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Anatomia del terrorismo bianco

di Asne Seierstad

Asne Seierstad è giornalista e autrice del libro Uno di noi. La storia di Anders Breivik. Sul New York Times del 18 marzo 2019 scrive: "Al terrorista norvegese è stato diagnosticato il disturbo narcisistico della personalità. Brenton Tarrant, che è accusato di avere ucciso 50 fedeli in Nuova Zelanda, mostra tratti analoghi". Pubblichiamo tradotto il suo articolo, che mostra la pericolosità sociale di personaggi come Breivik e lo stragista di Christchurch, e prende posizione sul dibattito circa il valore di rendere pubblici i loro pensieri e piani omicidi, nonostante il rischio che qualcuno possa pensare di emularli. 

Prima di compiere la strage di 50 musulmani che pregavano in due moschee di Christchurch, in Nuova Zelanda, venerdì scorso, Brenton Tarrant, un australiano di 28 anni, avrebbe postato online un manifesto di 74 pagine intitolato La Grande Sostituzione. In questo pamphlet, Tarrant scriveva che aveva un’unica vera ispirazione: il terrorista politico norvegese Anders Breivik, che ha ucciso 77 persone nel 2011.

Ho sempre pensato che Breivik fosse al massimo della sua pericolosità prima che venissimo a sapere chi era, quando tutto ciò che avevamo erano le fotografie truccate con Photoshop che postava online, quelle dove appariva alto e aitante, biondo e ariano, in posa con la sua pistola.

Breivik voleva la fama. Voleva che il suo manifesto di 1500 pagine, frutto di un copia e incolla, fosse letto da molte persone, e voleva un palcoscenico – il suo processo a Oslo. Egli ha definito la bomba che aveva piazzato fuori dall’ufficio del primo ministro a Oslo, e il massacro che commise sull’isola di Utoya, il suo “lancio del libro”. Ha detto alla corte norvegese che aveva fatto una stima di quante persone doveva uccidere per essere letto. Si era immaginato una dozzina di vittime, invece finì per ucciderne 77.

Otto anni dopo il massacro in Norvegia, il terrorista politico norvegese continua a essere letto dal pubblico che desiderava: sui forum dell’estrema destra in Internet, “going Breivik” significa dare piena adesione alla causa.

Mentre svolgevo le mie ricerche su Breivik, che comprendevano anche il fatto di inviargli domande per lettera e ricevere le sue risposte dalla prigione, ho trovato una vita piena di vergogna, fallimenti, violenze e rifiuti. Un ragazzo che non aveva mai ottenuto l’attenzione o le cure di cui un bambino ha bisogno; un teenager rifiutato, assolutamente poco carino; un uomo che a quasi trent’anni era andato a vivere con la madre e giocava quasi tutto il tempo con i videogame. Isolato e arrabbiato, ma con nuovi amici nel dark web, decise che sarebbe riuscito a farsi notare, sentire, riconoscere e temere. Pianificò il suo attentato pensando a un pubblico.

Dopo la pubblicazione del mio libro su Breivik, mi hanno spesso domandato: “Perché rende pubblici le sue parole e metodi?”. Io credevo che fosse più pericoloso come simbolo e meno capace di ispirare altra gente se si fossero esposti tutti i suoi fallimenti umani. Dopo l’arresto, Breivik si lamentò che in carcere il caffè era tiepido, mancava la crema idratante e non poteva avere la Play Station 4.

Ma i suoi compagni di avventure e seguaci ignorarono i testi critici prodotti dai giornalisti e andarono subito a leggere il suo manifesto, che continua a esercitare risonanza presso un pubblico sempre nuovo. Christopher Hasson, un luogotenente della Guardia Costiera degli Stati Uniti che si autodefinisce un nazionalista bianco e voleva scatenare una guerra razziale, si ispirava al norvegese.

Il pamphlet di Tarrant è una versione più leggera del manifesto di Breivik, pieno di riferimenti ai meme e ai file scherzosi di Internet, ma simile nel contenuto, nella struttura e nel tono. Entrambi hanno pubblicato i loro testi sul Web poco prima dei loro attacchi. Se il norvegese, che aveva progettato di trasmettere il suo attacco in streaming su YouTube, ma non era riuscito a farlo, le autorità dicono che Tarrant ha trasmesso il suo atto terroristico dal vivo sulla sua pagina Facebook.

