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Verso un "diritto all'ambiente"?

mentre si adottano alcuni provvedimenti, gli attivisti continuano a morire

Ventiquattro Stati dell’America Latina e dei Caraibi hanno firmato un accordo legalmente vincolante contenente misure per proteggere i difensori ambientali. Il nuovo trattato infatti obbliga i Paesi a “garantire un ambiente sicuro per le persone, i gruppi e le organizzazioni che promuovono e difendono i diritti umani in materia ambientale”. Questo significa non solo garantire protezione da minacce o attacchi, ma anche indagare e punire questi atti qualora si verifichino.
L’accordo inoltre contiene la codificazione del diritto dei difensori ambientali “alla vita, integrità personale, libertà di opinione ed espressione, di associazione pacifica e alla libertà di movimento”.
Il documento (Latin American and Carribean Countries delcaration on Principle 10), che prende il via dalla Conferenza di Rio UN+20 sullo sviluppo sostenibile del 2012, si occupa anche dell’accesso alle informazioni, della giustizia e della partecipazione pubblica alle decisioni.
Il presidente della Costa Rica Luis Guillermo Solís, promotore del testo insieme a Cile e Panama, ha definito il trattato come un punto di svolta nella lotta contro la povertà, l’iniquità e l’odio, che finalmente definisce il diritto all’ambiente un diritto umano.

La firma arriva quasi due anni dopo l’omicidio di Berta Cáceres, una delle più note leader ambientaliste uccisa in Honduras nel 2016. Nell’ultimo anno, sono stati circa 200 gli attivisti ambientali uccisi nel mondo per la loro lotta in difesa del Pianeta - quattro ogni settimana - come riporta Global Witness, l’associazione che insieme al quotidiano inglese The Guardian cura il progetto The defenders.

Chi sono questi defenders? Si tratta di persone che, con un’azione pacifica, sono in prima linea nella protezione dell’ecosistema. Persone comuni, che probabilmente non si riferirebbero mai a loro stesse con l’appellativo di “difensori”. Tra loro troviamo indigeni che vivono tra le montagne o le foreste e vogliono proteggere le terre dei loro antenati e le loro tradizioni da multinazionali o catene di hotel di lusso, o ranger che cercano di contrastare il bracconaggio, o ancora avvocati, giornalisti o membri di Ong che denunciano abusi e illegalità.
Il 60% dei crimini ai loro danni avviene in America Latina, in particolare in Brasile, Colombia, Honduras e Perù. L’industria estrattiva è la maggiore causa delle proteste, e di conseguenza delle morti, anche in India e Turchia. In Messico e nelle Filippine gli ambientalisti vengono uccisi principalmente per mano di gang criminali, mentre in Africa la più grande minaccia alla loro vita arriva dal bracconaggio.
Nonostante Global Witness tenga sempre aggiornato il database sui crimini commessi contro gli attivisti ambientali, molti omicidi non vengono mai portati alla luce, così come le minacce, le percosse o le molestie. Secondo l’Environmental Justice Atlas, nel mondo ci sono attualmente più di 2335 casi di tensioni su acqua, territorio, inquinamento o risorse, e i numeri sono destinati ad aumentare a causa degli effetti dei cambiamenti climatici.

Proprio per i sempre più evidenti effetti di tali cambiamenti, tuttavia, è aumentata l’attenzione internazionale sulle figure dei difensori ambientali. Lo sostiene anche John Knox, lo Special Rapporteur ONU sui diritti umani e l’ambiente, secondo cui è arrivato quindi il momento per le Nazioni Unite di riconoscere formalmente il diritto a un ambiente salutare. Il suo appello giunge al termine di cinque anni di indagini sui crimini commessi contro chi combatteva deforestazione, inquinamento, bracconaggio e l’appropriazione illegale dei territori.
“Se non riusciamo a proteggere queste persone - ha dichiarato Knox - come possiamo difendere l’ambiente da cui tutti dipendiamo?”.
La protezione ambientale e i diritti umani sono stati a lungo considerati questioni distinte. Nell’ultimo decennio è cresciuta la spinta a riconoscere il legame che li unisce, nonostante manchi una legislazione - anche a livello ONU - che ufficialmente codifichi i diritti ambientali.

Cosa fare quindi? Knox suggerisce come primo passo una risoluzione delle Nazioni Unite, che possa aumentare la pressione sui governi a stabilire leggi e politiche in supporto ai difensori ambientali. In questo documento, sostiene Knox, non dovrebbero assolutamente mancare due principi fondamentali che intreccino chiaramente il benessere della persona a quello ecologico: “Gli Stati devono assicurare un ambiente sicuro, pulito, salutare e sostenibile per rispettare, proteggere e soddisfare i diritti umani” e “Gli Stati devono rispettare, proteggere e soddisfare i diritti umani per assicurare un ambiente sicuro, pulito, salutare e sostenibile”. 

Martina Landi, Responsabile del coordinamento Gariwo

27 marzo 2018

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