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Menzogna e propaganda

tratto dal dossier "Putin. Guerra"

Pubblichiamo di seguito un estratto dal dossier "Putin. Guerra" a cui lavorò Boris Nemcov, lo strenuo oppositore di Putin assassinato a Mosca il 27 febbraio 2015. Il dossier, ideato dallo stesso Nemcov e dai suoi collaboratori con lo scopo di denunciare i crimini perpetrati da Vladimir Putin, è stato pubblicato dopo la sua morte da un gruppo di esperti indipendenti, formato anche da coloro che lavoravano con lui; Nemcov non ebbe infatti il tempo di scriverne il testo. La traduzione italiana è a cura di Memorial Italia ed è stata diffusa da Micromega. In tutto il testo si mantengono la grafia e la denominazione russa dei toponimi ucraini, come nell’originale.

Chi decidesse di descrivere la carriera politica di Vladimir Putin, si scontrerebbe con un problema insolubile: il presidente russo non ha mai avuto una carriera politica. Quella di Putin è una carriera televisiva, le cui tappe sono solo un susseguirsi di filmati televisivi, a partire dalla minaccia di “accopparli nel cesso”, rivolta ai ceceni, e dall’ammonimento di Boris El’cin ad “avere cura della Russia”.

Vladimir Putin è una star della televisione. La sua agenda presidenziale è scandita dagli appuntamenti con Prjamaja linija (Linea diretta con Vladimir Putin, trasmissione televisiva a scadenza annuale nel corso della quale il presidente Putin risponde alle domande dei cittadini). Nei rapporti tra governo e società la televisione aveva già assunto un ruolo ipertrofico negli anni della presidenza di Boris El’cin, ma Vladimir Putin è riuscito a costruire uno stato fondato sulla televisione in cui tutte le istituzioni pubbliche, dalla chiesa all’esercito, sono state sostituite da un’immagine televisiva. È esemplare in questo senso lo scandalo della primavera 2015, quando i giornalisti di RBK hanno scoperto che i filmati dedicati agli ultimi incontri ufficiali di Vladimir Putin erano stati registrati molto tempo prima di andare in onda sui canali federali; in sostanza non si sapeva dove fosse in quel momento il vero Putin. Si può supporre che questa pratica sia iniziata molto prima del 2015, ma fino ad allora nessuno aveva prestato attenzione alla circostanza e nessuno sa quanti altri video preregistrati di Putin siano presenti nella videoteca del Cremlino, in attesa di essere utilizzati.

Prima del 2014 la propaganda russa a molte persone appariva spaventosa. Alcune trasmissioni televisive sull’opposizione avevano addirittura portato a denunce penali e arresti concreti. Ma con l’inizio delle proteste politiche a Kiev alla fine del 2013 è apparso evidente che la propaganda russa con cui la società si era confrontata fino ad allora era stata all’acqua di rose. D’altra parte, i propagandisti stessi non hanno fatto mistero di lavorare a regime ridotto “in tempo di pace”. Nel 2011, per esempio, Margarita Simon’jan, direttrice del canale di stato Russia Today, rivolto al pubblico occidentale, ha spiegato apertamente quale sia la ragion d’essere della testata: “Quando non c’è la guerra, quasi non serve. Se la guerra c’è, cavolo, non se ne può fare a meno. Però non è possibile creare un esercito una settimana prima dell’inizio della guerra”. Per il Cremlino la “guerra” è iniziata con il Majdan di Kiev alla fine dell’autunno 2013. I media ufficiali russi rappresentavano le proteste nella capitale ucraina nel modo seguente: a esprimersi in favore dell’ingresso in Europa (e allora si trattava soltanto di questo) erano gli eredi dei collaborazionisti della Seconda guerra mondiale e i nazionalisti radicali, sostanzialmente pronti alla pulizia etnica. A un certo momento nei media russi i riferimenti a Pravij Sektor, organizzazione nazionalista ucraina, hanno abbondantemente superato quelli a Edinaja Rossija, il partito di Putin, anche se Pravij Sektor alle elezioni ucraine aveva ottenuto meno del 2% dei voti.

Dopo la fuga di Viktor Janukovič i canali televisivi russi hanno iniziato a definire i nuovi dirigenti ucraini esclusivamente come “giunta militare di Kiev” e l’intervento militare ucraino contro i separatisti nella zona orientale del paese come “operazione punitiva”. Bisogna sottolineare che per molti anni la propaganda russa ha prestato un’attenzione particolare alla Seconda guerra mondiale e Vladimir Putin ne ha fatto un argomento determinante all’interno del proprio sistema di coordinate ideologiche. Nel 2005 l’agenzia di stampa statale RIA Novosti ha creato una nuova usanza per la festa del 9 maggio: indossare il nastro di san Giorgio con lo slogan “mi ricordo, ne sono fiero”. La festa sovietica più sentita è diventata la principale festa nazionale della Russia di Putin, cosa che a un primo sguardo potrebbe anche essere positiva, se non fosse stata strumentalizzata nel corso del conflitto con l’Ucraina.

