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Non basta un Nobel per la pace

il discorso di Nadia Murad

Nadia Murad alla cerimonia di assegnazione del Nobel

Nadia Murad alla cerimonia di assegnazione del Nobel

Nadia Murad e Denis Mukwege hanno ricevuto a Oslo, nel giorno del 70esimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, il Premio Nobel per la pace, "per i loro sforzi per mettere fino all'uso della violenza sessuale come arma in guerre e conflitti armati”. Mukwege, che sarà onorato in occasione della prossima Giornata dei Giusti dell’umanità nel Giardino di Milano, ha dedicato la sua vita ad aiutare e difendere in Congo le donne vittime di violenze e abusi. Nadia Murad ha invece testimoniato al mondo il dramma del suo popolo, quello yazida. 

Riportiamo di seguito l’intervento integrale di Nadia Murad. Nel box approfondimenti è disponibile anche l'intervista che le abbiamo fatto nel 2016, in occasione del Festival dei Diritti Umani di Milano. 

Voglio parlarvi dal profondo del cuore e raccontarvi quanto è cambiata la mia vita e quella di tutta la comunità yazida a causa di questo genocidio, e come l’Isis abbia cercato di sradicare completamente una parte dell’Iraq riducendo le donne in schiavitù, uccidendo gli uomini e distruggendo i nostri siti di pellegrinaggio e i nostri luoghi di culto. Oggi è un giorno speciale per me. È il giorno in cui il Bene trionfa sul Male, in cui l’umanità sconfigge il terrorismo, in cui i bambini e le donne che sono stati perseguitati trionfano sui loro persecutori. Spero che oggi segni l’inizio di una nuova era, dove la Pace sia la priorità, e il mondo intero possa iniziare a stabilire una nuova tabella di marcia per proteggere donne, bambini e minoranze - in particolare le vittime di violenza sessuale - dall’oppressione.

Ho trascorso la mia infanzia in un villaggio a Kojo, nel sud della regione del Sinjar. Non sapevo nulla del Nobel per la pace. Non sapevo nulla dei conflitti e delle uccisioni che avvenivano ogni giorno nel mondo. Non sapevo che gli esseri umani potessero perpetrare simili crimini contro altri esseri umani. Da bambina, sognavo di studiare fino a completare le scuole superiori. Volevo aprire un salone di bellezza nel nostro villaggio e vivere vicino alla mia famiglia nel Sinjar. Ma questo sogno è diventato un incubo. Sono accadute cose inaspettate. C’è stato il genocidio, e a causa di esso ho perso mia madre, sei dei miei fratelli e i figli dei miei fratelli. Ogni famiglia yazida ha una storia simile da raccontare, una più orribile dell’altra, per colpa del genocidio. Sì, le nostre vite sono cambiate in una notte, in un modo che difficilmente può essere compreso. Il tessuto sociale di una comunità pacifica è stato lacerato, un’intera società che portava alto lo stendardo della pace e di una cultura di tolleranza è diventata carburante per una guerra senza senso. Nella nostra storia, siamo stati vittime di molte campagne di genocidio, per via delle nostre convinzioni e della nostra religione. Per effetto di questi massacri, è rimasta solo una manciata di yazidi in Turchia. In Siria vivevano circa 80.000 di noi e ora sono appena 5.000. Lo stesso destino sta toccando agli yazidi in Iraq, il loro numero sta calando sensibilmente. Lo scopo dell’Isis di sradicare questa religione sarà raggiunto, se non verrà garantita agli yazidi una protezione appropriata. E lo stesso vale per altre minoranze in Iraq e in Siria.

