Domenica scorsa quasi 200mila francesi, di cui 100mila a Parigi, hanno partecipato a una marcia contro l’antisemitismo. L’imam della moschea di Drancy, Hassen Chalgoumi, che vive da 17 anni sotto scorta, ha esortato tutti i musulmani a partecipare e, prima della manifestazione, ha dichiarato a Franceinfo: "Domenica, saremo tutti ebrei".
"Saremo al fianco dei nostri compatrioti ebrei per mostrare fraternità e unità tra di noi per combattere il razzismo" e ha aggiunto: "Questa marcia è cruciale in questo periodo in cui purtroppo i nostri compatrioti ebrei sono minacciati, attaccati. Dimostra e mostra che noi, insieme, mostriamo la nostra unità e la nostra fraternità, indipendentemente dalla nostra religione o colore politico, per dire forte e chiaro che l'odio e l'antisemitismo non hanno spazio in Francia", ha dichiarato dopo che dal 7 ottobre ci sono stati 1.100 episodi antisemiti. Nel libro in cui dialoga con lo storico Stéphane Encel, Les combats d’un imam de la République (edizioni le cherche midi) uscito nel 2021 e mai tradotto fuori dalla Francia , ha spiegato bene come vede la questione israelo-palestinese. “L'islam politico si identifica sempre attraverso l'importazione del conflitto israelo-palestinese. Ha bisogno di una causa unificante per il mondo arabo-musulmano perché l'umma, la comunità globale dei fedeli musulmani, è un'illusione. Io sono tra coloro che riconoscono l'esistenza di Israele, il suo diritto di esistere in pace”, ha osservato. “Sono francese e non voglio importare il conflitto, ma esportare l'amicizia. Sono stato a Gaza con il sostegno dell'Unesco ma anche dall'altra parte del confine, a Sderot.
La religione per Dio, la terra per tutti, è il mio credo. L'islam politico identifica il conflitto israelo-palestinese come una causa unificante per il mondo arabo-musulmano. Tuttavia, è importante riconoscere che il conflitto israelo-palestinese è complesso e non può essere ridotto a una semplice questione religiosa. Ci sono molte questioni politiche, storiche e territoriali coinvolte. Alcuni islamisti possono strumentalizzare il conflitto per promuovere la loro agenda politica e cercare di mobilitare il sostegno per le loro cause, ma è essenziale cercare una soluzione pacifica per risolvere il conflitto, riconoscendo il diritto di esistenza sia di Israele che della Palestina”. Nato nel 1972 in Tunisia, vive in Francia dal 1996. Musulmano sufi, è presidente dell'associazione culturale dei musulmani di Drancy e fondatore della conferenza degli imam francesi. Negli anni ha preso molte posizioni controverse: nel 2006 ha tenuto un discorso di commemorazione degli ebrei deportati al campo di internamento di Drancy e nel 2009 ha sostenuto la legge proposta da Nicolas Sarkozy per mettere al bando il velo integrale. Gli islamisti che lo vorrebbero morto e hanno messo anche una taglia sulla sua testa di 150mila euro, l'hanno ribattezzato “l’imam degli ebrei".
Nel gennaio 2010 la sua moschea è stata presa d'assalto, vandalizzandola, e da allora vive con la scorta. “Tutte le mie azioni, pubbliche o private, sono coerenti nel promuovere solo il dialogo e l'unione all'interno dell'Islam, con l'ebraismo e il cristianesimo e per la Repubblica. Sono francese di origine tunisina, musulmano della tradizione malikita e nella spiritualità sufista, ma prima di tutto mi considero un essere umano di fronte all'umanità, sotto lo sguardo di Dio. Il mio impegno, le mie battaglie, anche se sono rivolti solo alla pace e al dialogo, hanno cambiato la mia vita e l'hanno resa complicata. Non mi considero una vittima, ma è vero che vivo sotto la protezione della Repubblica per la quale combatto. È una realtà che è diventata inseparabile dalle mie azioni e trovo che questa situazione molto personale sia altamente emblematica riguardo all'islamismo e alla lotta esistenziale contro la democrazia”. Le prime minacce dirette che ha ricevuto risalgono al 2005, dopo essere andato in visita pubblica al Memoriale dello Shoah presentandosi come imam e due giorni dopo la sua casa, in pieno giorno, è stata saccheggiata.
