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La climber iraniana che denuncia la gabbia del regime

“In Iran rischierei la vita e sarei inutile. Qui posso fare molto di più: condividere immagini e parole della ribellione”

Pubblichiamo di seguito la storia della scalatrice iraniana Nasim Eshqi che, dopo l'uccisione di Mahsa Amini, si è espressa pubblicamente sulla brutalità del regime di Teheran e oggi non può rientrare in modo sicuro nel suo Paese. Una versione di questo articolo, a firma di Cristina Giudici, è apparsa su Il Foglio il 31 dicembre 2022.

Dopo l’ultima escursione sulle Alpi francesi, è scoppiata la rivolta nel suo Paese e ha deciso di non tornare più indietro a Teheran dove è nata e cresciuta. E di restare in Europa dove è protetta con discrezione dalla comunità degli alpinisti. Nasim Esqhi ha 40 anni ed è una delle pioniere del free climbing. E anche dello sport praticato senza indossare il velo che ora diverse sportive hanno tolto nel nome della libertà e di Mahsa Amini. 

Nasim è diventata free climber quando aveva 23 anni. Sin da piccola si sentiva diversa. Quando a nove anni ha dovuto indossare il velo e ha capito che essere una donna nella Repubblica Islamica dell’Iran avrebbe significato restare ai margini di una società patriarcale, sentirsi fragile, si è tagliata i capelli perché desiderava essere forte come un maschio. Allevava un’aquila, indossava abiti colorati, faceva rumore, parlava in modo troppo diretto. E saltava la scuola per praticare arti marziali di nascosto dalla famiglia, che era contraria. Partecipava alle gare e nascondeva le medaglie che vinceva. Diventata un’agonista del kickboxing, avrebbe dovuto andare all’estero per perfezionarsi ma si è rifiutata di partecipare a una competizione internazionale per non indossare il velo. “Non volevo essere usata come strumento di propaganda e ho smesso”, ha detto nel documentario Climbing Iran, girato dalla regista Francesca Borghetti che l’ha aiutata ad aprire una nuova strada sulle Alpi, in Trentino. 

Fino a quando Mahsa Amini non è stata uccisa, Nasim è stata una sorta di funambolo che viveva in bilico fra la libertà che aveva trovato in montagna e la vita vissuta in città dove era obbligata a rispettare le leggi della Repubblica islamica. In montagna dove ha imparato ad arrampicarsi, seguiva le sue leggi che la rendevano libera, senza costrizioni e senza indossare lo jihab. Ha aperto nuove strade in alta quota. Anche in zone remote dell’Iran, dove ne ha dedicata una alle donne – a girl for all the season - grazie all’aiuto di alpinisti esperti che hanno intuito la sua potenza nelle gambe, nelle mani e nella mente. E oggi ha una profonda gratitudine verso un alpinista maschio che aveva creduto in lei e si era esposto per aiutarla. “Quando l’ho conosciuta, pensavo fosse impossibile che una ragazza in Iran potesse raggiungere un livello così alto nelle arrampicate e fare cose eccezionali all’aperto. Perciò pensavo vivesse all’estero. Ci ho messo un po’ a convincermi che avesse fatto tutto da sola”, ha raccontato Sina Heidari, che è diventato il suo compagno di arrampicate e di vita. Nasim - il cui nome significa vento leggero - è sempre stata un uragano. Una volta diventata un’esperta free climber, ha cominciato ad allenare altre donne e adolescenti alle quali ha salvato la vita, grazie allo sport che aveva salvato la sua vita. Diventando una guida che veniva riconosciuta come tale anche dagli uomini. Diciassette anni fa, ha trovato la sua strada. Su una parete, appesa a una roccia, a fare uno sport che l’ha obbligata ad andare piano, a stare attenta ad ogni passo. Come nella vita che ha vissuto in Iran. E dopo aver aperto la sua di strada nelle montagne iraniane, è stata in India, In Oman, in Turchia, in Armenia, negli Emirati Arabi, in Georgia e in Europa. Fino ad oggi, Nasim Eshqi ha aperto più di 100 nuove strade in alta quota. 

A Teheran è stata più volte fermata dalla polizia morale perché si arrampicava con gli uomini, perché non indossava il velo correttamente, perché andava in bicicletta. Non è andata in prigione, ma è stata più volte in una cella, per diversi giorni, anche in isolamento. A Teheran viveva con il suo compagno Sina Hadari, anche lui alpinista. La coppia ha ricevuto tantissime convocazioni dalla polizia morale perché era stata fotografata in macchina senza velo o con lo hijab non indossato correttamente. E non si sono quasi mai presentati per evitare di finire in carcere finché la polizia ha sequestrato la loro automobile. Per recuperarla, venderla e venire in Europa, Sina ha dovuto pagare diverse multe e seguire un corso di religione. 

