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Non c’è democrazia con l’occupazione

di Nadav Tamir

Pubblichiamo di seguito la traduzione dell'articolo di Nadav Tamir uscito su The Time of Israel il 28 febbraio 2023

Nel 1988, il Professor Isaiah Leibovitz scrisse: “Se continua questa situazione, la teppistizzazione - o forse dovremmo dire la nazificazione - del popolo e della società israeliana sarà inevitabile”. Oggi, a 35 anni di distanza, la teppistizzazione ha raggiunto il suo apice: la prepotenza è onnipresente, sulle strade, sui social media, nei discorsi volgari dei funzionari eletti e in ogni aspetto della vita in Israele. La violenza ha raggiunto il culmine contro i palestinesi, anche se si confronta, solo per quest’anno, il numero di vittime israeliane degli attacchi terroristici perpetrati con le decine di morti palestinesi non legate al terrorismo. La violenza e la prepotenza nei confronti dei palestinesi da parte dei coloni ebrei è un fatto quotidiano ed è un altro orribile segnale del declino del valore della vita umana e della dignità umana che stiamo vivendo.

In un altro ambito, la prepotenza politica ha raggiunto l’apice in Israele, dove una coalizione di governo si sta affrettando a neutralizzare la democrazia israeliana. In questo caso, il teppismo si manifesta sotto forma di proposte legislative individualizzate, volte a legalizzare l’elezione di criminali seriali. In questo contesto, il bullismo è visibile anche nella richiesta di arrestare leader dell’opposizione, un capo dello staff e un ex consulente legale, e nella perdita di qualsiasi capacità di ascolto o di cooperazione.

Esiste una correlazione diretta fra la pluridecennale occupazione e gli eventi che stanno accadendo a Israele, poiché l’occupazione ha abituato gli israeliani al fatto che esista un ampio pubblico che non merita attenzione, considerazione o tutela dei propri diritti. Non sorprende che, agli occhi del governo, chi si oppone al golpe giudiziario si stia ampiamente mettendo nei panni dei palestinesi. Il governo non è disposto ad ascoltarli e si preoccupa poco dei loro diritti. Come nel caso dei palestinesi, il governo adotta facilmente la linea dura nei confronti di chi si oppone al golpe giudiziario, poiché questi, in un certo senso, sono diventati suoi nemici. Ne conseguono gli arresti e punizioni richiesti dal governo e le basi per la delegittimazione espresse dall’alto verso il basso.

Come previsto dal Prof. Leibovitz, l’occupazione supera la linea verde e si diffonde in tutta la società israeliana. I metodi usati ‘laggiù’ si stanno spostando qui, gli atti oppressivi applicati ‘laggiù’ si stanno spostando qui, e presto il disprezzo per la vita umana s’insedierà qui - in un certo senso lo ha già fatto.

Ma in quest’ora di buio c’è anche un barlume di luce, una scintilla di speranza. Masse di israeliani si stanno rendendo conto che la loro patria sta perdendo le ultime vestigia dei vincoli democratici, che vengono private del diritto di esprimere un’opinione, di manifestare, di ottenere un giusto processo e che vengono calpestate le leggi che limitano il governo. Sempre più spesso si rendono conto che questi eventi non stanno accadendo nel vuoto, ma che i metodi affinati da oltre cinque decenni nei territori occupati vengono applicati qui, nei loro confronti.

Adesso potremmo renderci conto che non possiamo esistere davvero come democrazia all’interno, mantenendo al contempo una dittatura all’esterno. Alla fine, una parte prevarrà sull’altra. O vincerà la democrazia, mettendo fine al controllo militare su un’altra nazione, oppure prevarrà la dittatura, applicando i mezzi totalitari che vengono dispiegati nei territori verso i cittadini di Israele. Mentre parliamo, si sta stringendo una morsa dispotica attorno alla gola della democrazia israeliana, e molti di quelli che credevano che saremmo potuti rimanere al di fuori degli eventi che si verificano nei territori occupati stanno cominciando a capire, forse, che anche loro stanno pagando il prezzo dell’occupazione.

Nella sua poesia del 1989 intitolata ‘Après nous le déluge’, Nurit Galron scriveva: “C’è un Paese di insorti dove si medicano le ferite, e c’è Tel Aviv - che fa festa, vive, mangia e beve”. A 35 anni di distanza dalla profezia di Leibovitz, il diluvio ha raggiunto Tel Aviv e Gerusalemme e ha sommerso il Paese. Questo diluvio non può più essere ignorato, né si può chiudere un occhio. Forse questo risveglierà milioni di israeliani che si renderanno finalmente conto che l’occupazione, il controllo militare di un’altra nazione, ha un prezzo doloroso non solo per i palestinesi, ma anche per noi israeliani. Il percorso verso il ripristino della democrazia israeliana non può terminare con il ritardo o la sconfitta delle azioni dell’attuale governo, deve portare alla fine dell’occupazione. Solo così potremo fermare la teppistizzazione della società israeliana.

Nel frattempo, la maggior parte dei manifestanti a Tel Aviv è diffidente nei confronti di questa associazione e inorridisce di fronte a chi cerca di collegare il rischio palpabile per la democrazia con l’occupazione dei territori o con lo sventolio di bandiere palestinesi in segno di protesta. Ciononostante, potrebbe arrivare il momento in cui anche loro ammetteranno che non c’è democrazia se c’è occupazione.

Quando ciò accadrà, potremo ringraziare “l’ironia della storia”, quando una lega di corrotti, razzisti e potenti fanatici religiosi ha aiutato la maggioranza silenziosa a risvegliarsi e ad affrontare ciò che si sta insinuando in Israele dai territori e ad avere il coraggio di riportare il nostro Paese alla sua visione originale.

17 marzo 2023

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