“Questi traumi personali legati alle minacce, alla vita incerta che ho scelto, alle conseguenze per la mia famiglia, si aggiungono agli eventi tragici degli ultimi anni, agli attentati che si susseguono, agli amici che sono stati colpiti o che ho perso; ho quindi ricordi difficili e dolorosi in certi momenti dell'anno che mi riportano a tragedie”, ha raccontato nel libro Les combats d’un imam de la République. “Il periodo più difficile è stato all'inizio di settembre 2013, quando ero in Tunisia. Gli islamisti erano al potere e non hanno concesso il permesso di portare armi alla polizia francese. Ho cercato di stare attento ma sono stato individuato da due franco-tunisini nel mio hotel a Tunisi. Hanno gridato "Chalghoumi il sionista!" e hanno iniziato a picchiarmi. Ho subito diversi traumi, mia moglie è stata aggredita e mia figlia di 13 anni ha ricevuto un pugno sul cuore. Sono stato ricoverato per una settimana presso l'ospedale militare di Parigi, quasi in coma. Nonostante tutto questo, non mi pento di queste lotte per la pace e contro l'oscurantismo, ho messo al sicuro la mia famiglia e sono più tranquillo nel continuare questa avventura.
Cambio costantemente le mie abitudini, le preghiere alla moschea, l'alloggio, e sono pienamente consapevole che sarà così per tutta la vita”. Il 13 novembre 2015, subito dopo le esplosioni allo Stade de France, tre individui armati hanno cercato di entrare a casa sua gridando "Allahou akbar" ma è riuscito a salvarsi grazie all’intervento di un poliziotto della scorta. Nel lungo dialogo con Stéphane Encel, l’imam di Drancy ha detto di essere arrivato in Francia con tanti ideali e perché credeva che i cittadini musulmani avrebbero avuto una doppia tolleranza, una doppia apertura mentale, quella dell'Islam e quella dell'Occidente. “E invece ho trovato esattamente il contrario, arabi senza radici che vogliono diventare più europei degli europei ed europei che si cercano e vogliono diventare più arabi degli arabi”, ha raccontato.
Ma è stato proprio il rapporto dialogante con l’ebraismo e gli ebrei che lo hanno portato a vivere, guardandosi sempre alle spalle. Anche se in realtà ha combattuto su diversi fronti: l'islamismo, l'ingerenza straniera nei luoghi di culto, la libertà delle donne musulmane, la creazione di due Stati: Israele e Palestina. E più recentemente anche l’impegno per gli Accordi di Abramo che il Sabato Nero ha per ora sabotato. “Bisogna ammettere, in modo lucido ma sfortunato, che non esiste ancora un Islam delle Lumi. Se sostengo Israele, supposti laici moderati mi attaccheranno a causa dell'odio che nutrono per quel Paese. Se critico il velo integrale, significa che sto attaccando i salafiti e partiranno in guerra contro di me... Se combatto l'islam politico, saranno i Fratelli Musulmani a guidare la crociata. Se combatto l'ingerenza straniera, i sostenitori del Marocco, dell'Algeria o della Turchia prenderanno di mira me. Per me, tutti questi impegni hanno una coerenza, servono solo a promuovere un Islam di Francia, un Islam delle Lumi, di cittadini francesi che vivono la loro fede. Per questo abbiamo bisogno di moschee indipendenti, senza bandiere straniere, che siano sostenute dalle donazioni dei fedeli e si occupino delle loro problematiche locali. La casa di Dio - bet illah, in arabo - è aperta ai credenti e agli atei, a tutte le religioni, senza sette né obiettivi politici. Questo è lo spirito di un Islam repubblicano”. Chalghoumi è convinto che sia compito dei francesi di fede musulmana reagire perché attraverso il loro comportamento inviano un messaggio forte e che tacere oggi rende i credenti complici della violenza e dell’odio.
“Quante volte ho sentito i giovani dirmi che gli ebrei e i cristiani andranno all'inferno. Io rispondo sempre: "Davvero? Hai la lista di tutti coloro che andranno qui o là?..." Il sufismo mi permette di combattere questa ignoranza e l'odio che porta con sé. Chalghoumi ha raccontato che la sua battaglia è combattere l’ignoranza e riuscire a contestualizzare il messaggio del Corano. Un grande sufi dice: “Quando mi trovo di fronte a un ignobile, vince lui, e quando mi confronto con uno scienziato, vinco io” È questo spirito umanista, di un islam spirituale, rispettoso dell'uomo, che bisogna diffondere. E forse per questo motivo in occasione della manifestazione oceanica contro l’antisemitismo in Francia, l’imam di Francia (o degli ebrei, secondo i suoi nemici) ha detto: "La nostra unità, la nostra forza porteranno la pace in Medio Oriente. Non deve essere solo la comunità ebraica a partecipare a questa marcia ma tutti noi, laici, religiosi, persone di destra e di sinistra, dobbiamo essere lì, uniti e uniti”. E lo dice lui che cambia casa ogni due giorni, con una moglie e figli che hanno dovuto cambiare nome.
Cristina Giudici, giornalista