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Gariwo Magazine

Un Caffè e un dibattito sull'uso delle immagini e la seconda parte del seminario

la terza giornata della GariwoNetWeek

La terza giornata della Gariwo NetWeek si è aperta con un Caffè con Wlodek Goldkorn e Gabriele Stabile.
Wlodek Goldkorn è uno scrittore e giornalista, già responsabile culturale de L’Espresso. Con lui parliamo di memoria attraverso le immagini e di luoghi che testimoniano la tragedia della Shoah.

Il responsabile editoriale della Fondazione Gariwo Francesco M. Cataluccio ha introdotto Goldkorn, parlando del legame tra parole e immagini e del valore delle immagini nella Storia. “Le immagini riflettono lo sguardo del fotografo”, dice Goldkorn, “per quanto riguarda le immagini della Shoah, dobbiamo tenere conto che per il 90% di esse sono state scattate dai tedeschi ai loro prigionieri. Il nostro sguardo quando le guardiamo è lo sguardo dei carnefici e questo non vuol dire che non dobbiamo guardarle, ma che dobbiamo esserne consapevoli”. Osservando alcune delle più famose immagini che hanno “testimoniato” la Shoah, Goldkorn ci ha introdotto a una riflessione importante. Di fronte alla foto scioccante di un bambino vicino a dei cadaveri, Goldkorn dice: "È una foto sull’indifferenza e sull’innocenza, dà spazio all’idea dell’innocenza ma anche della mancanza di stupore di fronte a quell’orrore”. Cataluccio chiede a poi Goldkorn che legame vede tra quelle foto delle atrocità del passato e le foto delle guerre di oggi. “Le foto di guerra sono foto di guerra. Raccontano varie storie diverse”, dice. “La sfida delle nostre generazioni, testimoni di cose inenarrabili, è che dobbiamo essere capaci di raccontare quelle immagini, quelle foto, perché esse da sole non bastano”.
Goldkorn chiude con una riflessione di Agnes Heller: “Non basta far vedere le cose perché la gente capisca. Si può anche vederle e stare dalla parte dei boia. L’empatia va insegnata, le immagini aiutano a insegnare l’empatia, ma non bastano”.

Tra i due interventi sul tema delle immagini abbiamo avuto la possibilità di ascoltare le parole preziose di Tetyana Bezruchenko, Responsabile Lombardia dell’associazione Maidan e redattrice di forzaucraina.it
Ci ha parlato del presente, della malattia della guerra, e del passato, del riconoscimento del genocidio per fame compiuto in Ucraina negli anni 1932-33. 
“Dopo aver letto a trent’anni Pinocchio, il capolavoro di Collodi, ho capito che noi, durante il regime sovietico, siamo stati derubati della nostra identità. Ho capito poi che esistevano due storie, quella che era stata raccontata a noi a scuola e quella che i miei genitori e nonni avevano vissuto veramente”. 
"Grazie alla conoscenza di Liliana Segre, ho cominciato a rivedere la Storia dal punto di vista di chi aveva sofferto.
Sono di Mariupol, ritengo un miracolo che mia madre sia sopravvissuta durante i bombardamenti, per due mesi non ho avuto notizie di lei. Mi sono chiesta come fosse possibile che avessimo permesso di nuovo che qualcosa del genere accadesse".

Attraverso la sua fotografia Gabriele Stabile ha documentato diverse crisi umanitarie. Con lui parliamo del legame tra fotografia e conflitti, di come ci si approccia al dolore di chi viene fotografato, del valore delle immagini come testimonianza.
“Il problema di molti fotografi è che non leggono. Invece è importante tornare alla teoria. Seguendo guerriglie in Tunisia, Libia, Israele ho capito che c’è un compromesso da rispettare. Viene da essere se stessi, da avere un rapporto emotivo con quello che fotografo; però poi c’è da capire che c’è anche l’occhio di chi guarderà la foto. La fotografia è un linguaggio ambiguo e bisogna tenerne conto nei confronti del fruitore”.
“Secondo me la foto non è l’elemento principale di un reportage ma la parola scritta. Ho smesso anche per questo di fare lavoro sul campo fine a se stesso. Molte volte capitava che gli stessi editor dei magazine per i quali lavoravo interpretavano male le mie fotografie”.
A proposito del suo nuovo libro fotografico, Gabriele Stabile spiega: “Nel mio libro ho cercato di usare la sovrapposizione delle immagini per rappresentare tutte le manipolazioni della memoria, le sue sovrapposizioni. Per me la cosa importante non era raccontare il fatto, ma la verità di quello che ho visto, che era dentro di me”.

Nel pomeriggio, la seconda parte del seminario La memoria richiede nuove parole, con interventi di Francesco M. Cataluccio e Andrea Tagliapietra, autore del secondo volume di Gariwo con Cafoscarina della collana CAMPO LIBERO Il pudore dei Giusti.

"Il racconto è la via maestra per trasferire tra noi umani l'esperienza, è per questo che raccontiamo le storie dei Giusti" dice Tagliapietra. Il Giusto viene spinto ad agire da una forza che viene suscitata dalla situazione che si trova di fronte, il Giusto non può non intervenire perché in quel momento sente compassione per la vittima, non è una analogia ma una partecipazione diretta al dolore dell'altro.
Spesso i Giusti sono costretti a violare le leggi per agire da giusti
, è quello che è avvenuto rispetto alle leggi razziali in Italia. Questo contrasto mostra che la riflessione che i Giusti ci inducono a fare rispetto alla giustizia va molto oltre la descrizione tradizionale della giustizia. I Giusti sono asimmetrici, non c'è convenienza nella loro azione". 

Lo scrittore e saggista Francesco M. Cataluccio è intervenuto con un intervento sul conflitto tra Russia e Ucraina e sulla storia dell'Ucraina, analizzando il ruolo del linguaggio e delle parole in questo contesto. 

"Prima ancora di scatenare le annessioni, e ora una vera e propria guerra (“l’operazione militare speciale”), da anni i russi tentano, a partire dai manuali scolastici e dalla propaganda, di riscrivere una storia comune certamente ingarbugliata, ma dove l’Ucraina e il suo popolo hanno un’identità autonoma e caratteristiche che, dopo il 1991, gli ucraini stavano tentando di ricostruire, partendo prima di tutto dalla specificità della propria lingua, anche al costo di rivalutare (o sottacere) alcune figure ed episodi di feroce nazionalismo".
"L’Ucraina è una terra geopoliticamente disgraziata, stretta tra la Russia e la Polonia: un miscuglio talmente confuso, violento, ma anche virtuoso, di popoli e lingue da rendere difficile definire dei confini certi. L’Ucraina nasce molto prima della Russia: quel paese, detto Russia di Kyiv (Rus’ di Kiev), sorto verso la fine del IX secolo, fu il più antico stato monarchico slavo orientale che si estendeva nel territorio delle odierne Ucraina, Russia occidentale, Bielorussia, Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia orientali...".

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