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La Francia a una nuova sfida dopo gli ultimi attentati

come fare coesistere laicità e Islam

Il nuovo attacco terroristico in Francia, a colpi di coltello nella cattedrale di Notre-Dame a Nizza con tre vittime - due donne e un uomo - ha destato orrore tra i francesi a meno di due settimane dall’assassinio dell’insegnante Samuel Paty a Parigi. Il Presidente Emmanuel Macron ha convocato l’unità di crisi al Ministero dell’Interno per rafforzare le misure di sicurezza nella città, già colpita dalla strage del 14 luglio del 2016 (87 morti), e nel resto del Paese. Il Sindaco di Nizza Christian Estrosi ha chiesto che tutte le chiese siano messe sotto sorveglianza o chiuse, così come tutti gli altri luoghi di culto della città.

Manifestazioni di cordoglio e sostegno alla Francia contro la violenza e il fanatismo sono state inviate dai leader dell’Unione europea e da capi di governo. Anche il Consiglio francese per il culto musulmano ha condannato fermamente l'attacco e "in segno di lutto e di solidarietà con le vittime e i loro cari", ha invitato i musulmani di Francia "a cancellare tutti i festeggiamenti del festival Mawlid", che si è tenuto quest'anno il 28 e 29 ottobre.

Ma la dichiarazione del Sindaco Estrosi “adesso è ora che la Francia metta da parte le regole di pace per annientare definitivamente l'islamo-fascismo sul nostro territorio è un segnale della crescente esasperazione di molti cittadini per i feroci attentati, compiuti da fanatici islamisti al grido di Allah Akbar, per colpire dei fedeli in una chiesa o per punire un insegnante, che aveva mostrato agli alunni delle vignette su Maometto tratte dal settimanale satirico Charlie Hebdo.

La rabbia rischia di accentuare la separazione tra cristiani e musulmani nella società francese, già acutizzata dopo l'appello di Macron al rispetto dei valori della ragione, della libertà di espressione e della laicità dello Stato repubblicano, in base al quale ogni spazio pubblico, dalle aule ai luoghi di lavoro e agli uffici pubblici, deve essere libero da fattori religiosi. Secondo questo principio, limitare la libertà di espressione, per proteggere i sentimenti di una particolare comunità, compromette l'unità del paese.

Ma ci sono anche segnali di insofferenza a questa tesi, da parte di persone che vorrebbero invece porre confini alla laicità e alla libertà di parola, quando riguarda la religione. La massiccia partecipazione ai funerali di Pathy non ha fatto svanire questo dissenso, che ha cominciato a manifestarsi all'inizio degli anni 2000, quando il governo aveva vietato i simboli religiosi nelle scuole, secondo Michaël Prazan, un ex insegnante che all'epoca insegnava in un sobborgo della capitale con una forte presenza musulmana. Intervistato dalla BBC, Prazan si è detto convinto che gli insegnanti non siano riusciti a colmare la crescente distanza tra loro e una parte degli studenti. "Dobbiamo essere più reattivi, non appena c'è uno studente che pone un problema in classe, come gioire per un atto terroristico. Dobbiamo affrontarlo rapidamente prima che si diffonda su Internet e costituisca una minaccia di morte per l'insegnante".

Secondo altri docenti, la svolta sarebbe avvenuta nel 2015, dopo l’attentato alla redazione di Charlie Hebdo per la pubblicazione delle vignette con il Profeta Maometto, quando alcuni studenti si erano rifiutati di prendere parte a un minuto di silenzio in memoria delle vittime e altri avevano detto che i redattori del giornale "se lo erano meritato, perché non dovevano rappresentare il Profeta in quel modo".

Dai sondaggi emerge un irrigidimento dell’opinione francese dopo gli attentati, con una maggioranza che ora difende la decisione della rivista di pubblicare le vignette, mentre in precedenza la maggior parte degli interpellati la considerava una "provocazione inutile". Dall’altro lato,quasi il 70% degli intervistati musulmani ritiene che pubblicare le immagini sia sbagliato. Entrambi i gruppi campione hanno però condannato senza riserve gli atti terroristici.