La retorica degli anni Quaranta è stata proiettata sugli avvenimenti politici odierni. Nella retorica propagandistica del Cremlino il governo ucraino è “banderista” (sostenitore di Stepan Bandera, politico ucraino a capo dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini durante la Seconda guerra mondiale) e “nazista”, e la Russia è impegnata, come nel 1941-1945, nella lotta contro i fascisti. Il nastro di san Giorgio da simbolo della memoria si è trasformato in riferimento all’attuale conflitto: se porti il nastro, sei un sostenitore della secessione della Crimea e del Donbass dall’Ucraina, sei un nemico dei “banderisti”. La retorica antifascista utilizzata dai media ufficiali ha trasformato una crisi politica in una guerra di annientamento. L’episodio decisivo di questa guerra è stato il servizio del Pervyj kanal sul “bambino crocifisso”: nel principale programma di informazione del principale canale televisivo del paese una donna sostiene di avere visto a Slavjansk, abbandonata dai combattenti dell’esercito separatista, alcuni ufficiali della Guardia nazionale ucraina che crocifiggono un bambino di sei anni su un tabellone per le affissioni. Questa notizia non ha trovato alcuna conferma. E' stato inoltre accertato che la protagonista del servizio non era neppure mai stata a Slavjanks. Il Pervyj kanal ha dovuto scusarsi per il servizio.
Alla stessa città è legata anche la campagna persecutoria nei confronti del musicista russo Andrej Makarevič, arrivato a Slavjansk dopo l’ingresso delle truppe ucraine per tenere un concerto in una cittadina vicina per gli abitanti del posto e i profughi. Nell’interpretazione dei media del Cremlino gli spettatori si sono trasformati in “giustizieri” e il concerto in una “sporca manifestazione antirussa”. I sostenitori del governo hanno definito Makarevič nemico della Russia e hanno chiesto che gli fossero ritirate le onorificenze statali.

La guerra in Ucraina ha dimostrato anche quanto la propaganda russa sia diversificata in base al pubblico di riferimento e ai mezzi di comunicazione. La televisione è mainstream assoluto e la rappresentazione offerta deve essere quanto più possibile generica e astratta, senza particolari superflui. Il fruitore delle notizie televisive è passivo, e si cerca di non sovraccaricarlo. Infatti, per esempio, i canali televisivi federali hanno fornito pochissime informazioni su Igor’ Girkin (pseudonimo Strelkov), comandante dei separatisti di Slavjansk, ben noto agli utenti di Internet. Girkin, che ha partecipato all’annessione della Crimea, non compare nemmeno nel film Krym. Put’ na Rodinu (Crimea. Il cammino verso la Patria), in cui Vladimir Putin ha ammesso per la prima volta l'impegno nella penisola ucraina. Invece Girkin è diventato un eroe per i tabloid e i notiziari radiofonici, cioè per i media il cui pubblico tende a informarsi tramite fonti differenti e non solo tramite i canali ufficiosi. Questo pubblico non crederebbe alla storia infondata del “bambino crocifisso” e richiede un approccio più sofisticato. Per questo gli inviati Semën Pegov di LifeNews, Dmitrij Stešin e Aleksandr Koc di Komsomol’skaja pravda hanno raccontato ai loro spettatori e lettori quello che i canali televisivi russi non dicevano. Hanno addirittura descritto in modo del tutto esplicito lo “spaccio militare” che forniva le armi ai separatisti e i conflitti all’interno della dirigenza delle “repubbliche popolari”. La scena del reportage di LifeNews in cui il comandante dei separatisti detto Givi costringe i prigionieri ucraini a mangiare i galloni sarebbe stata troppo scioccante per il programma televisivo Vremja.

Tra le trasmissioni dei canali federali forse solo il programma Vesti nedeli di Rossija 1 può competere per schiettezza con i tabloid e i media on line. Creato sul modello degli show serali americani, ha svolto un ruolo determinante nell’ampliare i limiti del consentito nel giornalismo russo. Il conduttore Dmitrij Kiselëv, nominato direttore dell’ex RIA Novosti all’inizio del conflitto ucraino, conduce la sua guerra personale contro l’Ucraina e dichiara pubblicamente che il nostro paese è pronto a trasformare gli USA in “cenere radioattiva”. Anche il suo collega Vladimir Solov’ëv,che conduce un programma simile sullo stesso canale, tenta di raggiungere i livelli di Vesti nedeli, in genere senza riuscirci: Kiselëv infatti è già stato inserito nella lista delle sanzioni occidentali. C’è una spiegazione: Solov’ëv possiede una casa in Italia e finire nella lista delle sanzioni non rientra di certo nei suoi piani, benché la ben nota “atmosfera di odio” contro i russi trionfi anche nelle sue trasmissioni su Rossija 1 e su Radio Majak. In sostanza tutta la comunicazione dei media di stato russi è permeata da un’atmosfera di odio diffuso, senza bisogno di virgolette. Quando tutto questo sarà finito, la Russia avrà bisogno di molto tempo per ritrovare sé stessa e per sbarazzarsi dei modelli etici e comportamentali della propaganda del 2014-2015.

Putin. Guerra è un dossier redatto da esperti indipendenti
Redattori: Il’ja Jašin, Ol’ga Šorina
Fotoredattrice: Ol’ga Osipova

La versione elettronica del dossier è disponibile sul sito www.putin-itogi.ru

26 maggio 2023

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