Dopo che sia il Governo dell’Iraq che quello del Kurdistan hanno fallito nel tentativo di proteggerci, anche la comunità internazionale non è riuscita a salvarci dall’Isis e a prevenire il verificarsi del genocidio yazida, ed è rimasta immobile a guardare le distruzione di un’intera comunità. Dopo il genocidio, abbiamo ricevuto solidarietà intenzionale e locale, e molti Paesi lo hanno riconosciuto, ma quell’annientamento non si è fermato. La minaccia di distruzione esiste ancora. La situazione degli yazidi nelle prigioni dell’Isis non è cambiata. Non gli è stato permesso di lasciare i campi, niente di quello che l’Isis ha distrutto è stato ricostruito. I colpevoli dei crimini che hanno portato al genocidio non sono stati consegnati alla Giustizia. Non cerco più solidarietà; voglio tradurre queste sensazioni in azioni concrete. Se la comunità internazionale è seria nella sua volontà di dare assistenza alle vittime del genocidio, e se vogliamo che gli Yazidi possano lasciare i campi per sfollati e ritornare alle loro terre, e se vogliamo ridare loro la fiducia, allora la comunità internazionale dovrebbe garantire loro la protezione internazionale sotto la supervisione delle Nazioni Unite. Senza questa protezione internazionale, non c’è nessuna garanzia che non saremo soggetti a un nuovo genocidio da parte di altri gruppi terroristici. La comunità internazionale deve impegnarsi a garantire asilo e possibilità di migrazione alle vittime di questo genocidio.

Oggi è un giorno speciale per tutti gli iracheni, non solo perché io sono la prima irachena a vincere il Nobel per la Pace, ma perché è anche il giorno in cui celebriamo la vittoria nella liberazione del territorio iracheno dall’Isis. Gli iracheni del nord e del sud hanno unito le loro forze e hanno combattuto questa battaglia, a nome di tutto il mondo, contro quella organizzazione terroristica estremista. Questa unità ci da forza. Dobbiamo coordinare anche i nostri sforzi per investigare i crimini dell’Isis e perseguire coloro che hanno accolto e aiutato i terroristi e si sono uniti a loro per prendere il controllo di vaste aree dell’Iraq. Non ci dovrebbe essere posto per idee terroriste ed estremiste nell’Iraq del post-Isis; dobbiamo unire le forze per costruire il nostro Paese; dobbiamo contribuire insieme al raggiungimento di sicurezza, stabilità e prosperità per tutti gli iracheni. Dobbiamo ricordarci ogni giorno di come l’organizzazione terroristica dell’Isis e coloro che portavano avanti i suoi ideali hanno attaccato gli yazidi con una brutalità senza precedenti nel 2014, allo scopo di mettere fine all’esistenza di una delle componenti originarie della società irachena. Hanno commesso questo genocidio con la sola motivazione che siamo yazidi e abbiamo credenze e rituali diversi e siamo contrari all’ucciderci a vicenda o al tenere prigioniere le persone e ridurle in schiavitù.

Nel XXI secolo, nell’era della globalizzazione e dei diritti umani, più di 6.500 bambini e donne yazidi sono stati fatti prigionieri, venduti, comprati, sottoposti ad abusi sessuali e psicologici. Nonostante i nostri appelli quotidiani, dal 2014, la sorte di oltre 3.000 donne e bambini nelle mani dell’Isis è ancora ignota. Ogni giorno, giovani ragazze vengono vendute, comprate, tenute prigioniere e violentate. È inconcepibile che la coscienza dei leader dei 195 Paesi del mondo non sia mobilitata per liberarle. E se si trattasse di un accordo commerciale, di un giacimento petrolifero o di un carico di armi? Certamente non si baderebbe agli sforzi per liberarli.

Ogni giorno vengo a conoscenza di storie tragiche. Centinaia di migliaia e persino milioni di donne e bambini in Africa e in altri Paesi sono soggetti a persecuzioni e violenze. Ogni giorno sento le urla dei bambini in Syria, Iraq e Yemen. Ogni giorno vediamo centinaia di donne e bambini africani essere bersaglio di massacri senza che nessuno si muova per aiutarli o chiami a rendere conto delle proprie azioni chi commette questi crimini. Gli autori delle violenze sessuali contro donne e ragazze yazide e di altre etnie e religioni non sono ancora stati processati per questi crimini. La giustizia è l’unico modo per raggiungere la pace e le convivenza tra le varie componenti dell’Iraq. Vi ringrazio molto per l’onore che mi fate, ma la realtà è che l’unico premio al mondo che può restituirci dignità e giustizia è la persecuzione dei criminali.