Quando ha iniziato, c’erano poche donne che si arrampicavano all’aperto, come lei. E ha aiutato molte donne a salvarsi la vita, grazie alla montagna. Nel documentario Climbing Iran, la regista che è diventata amica e sorella di Nasim, la presenta così:La prima volta che ho visto Nasim, era su un giornale. Era appesa a una parete di roccia, aveva i capelli iberi al vento e lo sguardo dritto alla cima. Veniva descritta come l’unica donna capace di aprire nuove vie sulle montagne dell’Iran”. Nel documentario si raccontano tutte le sfide che è riuscita a superare, da sola, per fare free climbing, aprire la prima strada sulle montagne iraniane dedicata alle donne grazie all’aiuto di scalatori esperti che le hanno riconosciuto forza e talento. E come è diventata un’allenatrice che ha salvato la vita a molte donne iraniane grazie al free climbing. “Allora la polizia non veniva a controllare alle pendici delle montagne e tutti eravamo liberi di essere noi stessi. Uomini, donne e bambini: eravamo tutti uguali”, ha raccontato. “Poi ho cominciato ad aiutare altre donne a emanciparsi ma molte, davanti alle difficoltà, si sono tirate indietro. La montagna è una metafora della vita, non ci si può tirare indietro dicendo che non è possibile andare avanti. Niente è impossibile. Se trovi un ostacolo, devi imparare a superarlo. Se un sentiero si chiude, ne apri un altro. La montagna ti permette di superare limiti, debolezze, esplorare te stessa, capire chi sei”. 

Quando Mahsa Amini è stata uccisa, Nasim Eshqi era già diventata famosa per via del documentario Climbing Iran. Fino ad allora aveva vissuto la sua libertà in modo discreto. Consapevole che essere stata una pioniera, sempre un passo avanti, significava dover guardarsi alle spalle. Unghie dipinte di rosa che graffia durante le sue arrampicate e ridipinge ogni volta che torna a terra, oggi Nasim Eshqi è una donna orgogliosa della sua femminilità che nell’Iran, totalitario e misogino, rappresenta un tabù. Con il suo esempio, ha aperto una strada anche per le altre donne che si sono ribellate dopo di lei. Nasim Eshqi ha versato troppe lacrime, ha convissuto per tutta la sua vita con un groppo sulla gola, in tensione continua. Poi ha detto basta. Era stanca di sentirsi dire che era sporca o peggio, una puttana, perché una donna libera e un’atleta riconosciuta. Non ha più voluto stare zitta e ora sui suoi social media, amplifica la voce e di tutte le donne iraniane. Quando ha deciso di restare in Europa perché era troppo conosciuta per tornare indietro, senza rischiare la vita, Il suo compagno, anche lui alpinista, è tornato in Iran a prendere tutti i documenti. Vivevano insieme a Teheran, senza essere sposati, rischiando di essere accusati di voler fare la guerra a Dio. Nel documentario, girato in inglese e uscito in Italia nel 2020, si vede la sua battaglia per fare free climbing, ma soprattutto come diventa coach. E come cerca di persuadere molte ragazze ad avere il coraggio di salire sulle rocce. Si vede come sfida la forza della gravità e la legge degli Ayatollah e di come arriva a progettare di aprire una strada sulle Alpi italiane, grazie all’aiuto di Francesca Borghetti. Forza, fiducia in sé stessa e un’energia esplosiva: sono queste le caratteristiche prevalenti di Nasim che, una volta presa la decisione di non tornare indietro, ha detto: “Ora in Iran rischierei la vita e sarei inutile. Qui posso fare molto di più. Posso raccontare cosa accade nel mio Paese, condividere immagini e parole della ribellione, denunciare la brutalità della repressione”. 

Fino all’omicidio di Mahsa Amini, cercava di vivere nell’ombra, o meglio sulle montagne. Non voleva lasciare il suo Paese, voleva continuare a mostrare alle donne più giovani che è possibile inseguire e realizzare i propri sogni, ma una volta che si è completamente svelata, esposta, non ha avuto alternative. Nasim Eshqi ascolta musica techno, legge George Orwell, Nietzsche, Schopenhauer e Dostoevskij. Per ora vive ai piedi di una montagna italiana con Sina, conosciuto durante una scalata. “Coraggioso come me”, ha detto di lui. Cerca nuove pareti e nuove strade in Europa e in Italia. Contribuendo con il suo esempio a favorire l’empowerment delle donne. Nasim ha deciso di non rientrare a Teheran perché dopo che è scoppiata la rivolta, avrebbe rischiato la vita e perché è arrivato un momento in cui non riusciva più a far conciliare l’immagine di sé stessa, una donna libera e alpinista apprezzata all’estero, con quella di un’atleta che viveva nell’ombra, schiava delle leggi della Repubblica islamica in Iran. Non voleva andare via, voleva continuare a mostrare che è possibile seguire i propri sogni, ma una volta che si è esposta, prima con il documentario e poi mostrando apertamente la sua ribellione al regime iraniano, è diventato impossibile tornare indietro. Ormai anche lei, come le donne che ogni giorno protestano per strada, urlano slogan sui tetti, ha superato il punto di non ritorno. E ha deciso di diventare la voce in Europa del popolo iraniano e della sua rivoluzione in nome di una donna, Mahsa Amini.

Cristina Giudici, giornalista

15 febbraio 2023

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