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Iran, donne e giornalisti sotto pressione

dopo i gravi fatti di Isfahan

L'impiccagione della giovane iraniana Reyhaneh Jabbari, condannata per aver ucciso l'uomo che aveva tentato di violentarla, ha riportato all'attenzione generale la questione dei diritti umani in un Paese, che sembra non avere fatto progressi sul fronte delle riforme, nonostante le attese suscitate dalla elezione di Hassan Rohani alla presidenza della Repubblica.

Nei giorni in cui il tribunale di Teheran rifiutava la grazia a Reyhaneh altri fatti hanno mostrato l'atteggiamento intollerante delle autorità verso le proteste e le denuncie delle ingiustizie. Sotto attacco sono i giornalisti dell'agenzia di stampa Isna, che avevano diffuso la notizia delle donne sfregiate con l'acido nella città di Isfahan, intervistando le vittime. Quattro reporter e un fotografo, criticati dagli esponenti più intransigenti delle istituzioni per aver diffuso notizie pericolose e infondate, sono stati arrestati. Le autorità non hanno gradito l'ipotesi circolata, secondo cui gli aggressori sarebbero stati spinti dall'estremismo religioso e le donne sarebbero state punite per l'abbigliamento non consono alle regole, e hanno accusato la stampa di aver avvelenato il clima con l'allarmismo.

Anche Nasrin Sotoudeh, avvocatessa famosa per aver seguito casi riguardanti i diritti umani e politici, sta pagando il suo impegno con una sospensione per tre anni dall'attività in tribunale, su decisione dell'Ordine degli avvocati di Teheran, che questa volta si è piegato alle pressioni del regime. Sotoudeh non si è arresa, anzi da una settimana sta tenendo un sit-in davanti alla sede dell'Ordine, e ha anche preso parte alle manifestazioni di protesta contro gli attacchi con l'acido e dichiarato che il governo ha il dovere di garantire la sicurezza dei cittadini, perchè "al momento, qualsiasi sia il motivo, la sicurezza delle cittadine è in pericolo".

E il Rapporto presentatato due giorni fa a New York dal relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani in Iran, Ahmed Shaheed, ha denunciato numerose violazioni, il peggioramento della condizione femminile e le discriminazioni a danno delle minoranze religiose. Secondo il rapporto le esecuzioni capitali in Iran sono aumentate dopo la nomina di Rohani a capo del Paese, con 852 persone giustiziate tra il luglio 2013 e il giugno 2014 (contro 580 nel 2012) e la tortura nelle prigioni è ancora utilizzata. Inoltre il numero delle donne iscritte all'università è sceso al 48% nel 2013-2014, dal 62% nel 2007-2008.

Accuse contestate da Forouzandeh Vadiati, rappresentante dell'Iran all'Onu, che ha negato l'esistenza di problemi per le donne iraniane e l'impiego della tortura, vietata dalla legge iraniana, e ha aggiunto che le critiche contenute nel rapporto sono mirate ad accentuare la "iranofobia e la islamofobia" fomentata da alcuni Paesi.

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