'espulsione dei tedeschi dai Sudeti, la regione dell'allora Cecoslovacchia confinante con la Germania e l'Austria, è una delle numerose ferite non ancora rimarginate lasciate dalla Seconda Guerra Mondiale. Forse è una cicatrice meno visibile di altre perché appartiene al popolo giudicato "colpevole" di aver scatenato il conflitto, ma non è per questo meno dolorosa per i circa 3 milioni di tedeschi, e dei loro figli e nipoti, allontanati dal Paese in cui vivevano da secoli e dove fu loro confiscata senza indennizzo ogni proprietà.

Una parentesi storica dolorosa che getta un'ombra cupa sul clima ottimista del periodo immediatamente successivo alla fine delle ostilità, contrassegnato da violenze contro la cospicua minoranza tedesca accusata di tradimento per aver appoggiato prima il partito nazista dei Sudeti, guidato da Konrad Heinlein, e poi l'annessione al Reich. Sete di vendetta e crudeltà gratuite che, secondo il risultato di una commissione di indagine ceco-tedesca, causarono 20-30.000 vittime accertate, cui vanno aggiunti i quasi 6.000 suicidi per disperazione soltanto nel 1946, oltre a saccheggi e ingiustizie di ogni tipo. Contando anche i decessi dovuti a malnutrizione, maltrattamento e detenzione nei campi di concentramento si arriva alle 270.000 vittime stimate dalle organizzazioni dei tedeschi dei Sudeti.

In quest'ottica va dunque interpretata come di straordinaria importanza la notizia dell'apertura della Rappresentanza dello Stato libero bavarese in Repubblica Ceca. "Si tratta di un evento storico, e non sono parole che uso spesso," ha dichiarato il primo ministro bavarese Horst Seehofer durante l'incontro con il premier ceco Bohuslav Sobotka nel palazzo Chotek, futura sede del nuovo organismo diplomatico. Parte del merito di questo riavvicinamento va riconosciuto all'ex premier ceco Petr Nečas che in visita presso il Parlamento bavarese nel febbraio 2013 pronunciò le storiche parole: "Siamo spiacenti che l'espulsione dopo la guerra, così come lo sfollamento forzato dei tedeschi dei Sudeti dall'allora Cecoslovacchia, l'esproprio e la negazione della cittadinanza, abbia causato tanto dolore e ingiustizia a persone innocenti. Contemporaneamente mi rendo conto dell'apporto fondamentale degli abitanti di lingua tedesca nelle terre ceche." Dei tre milioni di tedeschi allontanati dalla Cecoslovacchia, infatti, circa 2 milioni trovarono rifugio in Bavaria. I rapporti tra la Repubblica Ceca e la Bavaria, anche grazie alla zelante attività della potente organizzazione locale dei tedeschi dei Sudeti, sono stati a lungo tesi. Non è un caso, dunque, che il premier del Land bavarese abbia visitato la Repubblica Ceca per la prima volta soltanto nel 2010, 65 anni dopo la fine della guerra.

"Sono felice di poter comunicare che il nostro governo finanzierà il progetto Collegium Bohemicum sulla storia degli abitanti di lingua tedesca nelle terre ceche. Il progetto non omette i lati oscuri della storia ma dà la precedenza alle pagine positive di una convinvenza che qui, nell'Europa centrale, è durata più di 800 anni," ha dichiarato Sobotka, il cui governo metterà sul tavolo della riconciliazione 50 milioni di corone (1,8 mil €). Sin dai tempi del Sacro Romano Impero, infatti, la componente germanica ha ricoperto un ruolo fondamentale nella cultura e nella storia ceche. Prima della guerra nel Paese di Tomáš Garrigue Masaryk, sorto dalle ceneri dell'Impero Austro-Ungarico, vivevano ben 3,2 milioni di cechi di etnia tedesca su circa 10 milioni di abitanti.

Questo evento storico apre quindi le porte a una nuova stagione di collaborazioni che nell'immediato futuro vedranno il viaggio del premier ceco in Bavaria a capo di una delegazione di politici e imprenditori, seguito da un programma di esposizioni comuni e progetti scientifici con'obiettivo di costruire, nel lungo termine, un collegamento ferroviario veloce tra Praga e Monaco.

Se il desiderio di fare affari ha certamente avuto il suo peso, non è però da sottovalutare la valenza politica e simbolica di questo passo. È passato infatti appena un anno da quando, nella corsa al seggio presidenziale, l'attuale presidente Miloš Zeman non ha esitato a riattizzare vecchi focolai di odio e rancore che si speravano sopiti. Durante la campagna presidenziale ha accusato il suo rivale, il principe Karel Schwarzenberg, di voler rimettere in discussione i famosi decreti di Beneš che legittimavano gli espropri e le deportazioni, facendo leva sulle sue origine austriache. A nulla è valso il fatto che si trattasse di un colpo basso privo di fondamento. È anche grazie a questo spauracchio ancora vivo che Zeman ha vinto le elezioni ed è salito al castello di Praga trainato da antichi rancori e paure.

Quella dai Sudeti non fu l'unica espulsione dei tedeschi ma rappresentò comunque un tassello importante della partita geopolitica che nel 1954 si era aperta sullo scacchiere di Yalta con il benestare degli alleati vincitori, Stati Uniti e Unione Sovietica in testa. Probabilmente nell'inconscio dei nuovi "coloni" cechi che occuparono, in modo più o meno legale, le ghiotte proprietà degli operosi tedeschi persiste ancora oggi un senso di colpa nascosto e una paura ingiustificata di perdere il maltolto. Questo spiegherebbe le reazioni piccate di una buona fetta dell'elettorato ceco. Come storicamente noto, infatti, furono molti i cechi che approfittarono del caos post-bellico e dell'euforia della liberazione del Paese per scatenare rappresaglie violente e sistemare vecchi conti privati.

Fortunatamente le generazioni più giovani, non appesantite dai sensi di colpa e dai rancori del passato, dimostrano un certo interesse per la storia del proprio Paese, anche nei sui lati più oscuri. Negli ultimi anni, alcuni film in programmazione nelle sale ceche hanno contribuito a riaprire il dibattito, offrendo una visione più oggettiva del dramma vissuto dalle vittime che, va ricordato, erano  cittadini cecoslovacchi seppur di etnia tedesca. Tutto questo mentre pochi coraggiosi, che non temono di scontrarsi con gli anziani che preferirebbero dimenticare il passato, vanno a cercare nei centri sperduti le fosse comuni dei tedeschi perché, almeno nella memoria, sia fatta giustizia.

Andreas Pieralli, giornalista e traduttore

11 dicembre 2014

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