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Arabia Saudita, 34 anni di carcere per un tweet

Condannata l'attivista Salma al-Shehab

Lunedì 15 agosto Salma al-Shehab, studentessa di origine saudita ma da anni nel Regno Unito, dove studiava presso l'Università di Leeds, è stata condannato a 34 anni di carcere per avere sul suo account Twitter, seguito e ritwittato dissidenti e attivisti.

Madre di due bambini piccoli, Salma era stata inizialmente condannata a tre anni di carcere per aver, tramite internet, tentato di “causare disordini pubblici e destabilizzare la sicurezza civile e nazionale”. L'arresto era avvenuto nel gennaio 2021 mentre era tornata in vacanza nel suo paese. Il 15 agosto una corte d'appello ha ribaltato la sentenza chiedendo 34 anni di carcere seguiti da 34 anni di divieto di viaggio, dopo che un pubblico ministero ha chiesto alla corte di prendere in considerazione altri presunti crimini.

Le nuove carte processuali includono l'accusa di aiutare coloro che cercano di causare disordini pubblici e destabilizzare la sicurezza civile e nazionale seguendo i loro account Twitter e ritwittando i loro tweet.

La storia di Salma colpisce particolarmente perché non si tratta di una dissidente di primo piano o di una attivista digitale particolarmente attiva. In mezzo a tanti tweet personali, Salma riprendeva i post di alcuni dissidenti e sosteneva il caso di Loujain al-Hathloul, un'attivista femminista saudita che era stata precedentemente imprigionata e probabilmente torturata per aver sostenuto i diritti di guida per le donne e che ora non può lasciare l'Arabia Saudita.

Gli attivisti e le ong attente alle vicende saudite ribadiscono che il caso Salma al-Shebab sia l'ennesima storia di repressione violenta da parte del principe ereditario Mohammed bin Salman verso gli utenti di Twitter. Il paradosso è che, attraverso il fondo sovrano saudiata (PIF) Salman controlli una quota di Twitter, inc. 

Oltretutto la sentenza del tribunale è stata emessa alcune settimane dopo la visita a Riad del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che secondo gli attivisti per i diritti umani potrebbe aver incoraggiato il regno a intensificare la repressione dei dissidenti e di altri attivisti pro-democrazia.

Sulla Stampa, la giornalista Caterina Soffici ha così commentato la sentenza: "È la condanna più dura mai inflitta a un'attivista che si occupa di diritti delle donne in Arabia. Salma dalla Gran Bretagna all'Arabia Saudita, dalla culla della democrazia moderna al medioevo feroce del regime autoritario di MbS, acronimo di Mohamed bin Salman, principe ereditario del regno saudita, che flirta con i leader occidentali, li paga perché parlino di Rinascimento, promette riforme, ma è e rimane un tiranno, riconosciuto mandante dell'omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, fermato a Istanbul, ucciso e fatto a pezzi, un'icona della lotta del mondo arabo per l'emancipazione dalle dittature".

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