I due uomini mescolano rabbia ad autocommiserazione. Si vedono come vittime e utilizzano termini quali “invasione”, “immigrazione di massa” e “genocidio bianco” per descrivere quello che considerano come la distruzione dell’Europa e della razza bianca. Sia l’australiano che il norvegese non citano quasi mai i loro Paesi d’origine e si concentrano sull’Europa e sugli Stati Uniti. Tarrant vede la popolazione bianca di Australia e Nuova Zelanda come formata da europei.

Egli scrive come ha deciso la sua “spinta finale” dopo avere visitato la Francia nel 2017, vedendo come i francesi europei erano stati “sostituiti” da “non-bianchi”. Da qui il titolo del suo manifesto: La Grande Sostituzione.

Proprio come il norvegese, anche Tarrant è ossessionato dai tassi di natalità e descrive l’Europa come un continente che sta diventando più debole e vecchio. Il terrorista norvegese voleva creare cliniche ostetriche gestite dallo Stato dove madri bionde e con gli occhi azzurri avrebbero dato vita a decine di bambini ciascuna. Tarrant vuole ripristinare quelli che chiama i “valori familiari tradizionali”.

Anche se il manifesto di Tarrant è scritto su misura per il suo pubblico del dark web, a volte con linguaggio in codice, egli cerca di creare uno sfondo di normalità citando poesie di Rudyard Kipling e riferendosi a figure di destra più ortodosse. Allo stesso modo, Breivik citava spesso persone come Thomas Jefferson, come se fosse il giusto erede delle loro idee profondamente radicate.

Il loro obiettivo principale è lo stesso: far fuori l’immigrazione musulmana. Tarrant vuole “deportare gli invasori che vivono già sul nostro territorio”, Breivik suggeriva che a ogni musulmano si sarebbe dovuta offrire l’opportunità di convertirsi al cristianesimo e assumere un nome cristiano. I disobbedienti dovevano essere rimpatriati o giustiziati. Tutti gli esempi di arte islamica avrebbero dovuto essere distrutti, comprese tutte le moschee; lingue come l’arabo, il persiano, l’urdu e il somalo avrebbero dovuto essere proibite.

Una delle moschee colpite in Nuova Zelanda sorge sul sito dove un tempo c’era una chiesa. Mentre il terrorista di Christchurch puntava dritto sui suoi obiettivi, Breivik voleva uccidere i cosiddetti traditori, i membri dell’élite liberale e del Partito Laburista al potere che avevano fatto entrare i musulmani nel Paese.

Entrambi gli uomini hanno scritto sul fatto di sacrificare se stessi per una causa più grande e hanno fantasticato di essere liberati dalla prigione dai loro seguaci a seguito dello scoppio di una “rivoluzione conservatrice” nel mondo.

A Breivik è stato diagnosticato un disturbo narcisistico della personalità dagli psichiatri forensi; Tarrant mostrava tratti simili. Egli ha scritto nel suo manifesto che non solo si aspetta di essere liberato ma anche di vincere il Premio Nobel per la Pace. Dovrebbe essere libero tra 27 anni, ha scritto, come Nelson Mandela, “per lo stesso crimine”.

Se alcune parti del manifesto di Breivik possono essere lette come un manuale per compiere un atto di terrorismo, esso rappresenta una chiamata all’azione. Tarrant rievoca questa chiamata, scrivendo: “Mentre attendete un segnale, la vostra gente vi aspetta”. Entrambi si sono descritti come fascisti e hanno utilizzato metafore di guerra per giustificare i massacri.

Se scriviamo di questi fascisti, siamo complici della diffusione delle loro idee? La risposta è no. La radicalizzazione avviene principalmente in Internet, dove gli estremisti violenti si incontrano e si incitano a vicenda, e dove è necessario tracciarli e monitorarli.

Non possiamo permetterci di essere ignoranti. Per combattere il terrorismo, dobbiamo indagare il modo in cui gli individui diventano terroristi, analizzare ed esporre i pensieri e la violenza fascisti.

Persone come Breivik e Tarrant diffondono miti e idee di complotto mascherati da fatti. Usano le pistole per fare audience. I loro pensieri prosperano nell’oscurità, progettati su misura per una comunità clandestina. Dobbiamo rendere pubbliche le idee e le vite di questi suprematisti bianchi. Solo allora possiamo veramente capire l’anatomia di queste stragi.

21 marzo 2019

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