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Gohar Eshghi, la decana della rivolta in Iran

"Mi tolgo lo hijab perché state uccidendo in nome della religione"

La si potrebbe definire una madre coraggio o anche la decana della rivolta in Iran. Nell’ottobre del 2022, Gohar Eshghi, a 76 anni è diventata popolare per il video in cui appare seduta su un tappeto, fra le gambe il ritratto del figlio Sattar Beheshti ammazzato in carcere nel 2012, mentre si sfila il velo che ha indossato per tutta la vita e dice: “Per i nostri giovani, dopo quasi 80 anni di vita, mi tolgo lo hijab perché state uccidendo in nome della religione”. E mostrando la chioma grigia, ha lanciato un appello per invitare tutti a scendere nelle strade. “Se non lo fate, siete codardi”, ha intimato con tono perentorio nel video, diventato virale. Il volto segnato dal tempo, indurito dalla vita che l’ha portata a diventare attivista suo malgrado, Gohar Eshghi oggi è un simbolo per la protesta guidata dalla generazione Zeta iraniana. E anche una figura tragica che incarna la sfida diventata ineluttabile. 

In un altro video di molti anni prima, la si vede accanto a una famosa attivista, Narges Mohammadi, durante la commemorazione della morte di suo figlio, ucciso a 35 anni dalle torture della polizia nella prigione di Evin. Vestita di nero, ha lo sguardo fisso e sembra compressa nella sua rabbia sorda. Labbra serrate, non dice una parola mentre tutti gridano slogan di protesta, come se la sua presenza silenziosa potesse essere più potente di ogni parola. Deve averci pensato molto, prima di togliersi il velo, lei che è nata quando a governare c’era Mohammad Reza Pahlavi, l’ultimo scià di Persia, e ha visto nascere la Repubblica islamica. Gohar Eshghi è un’anziana donna del popolo che ha vissuto buona parte della sua vita fra le pareti di una casa a crescere i suoi quattro figli finché si è separata dal marito e ha fatto lavori umili per mantenersi. Facendo le pulizie in un obitorio che forse è stato un presagio. Una vita vissuta in bianco e nero finché il figlio maggiore, Sattar Beheshti, blogger, è stato torturato e ucciso per aver criticato il regime. Prima di essere portato ad Evin, sul suo blog “My life for Iran”, aveva scritto un post rivolto alla guida suprema, Ali Khamenei. “Il sistema giudiziario della Repubblica Islamica è un mattatoio. Le persone vengono arrestate e sottoposte a una serie di torture finché non confessano crimini che non hanno commesso. Le sigarette bruciano nella carne marchiata dal ferro da stiro, le loro teste vengono infilate in bagni pieni di escrementi finché confessano un peccato che non hanno mai commesso". 

Diventata membro del gruppo di madri che chiedono giustizia per i figli uccisi e scomparsi durante tutte le proteste contro il regime, Gohar Eshghi ha sottoscritto un appello per chiedere le dimissioni della guida suprema, Ali Khamenei e l’abolizione della Repubblica Islamica. Il suo gesto di supporto alla rivolta scoppiata nel settembre del 2022 ha avuto un eco internazionale. Dal 2009 nelle piazze di Teheran si sono sempre viste giovani donne a protestare, spesso in conflitto con le loro famiglie. Ora, però, il contesto è cambiato e anche le donne più rispettose della religione hanno capito che “un pezzo di stoffa”- così le donne ribelli definiscono lo hijab - è diventato il vessillo dell’oppressione, della brutalità e della violenza contro il popolo iraniano. Inserita nella lista delle 100 donne più influenti del 2022 scelte dalla BBC, il 12 gennaio del 2023 ha preso il premio Valore e Coraggio, conferitole dalla Fondazione Italia Sostenibile al Campidoglio di Roma. Dall’Iran, Gohar Eshghi ha mandato un videoappello: “Vi parlo di un regime che arresta, tortura, uccide i figli di questo paese e lo fa in nome del Corano. Non è giusto! Sono passati 11 anni da quando hanno ucciso il mio Sattar, e il dolore è ancora forte. Non posso sopportare di vedere altre madri che soffrono la perdita di un figlio. Ho deciso di sfidare questo regime e ci hanno fatto tanto male, hanno fatto irruzione a casa mia e hanno portato via tutta la mia famiglia per un interrogatorio, non si sono fermati neppure davanti a bambini di nemmeno dieci anni. Volevo una fondazione a nome di mio figlio ma per quattro anni non mi hanno mai dato l’autorizzazione. Alla fine mi sono rivolta ad uno dei miei figli sparsi nel mondo e lui è riuscito a crearla negli Stati Uniti, ma mi è stato intimato di prendere le distanze dalla fondazione''. 

Il 9 dicembre 2021, poco prima di mezzogiorno, Eshghi era in viaggio verso il cimitero per visitare la tomba del figlio quando due motociclisti l’hanno aggredita, buttandola a terra. Come se a 76 anni, un figlio ucciso dalle torture per un post sul suo blog, ci possa essere ancora qualcuno che possa intimorirla. Come se abbia ancora qualcosa da perdere. Con il gesto di togliersi il velo che l’aveva coperta per quasi tutta la sua vita, Gohar Eshghi ha siglato un patto generazionale. Entrata nella storia della lotta per i diritti delle donne da una porta secondaria, dopo la morte del figlio maggiore, Gohar Eshghi è diventata la decana della rivoluzione iraniana.

30 marzo 2023

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