In questi giorni celebriamo il 70esimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che ha come obiettivo la prevenzione dei genocidi e chiede che i loro autori vengano perseguiti. La protezione degli yazidi e di tutte le comunità vulnerabili in ogni parte del mondo è quindi responsabilità della comunità internazionale, ma quest’ultima non ha fatto nulla per evitare che si verificasse il genocidio yazida che è durato 4 anni. Io ho avuto il privilegio di partecipare alla Conferenza di pace di Parigi, durante la quale si celebrava il centesimo anniversario della fine della Prima guerra mondiale. Ma quanti genocidi e guerre ci sono stati alla fine di quel conflitto? Le vittime delle guerre, in particolare quelle civili, sono innumerevoli. Il mondo ha condannate le guerre, insieme ai genocidi, ma non è riuscito a porvi fine.

Se è vero che ci sono numerosi conflitti nel mondo è vero anche che ci sono molto iniziative a sostegno delle vittime e sono stati compiuti numerosi sforzi per ottenere giustizia. Senza l’iniziativa del Baden-Württemberg e del signor Kretschmann e la loro assistenza, oggi non avrei potuto godere della mia libertà, denunciare i crimini dell’Isis e raccontare la verità sulle sofferenze degli yazidi. Credo che tutte le vittime meritino un rifugio sicuro fino a quando non sarà fatta giustizia per loro. L'istruzione gioca un ruolo essenziale nel coltivare società civili che credono nella tolleranza e nella pace. Pertanto, dobbiamo investire nei nostri figli perché ai bambini, come scrivendo su una lavagna vuota, possa essere insegnata la tolleranza e la convivenza anziché l'odio e il settarismo. Le donne devono anche essere la chiave per risolvere molti problemi e devono essere coinvolte nella costruzione di una pace duratura tra le comunità. Con la voce e la partecipazione delle donne, possiamo apportare cambiamenti fondamentali nelle nostre comunità. Sono orgogliosa degli yazidi, della loro forza e pazienza. Nonostante la nostra comunità sia stata molte volte bersagliata e la sua esistenza minacciata, continuiamo a lottare per il nostro diritto ad esistere. La comunità Yazida incarna la pace e la tolleranza e deve essere considerata un esempio per il mondo.

Vorrei cogliere l'occasione per ringraziare le persone che hanno difeso e trasmesso il mio messaggio fin dal primo giorno, in particolare la mia squadra che è stata al mio fianco giorno dopo giorno. Ringrazio tutti i governi che hanno riconosciuto il genocidio yazida e quelli che hanno fornito sostegno alle comunità vulnerabili. Il Canada e l’Australia per aver ospitato delle vittime del genocidio yazida. La Francia e il presidente Macron per il loro sostegno umanitario alla nostra causa. Il popolo del Kurdistan iracheno per il suo sostegno durante gli ultimi quattro anni agli sfollati interni. L'emiro del Kuwait e il governo della Norvegia per aver organizzato la Conferenza per la ricostruzione dell'Iraq. La mia amica Amal Clooney e il suo team per i loro enormi sforzi per far si che l’Isis risponda delle sue azioni. La Grecia per il supporto illimitato ai rifugiati.

Uniamoci tutti per combattere l'ingiustizia e l’oppressione. Alziamo le nostre voci e diciamo: No alla violenza, sì alla pace, no alla schiavitù, sì alla libertà, no alla discriminazione razziale, sì all'uguaglianza e ai diritti umani per tutti. No allo sfruttamento di donne e bambini, sì al fornire loro una vita decente e indipendente, no all'impunità per i criminali, sì al ritenerli responsabili e al raggiungimento giustizia.

11 dicembre 2018

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