La paura e la preoccupazione tra gli insegnanti francesi è grande. Dominique Schnapper, sociologa, direttrice dell'Alta scuola in scienze sociali (Ecole des hautes études en sciences sociales, EEHS) e presidente dal 2018 del Consiglio dei saggi per la laicità nell'educazione, ha ammesso che da quindici anni non si è voluta affrontare la crescita dell’islam radicale nelle scuole".
"La cultura musulmana ha delle consuetudini contrarie alla nostre democrazie. Un esempio: alcuni genitori non vogliono che le loro figlie, anche di tre, quattro o cinque anni siano a contatto con i maschi. I padri vengono a sorvegliare fuori dai cortili delle scuole per vedere se le figlie giocano con i ragazzi", ha detto Schapper alla BBC. "Questo è un problema per una società democratica e pone il quesito: si o no alla laicità. E noi non possiamo accettarlo. Pathy voleva dimostrare che Charlie Hebdo prende in giro tutte le religioni, le vignette satiriche sono parte della nostra storia politica e con esse non si vuole offendere tutti i musulmani o chiunque creda in una religione, ma ognuno è libero di criticare la religione. E questa differenza tra criticare le religioni o criticare le persone è alla base di ciò che Pathy stava insegnando".

D'altro canto il forte richiamo ai valori nazionali lanciato da Macron potrebbe diventare controproducente nella lotta contro l'estremismo, se finisse per allontare gradualmente i musulmani moderati e alimentare la frustrazione e la ribellione contro lo Stato. "I problemi che devono affrontare i musulmani in Francia hanno varia natura e prendere di mira continuamente i musulmani come una comunità problematica sulla base della loro identità religiosa - senza alcun tentativo di affrontare le questioni sistematiche che affrontano come cittadini - significa mostrare un profondo disprezzo per la disuguaglianza che affligge la società francese" ha scritto Myriam François, giornalista e scrittrice franco-britannica, ricercatrice presso SOAS, University of London, in un editoriale per il sito Middle East Eye.
In un dibattito così incentrato sulla libertà di parola, raramente sentiamo parlare direttamente i musulmani francesi del loro punto di vista o delle polemiche che la diversità demografica determina. "C'è una lezione sulla libertà di parola qui per tutti noi: che essere in grado di parlare - e soprattutto, di essere ascoltati - è vitale per tutti in una società. Nessuna società dovrebbe cercare l'omogeneità dell'unità, ma ciò che può e dovrebbe promuovere è l'uguaglianza di tutti i cittadini".

L’inasprirsi delle contrapposizioni sull'identità religiosa e la libertà di parola in Francia è il risultato di una somma di problemi irrisolti, dalle disparità sociali al razzismo, dall’emarginazione subita dalle seconde e terze generazioni di immigrati alle tensioni per i conflitti internazionali, che oppongono la Francia ad alcuni paesi musulmani a partire dalla Turchia, con la quale è in atto un’aspra guerra diplomatica e politica.
A Macron, che si è impegnato a combattere l’estremismo islamista, ha risposto il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan, esortando a boicottare ovunque i prodotti francesi e denunciando la persecuzione che i musulmani stanno subendo in Europa "come gli ebrei prima della guerra". La Turchia ha promesso di intraprendere "azioni legali e diplomatiche" per la vignetta pubblicata da Charlie Hebdo con Erdogan raffigurato mentre solleva l'abito di una donna velata.

Lo scontro si è ripercosso in tutto il mondo, stimolando boicottaggi e proteste contro la Francia in diversi paesi a maggioranza musulmana, tra cui Bangladesh, Pakistan, Kuwait, Giordania e Libia.
Il primo ministro pakistano Imran Khan, in particolare, si è messo alla testa di questa campagna con una lettera indirizzata ai leader degli stati musulmani, esortandoli "ad agire collettivamente per contrastare la crescente islamofobia in Europa".


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